Grace e Jonathan Fraser sono una ricca coppia di Manhattan: vivono in un duplex sulla Quinta strada, hanno lavori qualificati (lei è psicoterapeuta, lui oncologo infantile), un figlio adolescenteche frequenta una prestigiosa scuola privata. Durante un incontro del comitato genitori della scuola, Grace rimane colpita da Elena, giovane donna d’estrazione popolare che si comporta in maniera poco consona all’alta società. Al termine di una serata di beneficienza, durante la quale Elena ha rivelato a Grace il proprio disagio esistenziale, la donna viene trovata morta, selvaggiamente uccisa a martellate.
Da un romanzo di Jack Higgins. Nel 1943 un commando di paracadutisti tedeschi atterra in una località della costa occidentale inglese col proposito di rapire Winston Churchill. Sturges è un regista rispettabile per il mestiere, soprattutto nelle sequenze d’azione e nella cura dei particolari. Duvall dà malinconica dignità al suo colonnello guercio
Un ingegnere e un esperto in cervelli elettronici decidono di rapinare una banca, pubblicizzata come inattaccabile per via delle sofisticate misure di sicurezza. Riescono a mettere a segno il “colpo” e poi rischiano di essere smascherati per un banale imprevisto. Ma, grazie a una giovane fotografa che nel frattempo si è innamorata dell’ingegnere, la fanno franca e scappano con cinque milioni di dollari.
Virgil Oldman è un sessantenne antiquario e battitore d’aste di elevata professionalità. Conduce una vita tanto lussuosa quanto solitaria. Non ha mai avuto una donna al suo fianco e tutta la sua passione è rivolta all’arte. Fino a quando riceve un incarico telefonico da Claire, giovane erede di una ricca famiglia. La ragazza, che vuole venga fatta una valutazione degli oggetti preziosi che arredano la sua villa e di cui vuole liberarsi, non si presenta mai agli appuntamenti. Virgil viene così attratto da questa committente nascosta fino al punto di scoprire il suo segreto.
1962. Due matricole del College Faber, Larry e Kent, vogliono iscriversi a uno di club studenteschi. Rifiutati dall’Omega, frequentato dagli studenti di buona famiglia, trovano accoglienza allo sregolato Delta in cui l’elemento di punta è John Blutarsky (‘Bluto’), sporco, decisamente sovrappeso e assolutamente maleducato. Il rettore però ben presto decide di smantellare il club. La vendetta sarà devastante e Bluto ne costituirà lo stratega.
Nei mari della Groenlandia il capitano di un cacciatorpediniere USA dà la caccia a un sommergibile non identificato (presumibilmente sovietico), disposto a scatenare un conflitto atomico. Vigoroso, teso, efficiente dramma marinaresco sulla guerra fredda di taglio antimilitarista dove si mescolano i temi di Il dottor Stranamore e di L’ammutinamento del Caine. Recitazione di classe.
Da qualche parte nello spazio profondo, un campo elettrico scarica la sua forza alla velocità della luce e minaccia la sopravvivenza della Terra. L’origine viene presto identificata e il Maggiore Roy McBride incaricato della missione che dovrebbe liquidare il problema. Ma le cose non sono così semplici perché Roy, soldato decorato oltre i confini della Terra, è il figlio di Clifford McBride, pioniere dello spazio partito ventinove anni prima per cercare segni di vita su Nettuno. Arenata tra i suoi satelliti, la nave del padre è la causa delle scariche elettriche che colpiscono la Terra. Astronauta performante e figlio devoto, Roy è il cavallo di Troia per stanare Clifford. Un cavallo indomabile che cerca risposte all’abbandono e una via altra per tornare finalmente a casa.
Nel 1855, durante la guerra di Crimea, un furbo avventuriero, coadiuvato da una banda, riesce a rubare con astuzia un’ingente quantità di lingotti d’oro di proprietà del governo britannico. È, insieme, un film di genere e un film d’autore, sulla scia della tradizione britannica dei ladri non tanto gentiluomini quanto intelligenti. Un bel ritmo narrativo si coniuga con una gustosa ricostruzione ambientale. In USA s’intitola The Great Train Robbery . Sceneggiato da Michael Crichton e basato su un suo romanzo (1975).
