Un film di Robert Bresson. Con Jean-Claude Guilbert, Nadine Nortier, Paul Hebert, Jean Vimenet, Suzanne Huguenin Titolo originale Mouchette. Drammatico, Ratings: Kids+16, b/n durata 80 min. – Francia 1967. – Cineteca di Bologna uscita lunedì 2 maggio 2016. MYMONETRO Mouchette – Tutta la vita in una notte valutazione media: 3,54 su 7recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Mouchette è un’adolescente che vive in un paesino della Provenza in una situazione decisamente disagiata. Il padre e il fratello maggiore fanno attività di contrabbando mentre lei, oltre a frequentare la scuola dove viene maltrattata dall’insegnante di canto, deve occuparsi della madre gravemente ammalata e del fratellino nato da poco. Dinanzi a lei si apre solo un piccolo spiraglio di speranza nel poco tempo trascorso al Luna Park ma ripiomberà nel dolore quando incontrerà un cacciatore di frodo sofferente di epilessia che si rivelerà decisamente infido. Girato subito dopo Au hasard Balthazar questo film ne rappresenta in qualche misura l’ideale prosecuzione. In questa occasione l’ispirazione è strettamente letteraria. Bresson infatti adatta per lo schermo (sarebbe meglio dire fa suo) il romanzo di Bernanos “Nouvelle histoire de Mouchette”. I due autori sono entrambi di matrice cattolica ma questa è uno dei pochi elementi che li uniscono. Bresson aveva già realizzato un film ispirandosi a un romanzo dello scrittore (Diario di un curato di campagna) ma non ne condivideva né gusti né ideali affermando però: “Siamo ambedue cristiani, questo è già una comunione di interessi, un affinità elettiva. Ma ciò che mi attrae maggiormente in Bernanos è l’assoluta mancanza, nei suoi romanzi, di psicologismo letterario. Il cinema non deve infatti, secondo me, esprimersi con le parole ma deve trapelare attraverso le immagini. Ci sono poi, in Bernanos, certe ottiche, certe prospettive, per quel che riguarda il soprannaturale, che sono sublimi”.
In Mouchette Bresson trova un personaggio che conferma la sua visione del mondo e sul quale può intervenire allontanandosi dalla struttura narrativa di Bernanos, che interviene spesso commentando quanto accade alla protagonista, per dedicarsi invece totalmente a mostrare i fatti. Incorniciando però l’intera fase della vicenda terrena di Mouchette all’interno di una prospettiva di morte. Come i volatili presi in trappola dai bracconieri all’inizio del film così la ragazzina è intrappolata in un’esistenza di fatta di deprivazione e come per le lepri nelle immagini che precedono il finale, il suo breve percorso esistenziale si indirizza verso un esito tragico. C’è un legame profondo tra Baltazhar e Mouchette ma anche tra lei e la Marie di quel film. Con in aggiunta, se possibile, una maggiore sfiducia nei confronti del contesto sociale in cui nessuno è capace di uscire da se stesso per incontrare davvero l’altro se non per ‘farne uso’ con le finalità più diverse. Anche chi offre qualcosa di gratuito finisce poi con il giudicare e condannare, prima in silenzio e poi ad alta voce. Nessuno si salva, neppure i più giovani. Se nel romanzo i due ragazzini che dileggiavano Mouchette ogni volta che la vedevano passare tacciono dopo che hanno saputo di un fatto grave che le è accaduto, in Bresson continuano nella loro derisione.
Dove sta allora la dimensione cristiana del regista? Forse la si può condensare in questa sua dichiarazione: “La morte la vedo non come fine ma come principio, l’inizio di una nuova vita nella quale si potrà trovare la rivelazione di quell’amore sulla Terra appena intravisto. E a questo punto subentra il concetto di Dio”.
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