Un film di Pablo Larrain. Con Gael García Bernal, Alfredo Castro, Antonia Zegers, Luis Gnecco, Marcial Tagle. Titolo originale No. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 110 min. – Cile 2012. – Bolero uscita giovedì 9 maggio 2013. MYMONETRO No – I giorni dell’arcobaleno valutazione media: 3,44 su 31 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
1988. Il dittatore cileno Augusto Pinochet è costretto a cedere alle pressioni internazionali e a sottoporre a referendum popolare il proprio incarico di Presidente (ottenuto grazie al colpo di stato contro il governo democraticamente eletto e guidato da Salvador Allende). I cileni debbono decidere se affidargli o meno altri 8 anni di potere. Per la prima volta da anni anche i partiti di opposizione hanno accesso quotidiano al mezzo televisivo in uno spazio della durata di 15 minuti. Pur nella convinzione di avere scarse probabilità di successo il fronte del NO si mobilita e affida la campagna a un giovane pubblicitario anticonformista: René Saavedra.
Pablo Larrain, che il pubblico italiano conosce per i suoi precedenti Tony Manero e Post Mortem, affronta in modo diretto una delle svolte nodali della storia cilena recente. L’aggettivo è quanto mai appropriato perché la scelta radicale di utilizzare una telecamera dell’epoca offre al film una dimensione del tutto insolita. Il passaggio dal materiale di repertorio (dichiarazioni di Pinochet e cerimonie che lo vedono presente così come interventi dei rappresentanti dell’opposizione dell’epoca) alla ricostruzione cinematografica diviene così inavvertibile. Il pubblico in sala si trova nella situazione di chi sta compiendo una full immersion nel passato.
Tutto ciò all’interno di una ricostruzione che mostra, attraverso il personaggio di Saavedra, come la repressione fosse stata forte e come il regime fosse convinto che fosse sufficiente accusare qualsiasi avversario di ‘comunismo’ per poter vincere. Non manca però anche di sottolineare come tra i sostenitori del NO non fossero pochi quelli che non avevano compreso quanto fosse indispensabile impostare una campagna di comunicazione che andasse oltre la riproposizione delle pur gravissime colpe del dittatore per approdare a una proposta che parlasse di vita, di gioia, di speranza nel futuro e non di morte. E’ in questo ambito che il personaggio impersonato con grande understatement da Gael Garcia Bernal si trova a muoversi consapevole, inoltre, della difficoltà di contribuire alla riuscita di un fondamentale cambiamento del proprio Paese partendo dalle proprie basi di eccellente imbonitore. Pronto, una volta ottenuto l’esito sperato, a tornare a promuovere telenovelas.
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Di questo giovane regista cileno ho visto il suo notevole “Post Mortem”. Una personale lettura di una delle pagine più buie e determinanti del suo Paese: il Golpe del 1973. Il suo cinema crudo e straziante, letteralmente un vero e proprio pugno nello stomaco, rivelava già una sorprendente chiarezza di idee e padronanza del mezzo. Anche trattando la fine dell’incubo della dittatura, con questo film, Larraín non è mai banale, né celebrativo, ma sempre problematico, misurando le responsabilità collettive della “grande Storia” con quelle individuali delle persone più “comuni”. Quando un giovane regista fa un buon film, non è facile ripetersi subito, Larraín a mio parere, fortunatamente per lui e per noi, c’è riuscito.