Possente, iperrealista, figurativo, saturo di colori. Hero, recentemente tornato a mani vuote dagli Oscar, è il personalissimo omaggio di Zhang Yimou al genere wuxapian.La storia, ambientata nella Cina di 2000 anni fa, divisa in sette regni, racconta delle gesta di Senzanome, interpretato da un Jet Li finalmente convincente dopo una troppo lunga serie di ottusi film americani. L’eroe del titolo che, tramite flashback, racconta al re di Qin, futuro imperatore, come sia riuscito a sgominare i sicari che lo stesso re gli aveva sguinzagliato contro: Spada spezzata, Neve volante e Cielo (traduzione letterale).Se La Tigre e il Dragone aveva stupito molti per la bellezza coreografica dei combattimenti, Hero ridefinisce uno standard per questo tipo di produzioni: le sfide tra gli eroi sono vere e proprie danze con i contendenti immersi in scenari favolistici. Ogni battaglia ha un suo stile preciso ed un suo colore dominante. L’attenzione che il regista pone al particolare è maniacale: alcune scene sono persin soffocanti per un gusto che eccede spesso nel barocco come la sequenza iniziale col combattimento “acquoso” tra Li e Leung e quello tra le prime donne Ziyi e Cheung immerso in una pioggia di foglie dorate. Difficile descrivere a parole la leggerezza, la soavità ed al tempo stesso la violenza e la asprezza delle battaglie di gruppo che, per maestosità e pathos, superano anche l’assedio al fosso di helm d Il signore degli anelli.Tutto in Hero è ridondante: le scenografie, i costumi, la musica. I colori, sempre importanti nella filmografia del regista, qui diventano veri e propri protagonisti al pari degli attori.Gli interpeti sono fenomenali ed il cast di all-stars mantiene le promesse. Oltre al tonico Jet Li completano il quadro Maggie Chung,Donnie Yen, Zhang Ziyi e Tony Leung: praticamente il meglio del cinema made in Hong Kong contemporaneo. Esercizio di stile o nuovo capolavoro del regista? Indubbiamente non è un film per tutti ed il ritmo sincopato del film non aiuta la “digeribilità” dello stesso da parte dei non appassionati del genere. Alcune sequenze sono talmente esagerate da apparire paradossali e dietro l’angolo c’è sempre il rischio del comico involontario. Ma proprio l’esagerazione consapevole, il non voler utilizzare semitoni e l’acuta analisi che svolgono, in maniera diversa, i protagonisti sulla guerra e sul ruolo “pacificatorio” che la stessa può avere (temi drammaticamente attuali) rendono Hero un’esperienza indimenticabile.
Sette professori ospitano una sciantosa ricercata dalla polizia. Uno s’innamora, ricambiato. Parafrasi sarcastica di Biancaneve e i sette nani, un cocktail ad alta gradazione alcolica di glottologia e gangsterismo con dialoghi ricchi di battute spiritose. Billy Wilder tra gli sceneggiatori. Rifatto dalla stesso Hawks con Venere e il professore (1941).
Il Big Kahuna è il grande colpo, la grande vendita. Tre agenti di una società in crisi cercano di agganciare un possibile ricco cliente. Parlano, parlano, del lavoro, di se stessi, della vita. Un vero “Kammerspiel” (tutto in una, anzi, due stanze). Si aspetta, si aspetta. Per niente. Si salva De Vito, più bravo del “doppio oscar” Spacey, che pure si è costruito il film addosso.
Cassidy è una serie a fumetti in 18 numeri creata da Pasquale Ruju pubblicata da maggio 2010 a ottobre 2011 dalla Sergio Bonelli Editore. Tra marzo e maggio 2020, viene realizzata una mini-serie dedicata al personaggio comparsa nella collana de Le Storie composta da soli 3 numeri.
La notte del 16 agosto 1977 una Dodge Aspen nera, crivellata di proiettili, procede lungo la U.S. Route 66 al confine fra Arizona e California. L’auto è guidata da un fuorilegge, Raymond Cassidy, che si sta dissanguando lentamente con quattro proiettili in corpo. Quella stessa notte Cassidy incontra un misterioso ed etereo cieco di colore, il quale gli annuncia che gli sono concessi altri diciotto mesi da vivere per “sistemare le cose”, durante i quali dovrà fare i conti col passato.
Deathropolis è una città segretamente controllata dai cosiddetti “ridestati”, ovvero persone defunte che per una qualche misteriosa ragione sono tornate in vita. I “ridestati” sono caratterizzati da una forza sovrumana e insensibilità al dolore, e si nutrono di carne umana. Lukas è uno di loro, eppure in lui c’è qualcosa di diverso: riesce a controllare la sua fame, ha un forte senso della giustizia e prova una certa empatia per i vivi. Inutile dire che presto finirà per scontrarsi con i suoi simili e altre mostruose creature. La (mini)serie è stata divisa in due stagioni, rispettivamente “Lukas” e “Lukas Reborn”.
Valter Buio è una serie a fumetti scritta da Alessandro Bilotta a pubblicata da Star Comics. Tra i disegnatori che l’hanno realizzata ci sono Sergio Gerasi, Matteo Mosca e Francesco Bonanno, con le copertine di Paolo Martinello. Racconta la storia di Valter Buio, uno psicanalista che riesce a entrare in contatto con gli spiriti. La serie è composta da 12 numeri, pubblicati dal marzo del 2010 al febbraio del 2011.
