Un film di Paolo Sorrentino. Con Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stanton, Joyce Van Patten. Drammatico, durata 118 min. – Italia, Francia, Irlanda 2011. – Medusa uscita venerdì 14 ottobre 2011. MYMONETRO This Must Be the Place valutazione media: 3,59 su 264 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Cheyenne è stato una rockstar nel passato. All’età di 50 anni si veste e si trucca come quando saliva sul palcoscenico e vive agiatamente, grazie alle royalties, con la moglie Jane a Dublino. La morte del padre, con il quale non aveva più alcun rapporto, lo spinge a tornare a New York.Scopre così che l’uomo aveva un’ossessione: vendicarsi per un’umiliazione subita in campo di concentramento. Cheyenne decide di proseguire la ricerca dal punto in cui il genitore è stato costretto ad abbandonarla e inizia un viaggio attraverso gli Stati Uniti.
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Ho iniziato un discorso sul cinema di Sorrentino, con due commenti sul suo film “La grande bellezza”. Nel primo, di questi interventi, mi premeva di più accennare al suo cinema in generale che parlare del suo film in particolare. Nel secondo, ho tentato un’esemplificazione più concreta riferendomi solo a due episodi del suo film “Le conseguenze dell’amore” (anche se questo film avrebbe meritato un’analisi ben più completa, come del resto “La grande bellezza”). A proposito di “This must be the place”, di conseguenza, mi atterrei ancora più sul tentativo di Sorrentino di innovare il discorso cinema che sul film stesso. Questo perché Sorrentino, a mio parere, ha imboccato una strada molto interessante, ma difficile e complicata, i cui esiti sembrano tuttora indefiniti, cioè la via dell’innovazione sperimentale e dell’avanguardia. In parole povere, Sorrentino sembra rigettare il cinema classico, quello in equilibrio tra immagine/visione e parola/significato. Il senso, il significato o addirittura il vecchio e abusato “messaggio”, sembra dire Sorrentino, non servono più a raccontare un mondo attuale ormai completamente insensato. Meglio allora usare la deformazione grottesca, la teatralità artificiosa, il surreale, la pura immagine di una bellezza fine a se stessa, ecc. Gli esiti di tutto questo, possono essere magistrali come nel film “Il Divo”, oppure parzialmente riusciti come nelle “Le conseguenze dell’amore”. Nel “Il Divo”, a mio parere, sia il personaggio del protagonista, sia il periodo storico in cui vive, suscitano un senso di deformazione, di surreale, di grottesco e di disfacimento, in un reciproco rispecchiamento che risulta una sintesi perfetta della ricerca di Sorrentino di un nuovo linguaggio cinematografico. Questo esito felice accade, sempre a mio parere, anche per “Le conseguenze dell’amore”, nel suo momento più pregnante, dove il protagonista accetta il fatto che occorre morire per poter vivere, così come il mondo deve poter portare il proprio sfacelo fino in fondo, per poi ritrovare una nuova luce. Vorrei ribadire, in conclusione, che il nuovo approccio di Sorrentino è sicuramente intrigante, ma quando le sue “sintesi” non sono all’altezza di quello che si è riproposto, che cosa resta? Resta, probabilmente, quello di cui ho già detto, cioè l’abilità con la macchina da presa, le magnifiche carrellate, la bellezza delle inquadrature, ecc., ecc., in una parola: solo la consapevolezza del proprio valore. Tutto ciò, mi sembra lo dimostri proprio “This must be the place”, un film che perciò mi limito solo a dire che non mi ha convinto.