Un film di D.W. Griffith. Con Lowell Sherman, Richard Barthelmess, Lillian Gish Titolo originale Way Down East. Drammatico, b/n durata 148′ min. – USA 1920.
Way Down East si situa nella duplice linea di tendenza delle opere griffithiane dei tardi anni Dieci. Come True Heart Susie e A Romance of Happy Valley, è una nostalgica storia di vita rurale pre-conflitto mondiale, “una storia semplice di gente comune”. Anche Tol’able David ha pressappoco la stessa matrice; Griffith comprò i diritti della storia di Joseph Hergesheimer durante le riprese di Way Down East, rivendendoli in seguito al protagonista di Way Down East, Richard Barthelmess, per un film che verrà realizzato da Henry King nel 1921. Way Down East è il primo dei due estremamente popolari, e pertanto molto costosi, lavori teatrali di cui Griffith si assicurò i diritti cinematografici nel 1920. Romance, un dramma dell’americano Edward Sheldon, era andato in scena per la prima volta nel 1913, ma aveva riscosso un grande successo solo in Inghilterra, con Doris Keane e Basil Sydney nei ruoli principali. Il contratto Griffith/Keane, che Richard Schickel ha definito “senza precedenti per l’epoca”, stabiliva un pagamento anticipato di 150.000 dollari più una partecipazione agli utili. Way Down East si rivelò perfino più costoso, giacché Griffith dovette sborsare 175.000 dollari al produttore William Brady, oltre a dover pagare i diritti d’autore della storia originale alla scrittrice Lottie Blair Parker e a Joseph Grismer, il quale aveva riadattato per Brady il copione di Parker e scritto un romanzo ispirato alla stessa pièce. Il film tratto da Romance, e diretto dall’assistente di Griffith Chet Withey, si rivelò un fiasco, mentre Way Down East ebbe un successo enorme, tanto da ispirare a Griffith un terzo adattamento da un testo teatrale nel 1921, ovvero Orphans of the Storm, basato sul dramma The Two Orphans di Adolphe d’Ennery e Eugène Cormon (1874).
All’epoca della realizzazione di Way Down East Griffith era pesantemente indebitato, sia per la costruzione del nuovo studio di Mamaroneck, situato in una tenuta di campagna affacciata sul Long Island Sound, sia per i soldi che gli erano stati anticipati dalla United Artists per acquistare i diritti di Romance e per coprirne i costi di produzione. In aggiunta, Way Down East, che pure non prevedeva set molto elaborati o folle di comparse, si rivelò molto più costoso del previsto. Richard Schickel sostiene che l’équipe e lo studio di Griffith rimasero impegnati nella lavorazione per sei mesi, un tempo molto più lungo rispetto ai suoi standard abituali, con la troupe ferma ad aspettare le condizioni atmosferiche indispensabili per poter girare la tempesta di neve e le scene sul ghiaccio. I grandi debiti contratti da Griffith crearono una notevole tensione con la United Artists al momento della distribuzione di Way Down East. Griffith voleva garantirsi la parte del leone sui proventi del film distribuendolo per proprio conto, in sale selezionate e a prezzo maggiorato, prima di farlo uscire nei normali circuiti sotto l’egida della United Artists. Ma la nuova società, che aveva anch’essa un enorme bisogno di denaro liquido e di nuovo prodotto (Chaplin non aveva ancora distribuito un solo film) fece pressione su Griffith per avere il film, e a un dato momento della discussione sui diritti di distribuzione, Griffith, Pickford, Fairbanks e Chaplin sembrarono molto vicini a una rottura. La frattura venne ricomposta, anche se, come fa osservare Richard Schenkel, né la società di produzione di Griffith, la D.W. Griffith Corporation, né la United Artists risolsero mai in modo definitivo il problema del finanziamento dei suoi film. Griffith era costretto a ipotecare gran parte dei potenziali introiti di un film semplicemente per poterlo realizzare, pertanto non era mai nelle condizioni di usare i proventi di una produzione per finanziarne un’altra. I favolosi incassi di Way Down East lo sollevarono temporaneamente dai debiti, ma i modesti incassi dei film successivi, a partire da Orphans of the Storm, per non parlare delle imprese ancor meno fortunate, misero in seria crisi la sua società già a partire dal 1924. Way Down East ottenne un enorme successo popolare e raccolse quasi dappertutto una inusuale messe di critiche lusinghiere, ma, dalla stampa metropolitana in particolare, venne accolto con una certa condiscendenza per via del suo materiale originale. Questa attitudine è esemplificata nella lettera di congratulazioni scritta a Griffith dal commediografo e regista Winchell Smith (5 settembre 1920; nei Griffith Papers): “Uno di questi giorni la gente di teatro aprirà gli occhi su ciò che lei è riuscito a fare: trarre un grande spettacolo cinematografico dalla consunta trama di Way Down East – presentarlo in una normale sala teatrale – e uscirne vittorioso! Non è assolutamente fantastico?!”