Un film di Pablo Larrain. Con Alfredo Castro, Antonia Zegers, Jaime Vadell, Amparo Noguera, Marcelo Alonso. Drammatico, durata 98 min. – Cile, Messico, Germania 2010. – Archibald Enterprise Film uscita venerdì 29 ottobre 2010. MYMONETRO Post Mortem valutazione media: 3,61 su 22 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Santiago del Cile, 1973. Mario Corneo lavora come funzionario presso l’obitorio. Trascrive a macchina le autopsie. Si innamora di una ballerina di cabaret, Nancy, sua vicina di casa. Ma sono i giorni del colpo di stato, l’obitorio si riempie di cadaveri, della casa e della famiglia di Nancy non rimangono tracce. La ragazza si nasconde nel cortile della casa di Mario, che le porta il cibo e le sigarette. Intanto, all’obitorio, i morti riempiono le sale, i corridoi, le scalinate dell’ospedale.
Il cileno Pablo Larrain dà nuovamente prova, dopo Tony Manero, di una capacità di racconto ammirabile, perché inedita ed efficace. Il protagonista è ancora Alfredo Castro, figura ambigua, tra obbedienza e umanità (rispetto alla tragedia in atto), sentimento e istinto (nel rapporto con Nancy, e fino all’epilogo), mondo dei vivi e terra dei morti. Un essere che appartiene da subito all’universo del Post Mortem che dà al film il titolo e diversi significati. La sua esistenza squallida, priva di qualsivoglia slancio vitale, si movimenta un giorno al contatto con la morte, scuotendo improvvisamente anche il film intero e ridisegnandone le coordinate.
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Un film certamente dai contenuti “sgradevoli”, perché probabilmente sono molti gli aspetti sgradevoli della società attuale in cui viviamo. Larraín, a mio parere, non ha infatti girato i suoi ultimi due film solo sul passato del suo Paese, ma, da giovane lucidamente radicato nel suo presente (all’epoca del golpe cileno non era neppure nato!), il passato gli serve solo per meglio decifrare anche l’attualità. Ecco allora che il protagonista di questo film è un personaggio che non si identifica né in un simpatizzante dell’utopia tentata da “Unidad Popular”, né in un sostenitore di Pinochet, ma si pone piuttosto come l’antesignano di un moderno soggetto: lo squallido individuo dell’edonismo di massa. Un individuo insensibile a tutto, incapace di veri sentimenti, disposto a qualsiasi nefandezza, che si confonde in una melma sociale indistinta, spersonalizzata e spoliticizzata.
Delineare e paventare una possibile realtà, per quanto inquietante, sgradevole, esagerata o “immaginaria” essa sia, mi sembra legittimo che almeno il cinema lo possa fare. Larraín l’ha fatto non solo in questo film, ma anche nel suo successivo. Nel film “No, i Giorni dell’Arcobaleno”, infatti, Larraín si chiede se la caduta della dittatura sia avvenuta perché la maggioranza del suo Paese era del tutto sensibile ai messaggi tipici della “società dei consumi”, piuttosto che alle “obsolete” parole d’ordine di libertà, giustizia, ecc.. Anche in questo film, del resto, il protagonista è una variante dell’individuo forgiato dall’edonismo di massa, sia pure designato di sicuro con dei lati positivi.