Un film di Kira Muratova. Con Zinaida Sharko, Oleg Vladimirsky, Tatyana Mychko, Yuri Kayurov, Svetlana Kabanova, Lidiva Dranovskaya, Lidiya Brazilskaya Titolo originale Dolgie provody. Drammatico, durata 97 min. – URSS 1971. MYMONETRO Lunghi addii valutazione media: 4,00 su 1 recensione.
È davvero un lungo addio quello fra una madre tormentosa e opprimente, divorziata dal marito archeologo, e suo figlio Ustinov, silenzioso e solitario come uno spettro, in sua presenza. Lei vorrebbe penetrare nel complicato mondo del figlio, lui dal canto suo, vorrebbe che non invadesse anche quello, tanto da costruire un muro di parole ripetute mille volte e di mutismi assordanti che si frappone nel loro rapporto, già parecchio alienante e tortuoso. Fino a quando non riemergerà la figura del padre, portando nella mente di Ustinov il pensiero di una nuova vita, lontano da gelosie, rimproveri e consigli materni inopportuni.
Censurata fino alla Glasnost del 1987 (quell’ampia riforma politica atta a rimuovere corruzioni e privilegi dell’apparato governativo sovietico), la Muratova – una delle più celebri registe russe del XX secolo, parecchio influenzata dalla Nouvelle Vague -, dimostra tutto il suo anticonvenzionale talento nel dirigere (in una Russia che deve fare ancora i conti con le revisioni dello stalinismo) una pellicola moderna e d’avanguardia come questa, ben attenta a non compiere giri di boa, attorno a randagismi sentimentali banali, che potrebbero far cadere la trama (peraltro perfetta) nei più ovvi cliché. Ottima la sceneggiatura che scava alla ricerca dello straordinario nell’ordinario di tutti i giorni; tanto appassionante che è impossibile non riuscire a comprendere le inadeguatezze, i masochismi, le depressioni e le monotonie dei personaggi, veri motivi dei comuni lunghi addii.
Un particolare plauso va all’attrice teatrale e cinematografica Zinaida Sharko (una sorta di Claudia Cardinale russa), perfettamente calata nel ruolo di una madre che alterna la civetteria con gli altri uomini alla debole gelosia per le ragazze che il figlio bacia, ma che fondamentalmente cerca, con una notevole punta di disperazione, di non farsi abbandonare per la seconda volta. Bravo anche Oleg Vladimirsky nel ruolo dello sfuggevole Ustinov, che oggi è un affermato fotografo artistico.
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