Regia di Sébastien Lifshitz. Un film con Stéphanie Michelini, Yasmine Belmadi, Edouard Nikitine, Josiane Stoléru, Anohni. Genere Drammatico – Francia, 2004, durata 93 minuti.
A Parigi Stéphanie è una transessuale prostituta; Djamel un omosessuale che occasionalmente si prostituisce; Mikhail un disertore russo, immigrato clandestino che, quando può, lavora come muratore. La prima è innamorata degli altri due che la ricambiano e la seguono in un villaggio del Nord dove sua madre sta morendo. Per Stéphanie non è tanto un ritorno per riconciliarsi quanto, attraverso i ricordi della sua infanzia, per prendere commiato da sé stessa. L’insubordinazione sessuale (transessualità, omosessualità, prostituzione, amore a tre) come rimedio all’alienazione sociale è uno dei tanti temi del 4° lungometraggio di Lifshitz, scritto come i precedenti con Stéphane Bouquet. Nulla di osceno né di scandaloso in questo film intenso, aspro, delicato, svariante nei toni nell’andirivieni tra presente e passato, gravità e leggerezza, sensualità e tenerezza. Lo protegge lo sguardo del regista, impregnato di amore e rispetto verso i personaggi e i loro corpi. E di lontananza dalle provocazioni stilizzate di un Almodóvar come dalla felicità parodistica di tante commedie sulla devianza sessuale. All’insegna bifronte del realismo e del romanzesco, s’iscrive in una tradizione di cinema francese che fa capo “alla delicatezza di un Truffaut ( Jules et Jim ) e all’asprezza di un Pialat ( La gueule ouverte )” (J. Mandelbaum).
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