Un film di Jean-Luc Godard. Con Anna Karina, Sady Rebbot, Gilles Queant, André S. Labarthe, Guylaine Schlumberger. Titolo originale Vivre sa vie. Drammatico, b/n durata 85′ min. – Francia 1962. MYMONETRO Questa è la mia vita valutazione media: 3,75 su 7 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Nanà (Karina), giovane commessa, diventa una professionista del marciapiede. Ha anche un protettore, Raoul (Rebbot) che, oltre a darle istruzioni e porle divieti, la vende. Non essendo l’acquirente d’accordo sul prezzo, ne nasce un alterco, seguito da una sparatoria… 4° lungometraggio di J.-L. Godard (e il 3° con la danese Karina, nome d’arte di Ann Karin Bayer), è considerato da alcuni l’opera meno invecchiata e più adulta del suo primo periodo, quella in cui le invenzioni appaiono più congeniali e integrate a un progetto che non è soltanto cinematografico. I 12 quadri _ nei quali Nanà vive la sua vita, rivelandone casuali frammenti _ hanno registri diversi (sociologico, documentario, letterario, cinematografico: quello in cui al cinema Nanà piange vedendo la morte della Giovanna d’Arco di Dreyer) con linguaggi diversi, non uniti da una logica narrativa, ma giustapposti, forse ricombinabili: “vivere la propria vita”, accettarla com’è, mostrarla nella sua mescolanza di realtà e di finzione (rappresentazione), ma anche aiutarne una comprensione, aprire a un possibile giudizio. Affrontato altrove in modi obliqui, allusivi, episodici, qui il tema della prostituzione diventa centrale. Lo spunto è quello di un’inchiesta giornalistica (Où en est avec la prostitution? di Marcel Sacotte), ma “le domande e le risposte vere vengono da ben più lontano, come rivela la citazione da Montaigne che apre il film: ‘Bisogna prestarsi agli altri e donarsi a sé stessi’” (A. Farassino). Premio speciale della giuria a Venezia.