Un film di Terrence Malick. Con Brad Pitt, Sean Penn, Jessica Chastain, Fiona Shaw, Joanna Going. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 138 min. – India, Gran Bretagna 2011. – 01 Distribution uscita mercoledì 18 maggio 2011. MYMONETRO The Tree of Life valutazione media: 3,36 su 251 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Texas, anni Cinquanta. Jack cresce tra un padre autoritario ed esigente e una madre dolce e protettiva. Stretto tra due modi dell’amore forti e diversi, diviso tra essi per tutta la vita, e costretto a condividerli con i due fratelli che vengono dopo di lui. Poi la tragedia, che moltiplica le domande di ciascuno. La vita, la morte, l’origine, la destinazione, la grazia di contro alla natura. L’albero della vita che è tutto questo, che è di tutte le religioni e anche darwiniano, l’albero che si può piantare e che sovrasta, che è simbolo e creatura, schema dell’universo e genealogia di una piccola famiglia degli Stati Uniti d’America, immagine e realtà.
L’attesa della nuova opera di uno degli sguardi più dotati e personali dell’arte cinematografica è ricompensata da un film tanto esteso, per la natura dei temi indagati, quanto essenziale. Popolato persino da frasi quasi fatte, che la genialità del regista riesce a spogliare di ogni banalità e a resuscitare al senso. Malick parla la sua lingua inimitabile, le cui frasi sono composte di immagini (tante, in quantità e qualità) e di parole (molte meno) in una combinazione unica, senza mai pontificare. Si ha più che mai l’impressione che con questo film, che parla a tutti, universalmente, non gli interessi comunicare per forza con nessuno, ma farlo innanzitutto per sé.
Testimone di una capacità rara di sapersi meravigliare, ha realizzato un film che non si può certo dire nuovo ma nel quale Terrence Malick si ripete come si ripropone il bambino nell’uomo adulto, per “essenza” vien da dire: ci si può vedere la maniera o, meglio, ci si può vedere l’autore.
Del film si mormorava addirittura che avrebbe riscritto la storia del cinema e in un certo senso The Tree of Life fa anche questo, senza inventare nulla ma spaziando dall’uso di un montaggio emotivo da avanguardia del cinema degli esordi ad una sequenza curiosamente molto vicina al finale del recentissimo Clint Eastwood, Hereafter. Il confronto, però, scorretto ma tentatore, non si pone: la passeggiata di Malick in un’altra dimensione è potente e infantile come può esserlo solo il desiderio struggente che nutre il bambino di avere tutti nello stesso luogo, in un tempo che contenga magicamente il presente e ogni età della vita. Ecco allora che il film non sarà nuovo ma rinnova, ritrovando un’emozione primigenia, fondendo ricordo e speranza. L’ultimissima immagine non poteva che essere un ponte.
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Rimango sempre perplesso quando vedo questo tipo di film…capolavoro o mattone inguardabile? l’ago della bilancia pende più verso il primo però…
Attendo commenti illustri…
Non nascondo certo che ho sempre avuto un’attenzione particolare per Malick, difatti ho qui commentato sia “La sottile Linea rossa” sia “To the wonder”, ho pertanto visto non solo “The Tree of Life” ma tutti i sui films (considerando il numero non è poi questa grande impresa!). La tentazione, quindi, di dire la mia anche sul film in questione c’era, ma se si tratta di fare un commento “illustre” allora, per quanto mi riguarda, è forse meglio lasciar perdere.
PS: Lo so, il tono di Iper voleva essere solo non troppo serioso, ma tant’è …
in questo blog i tuoi commenti sono sicuramente illustri nonchè gli unici…tant’è…:-)
Malick ha fatto pochi films, e quasi sempre lasciando passare qualche anno l’uno dall’altro. Un’eccezione l’ha fatta con “The Tree of Life” (2011) e “To the wonder” (2012), probabilmente perché i temi che voleva affrontare col primo si articolavano meglio con il secondo. Ma questo proposito è del tutto riuscito? Dico subito che a mio parere non è così. Le vicende di un ristretto nucleo famigliare, ripensate fino ad allargarsi alle “domande” che attingono alla morale, alla Grazia (cioè al “disegno” intellegibile/inintelligibile di Dio), alla natura (cioè ad un ordine “necessario” che comprende in egual misura la vita e la morte), sia pure vertiginose in “The Tree of Life” rischiano il più totale sconcerto in “To the wonder”. In altre parole, mi sembra che Malick abbia iniziato con “The Tree of Life” un percorso di destrutturazione della narrazione ancora accettabile, per poi smarrirsi in “To the wonder in troppe immagini puramente fascinatorie e molteplici discorsi contraddittori. Al contrario del secondo “The Tree of Life”, comunque, si potrebbe ritenere abbastanza riuscito, perché i troppi temi affrontati si possono ancora ridurre a pochi veramente essenziali. In tal senso, questo film si apre con una riflessione sulla Grazia, ovvero su una “Divina Provvidenza” che comprende anche la sofferenza dei più “innocenti”, laddove uno dei capolavori di Bresson “Il diario di un curato di campagna” si chiude.