Un film di Krzysztof Kieslowski. Con Emmanuelle Riva, Juliette Binoche, Benoit Regent, Yann Tregouet, Florence Pernel. Titolo originale Trois couleurs: Bleu. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 95 min. – Francia, Polonia 1993. MYMONETRO Tre colori – Film blu valutazione media: 4,06 su 27 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Prima pellicola della celebre trilogia dedicata dal regista polacco Krzysztof Kieslowski ai tre colori della bandiera francese e, di conseguenza, al motto della rivoluzione francese, “Liberté, Égalité, Fraternité”. Il film, che gli valse il Leone d’Oro, ci costringe a un confronto impietoso col paradosso della necessità della protagonista di una sorta di “libertà emotiva” che la spinge a un’elaborazione del lutto singolare: Julie, transita attraverso un dolore asciutto ed estremo, quasi schizofrenico, convincendosi che per ricominciare sia necessario annullare le memorie passate e che l’unico mezzo per redimersi dal dolore sia abdicare all’oggetto della sofferenza. Dapprima frastornata dalle immagini del corteo funebre del marito e della sua bambina che scorrono sulla tv dell’ospedale e dopo un tentativo di suicidio approssimativo divorando un flacone di pillole qualunque, ogni suo atto è votato a eliminare il suo trascorso di madre e moglie (anziché preservare gelosamente le vestigia della sua pargola defunta, divora nevroticamente la caramella della sua bambina ritrovata in borsa, non già per assaporarne il ricordo ma quasi come a cancellarne il ricordo terrestre). Così come la risata dissacrante all’ascolto della testimonianza del ragazzo che aveva involontariamente assistito all’agonia del marito (“Stava raccontando una barzelletta”): tutto in lei sembra volto alla contaminazione e alla vaporizzazione della sua esistenza pre-incidente (si spingerà fino a distruggere l’opera ultima di suo marito, compositore di fama). Lo stato vegetativo emotivo, volontario asilo politico dalla passione, al riparo dalla vita e dallo stesso dolore precipita rovinosamente quando la nostra eroina viene posta di fronte lo specchio irreversibile delle scelte: l’amore di Olivier, amico e collaboratore del marito, la scoperta dell’embrione nel ventre dell’amante di suo marito. Il ritorno alla vita (già suggerito dalle continue immersioni in piscina di Julie, in cui la donna, pare tornare nel rassicurante oblio del liquido amniotico, liberandosi da qualsiasi pressione esercitata dalla forza di gravità terrestre e scivolando nell’apnea emotiva di un non-luogo interiore) viene celebrato nel delicato slancio emotivo della memorabile pagina cinematografica in cui Julie scoprendo l’esistenza di un nido di topolini nello sgabuzzino e, intenerita come fosse in una nursery, li risparmia, compiendo la sua prima scelta dall’inizio della pellicola: la vita.
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