. Quasi tutti i principali giornali newyorchesi seguirono la stessa falsariga, ma forse, ancor prima di questi, è interessante citare l’editoriale apparso su un giornale dell’hinterland rurale, l’Evening World-Herald di Omaha, Nebraska (9 febbraio 1921; nei Griffith-Papers) che, senza tergiversare, arriva subito al punto: “David Wark Griffith non è semplicemente un abile uomo d’affari col pallino del cinema. È anche un raffinato uomo di cultura dagli alti ideali – un vero grande artista… E in questa “storia semplice di gente comune”, grazie al suo elevato magistero d’arte, ci ha mostrato come il cinema possa essere usato non solo per divertire ma anche ponendosi al servizio del pubblico. Griffith ha saputo combinare verità e bellezza, restituendo all’arte il suo positivo e nobile ruolo di ancella della semplice bontà”. Al contrario, la stampa di categoria newyorchese sembrava quasi dispiaciuta di non poter separare il film dal testo teatrale d’origine, che spesso definiva un puro e semplice “melodramma”. Variety (10 settembre 1920) sommamente entusiasta del film (“sarebbe un sacrilegio tagliarne un solo fotogramma”), riconobbe a Griffith il merito di aver saputo trasformare un vecchio cavallo di battaglia: “‘D.W.’ ha preso un semplice, elementare, antiquato melodramma bucolico “distillandone” 12 rulli di avvincente spettacolo”. Wid’s Daily (12 settembre 1920), che definì il film “il più grande successo di cassetta di tutti i tempi”, fu più rispettoso nei confronti del dramma originale, ritenuto un ottimo prodotto commerciale e un probabile richiamo per il pubblico, ma non poté esimersi dal notare che l’originale “non aveva mai raggiunto la forma possente e compiutamente artistica del film di Griffith”. Frederik James Smith (“The Celluloid Critic”, in Motion Picture Classic, novembre 1920) prediceva anche lui un buon successo commerciale al film, definendolo “il più grande di Griffith dai tempi dell’epico The Birh of a Nation”. Ma, pur approvando la morale del testo originale, aggiungeva: “Naturalmente, ciò non implica che ‘Way Down East’ sia da ritenere un’opera di pregevole valore letterario o drammaturgico. Era infatti un melodramma dai dialoghi terribili e di ancor più malaccorta costruzione. Però il messaggio e l’ambientazione erano validi”. I critici accademici, pur riservando lodi pressoché unanimi alla sua versione cinematografica, furono perfino più veementi nel ricusare il dramma originale. Nel 1918, George Jean Nathan aveva compilato una lista di drammi popolari che considerava “spregevoli banalità”. La lista di Nathan, oltre a Tosca, East Lynne, Camille e The Old Homestead, includeva anche The Two Orphans e Way Down East.Per molti critici, la storia che Griffith aveva scelto di raccontare inficiava tout-court anche il suo adattamento per il cinema. Riconoscevano al film un certo fascino, in particolare alla scena del salvataggio in extremis sul ghiaccio, ma non riuscivano comunque a prenderlo sul serio. In un articolo apparso senza firma sul New York Times (“The Screen”, 4 settembre 1920), Alexander Woolcott motteggiava: “Anna Moore, la maltrattata eroina di ‘Way Down East’, è stata nuovamente gettata in balia della bufera di neve la notte scorsa, anche se la poverina non era mai stata scaraventata in una tempesta simile a partire da quel primo fatidico giorno di quasi 25 anni fa in cui Lottie Blair Parker aveva decretato la sua maledizione. Si trattava infatti della versione cinematografica del vecchio dramma romantico ambientato nel New England, e gli spettatori che sedevano rapiti nella sala del Forty-fourth Street Theater seguendone i primi sviluppi finalmente capivano perché D.W. Griffith l’aveva scelto per un film. Non per la sua notorietà, né per la sua eroina. E neanche per i maltrattamenti che questa subisce. Solo per la tempesta di neve”. – Lea Jacobs [D.W. Griffith Project # 598]