Un film di David Lynch. Con Isabella Rossellini, Kyle MacLachlan, Dennis Hopper, Laura Dern, Hope Lange. Titolo originale Blue Velvet. Thriller, durata 120′ min. – USA 1986. MYMONETRO Velluto blu valutazione media: 3,66 su 43 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Un giovanotto apre una porta proibita e si trova nel gorgo di un mondo bizzarro (violenza, droga, sadomasochismo, depravazione) dove ciascuno è succubo di qualcun altro. Il regno del Male? Torbido, insolito, affascinante film che conferma la predilezione visionaria di Lynch per l’immaginario perverso, l’anormale e il mostruoso che si cela sotto la superficie dell’America odierna. Memorabile Hopper, ma Stockwell non gli è da meno.
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“Velluto blu”, a mio parere, è un film buono, come lo è ancor più “Eraserhead – La mente che cancella”. Li menziono assieme perché mi sembrano un ulteriore esempio della “schizofrenia” di Lynch. Il primo, infatti, si può, tutto sommato, definire abbastanza “chiaro”, mentre il secondo più “oscuro”. L’importante, mi pare, è che, come ho già detto altrove per altri films di Lynch, si possano entrambi “compenetrare”. In questo senso, ho qui l’opportunità di sgombrare il campo, o almeno tentare di farlo, su due possibili equivoci:
1) Ritenere un film interpretabile, non significa esista un’unica spiegazione, la sola vera e incontrovertibile, letta magari sul manuale del perfetto cinefilo, scritto dal perfetto imbecille. Naturalmente non si tratta di questo, ma semplicemente riscontrare che un film, se ha un contenuto, di questo si può tentare di dare una spiegazione. Cercando di intuire quello che il regista ha voluto dire, o, perché no, dando una spiegazione in base alla propria e personale sensibilità.
2) Non tutti i films, per essere apprezzabili, hanno bisogno di chissà quale contenuto. Esistono anche dei films come alcuni 007, o il primo Indiana Jones, che sono un ottimo esempio di cinema puramente di evasione, o d’intrattenimento intelligente, più che accettabile.
Resta il fatto, tuttavia, che nel cinema di puro “intrattenimento”, l’immagine, o l’effetto speciale, può essere fine a se stessa, ma nel cinema “d’autore”, l’immagine deve essere anche contenuto, oltre a questo c’è solo la ricerca di un nuovo modo di far cinema.
PS: per completezza, nel caso poco probabile che qualcuno fosse interessato, rimando anche al mio commento in “Mulholland Drive”.