Valter Buio è lo psicoanalista dei fantasmi. Per 90 euro a seduta riceve le anime in pena di coloro che restano in un limbo in cui non fanno più parte di questo mondo, ma comunque non riescono ad abbandonarlo del tutto. Sono spiriti che Valter chiama “Inconsci”, perché devono risolvere un evento traumatico, spesso legato alla loro morte, di cui ancora non si rendono conto nella maggior parte dei casi.
A causa di un trauma psicologico subito in guerra, Ivan (Savage) non riesce a consumare il matrimonio con l’adorata Maria (Kinski). Delusa e irrequieta, Maria cadrà tra le braccia di Clarence (Carradine), vagabondo seduttore da strapazzo, restandone incinta: sarà questo nuovo trauma a sbloccare la sessualità frustrata di Ivan. Film emotivamente ricco e coinvolgente. Nel cast anche un sempre grande Robert Mitchum.
Il protagonista è Joe Yabuki (letteralmente “piedi piccoli”), un giovane tormentato il quale ha trascorso gran parte della sua ancora breve vita negli orfanotrofi statali (in quanto non ha mai conosciuto i suoi genitori) fino a quando non riesce a scappare da quello di Tokyo, Joe vive così vagando da un luogo all’altro come un cane randagio. Attraversando “il ponte delle lacrime” (泪橋?, Namidabashi, chiamato così perché è il ponte attraversato dai reietti della società e dagli sconfitti della vita che abbandonano la città e lo attraversano piangendo[2]) arriva nella baraccopoli nei bassifondi della città, dove incontra Danpei Tange, un vecchio pugile ed ex allenatore di boxe in pensione con un occhio solo, ormai ridotto ad una vita da barbone e perennemente ubriaco.
Ed è proprio la periferia (luogo d’esclusione sociale e psicologica) la comprimaria co-protagonista al principio della storia: una zona che nell’immediato dopoguerra, ai tempi della ricostruzione e del miracolo economico, era disagiata, povera e piena di delinquenza organizzata (la famosa yakuza, la cosiddetta mafia giapponese) e minorile.
Omero viene creduto contaminato dalle radiazioni in maniera irreversibile e, per rendergli più piacevoli possibile gli ultimi giorni di vita, gli americani fanno a gara. Solo che Steve, il suo medico, ha sbagliato diagnosi e Omero è sanissimo. Alla giornalista che ha riempito pagine con lacrimevoli articoli sulla triste sorte del giovane non è possibile rimangiarsi tutto, perciò la ragazza obbliga Omero a “suicidarsi” gettandosi da un ponte: lui non muore, ma l’opinione pubblica non lo sa e la facciata è salva.
Non esiste dvd in italiano, non ho trovato altre versioni oltre questa in rete
Uno stimato oculista newyorchese, Judah Rosenthal, ha un problema: la sua amante, Dolores, un’attraente hostess, pretende che egli sveli alla moglie Miriam la relazione che ha con lei. Judah non sa decidersi e si consulta con il rabbino Ben, un suo paziente gravemente malato, che gli consiglia di confessare tutto.
Dicembre 1944: in previsione di una nuova, dura ripresa delle ostilità da parte dell’esercito tedesco, gli americani si preparano nelle Ardenne ad affrontare i loro carri armati. Vicenda, ricostruzione storico-politica e indagine psicologica dei personaggi sono secondarie rispetto alla spettacolare grandiosità delle scene di battaglia, girate con grande abbondanza di mezzi.
Film di guerra in costume, di alto costo, imperniato su un cavallo: nato sulle verdi colline del Devon, contea dell’Inghilterra del Sud, comprato all’asta da un contadino, affascinato dalla sua bellezza, è battezzato Joey da un suo figlio adolescente. Nell’imminenza della guerra 1914-18, la povera famiglia lo vende all’esercito britannico. Joey passa da un esercito all’altro, dall’amore di un ragazzo a quello di una bambina, ma rimane l’eroe, mentre i coprotagonisti umani non lasciano segno di sé. Scritto da Richard Curtis e Lee Hall, basato su un romanzo di Michael Morpurgo e una successiva pièce teatrale, il film è prolisso ma non si tira indietro con efficace realismo nelle sequenze di battaglia, una più sanguinosa e fangosa dell’altra, citando alcune immagini epiche di La grande parata (1925) di King Vidor, finché negli ultimi 20 minuti il cavallo si lancia al galoppo contro ogni ostacolo verso la terra di nessuno. Il doppiaggio italiano è inadeguato al plurilinguismo del film e diventa ridicolo nel dare le voci ai tedeschi.
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