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Regia di Alex Ross Perry. Un film Da vedere 2014 con Krysten RitterElisabeth MossJason SchwartzmanJonathan PryceDree HemingwayCast completo Genere Commedia – USA2014

In una New York intrisa di cultura letteraria Philip sta per uscire con il secondo romanzo, quello del possibile successo. Sul piano esistenziale e sentimentale, però, la sua vita è a un bivio e a risentirne è la sua relazione con Ashley, fotografa dalla carriera brillantemente avviata. L’incontro con Ike Zimmermann, anziano romanziere affermato e punto di riferimento per Philip, sembra indicargli la via da percorrere, ma non è detto che questa conduca anche alla felicità.
“Narrazione, non voice-over”, specifica Alex Ross Perry a proposito dell’uso abbondante della suddetta tecnica (la voce appartiene all’Eric Bogosian di Talk Radio) in Listen Up Philip. Una precisazione che ribadisce la natura intimamente legata al romanzo letterario di un’opera sul dono e sulla maledizione connaturati al talento per la scrittura, che sembra sposarsi necessariamente con l’egocentrismo e l’impossibilità di una reale comunicazione con il prossimo, lettori a parte. Temi forse già trattati in passato, ma raramente sviscerati come nel film di Perry, che segue le vicissitudini di Philip, romanziere alle soglie del successo ma anche sull’orlo di una rottura definitiva con il mondo degli affetti, senza limitarsi alla sua soggettiva. Prendendo in prestito da William Gaddis la tecnica innovativa di storytelling, Perry costruisce un film inaspettatamente (per il milieu Sundance) e doppiamente rivoluzionario. Da un lato stilistico – la camera guidata da Sean Price Williams segue i personaggi e avvolge i loro discorsi, evitando la consuetudine del campo-controcampo da indie Sundance – e narrativo, spostando il focus improvvvisamente da Philip a Ashley, personaggio che sembrava semplicemente corollario, e poi in favore di Ike. Jason Schwartzman rimane quindi, per lunga parte, raccontato anziché visto, potenziando l’effetto di displacement e il lavoro quasi crossmediale tra libro e film. Perry dimostra inoltre di saper giocare con gli stereotipi con grande arguzia: macchine da scrivere e bicchieri di whisky, colonna sonora jazz con New York sullo sfondo, per omaggiare Woody Allen e Philip Roth ma allo stesso tempo alzare il livello di understatement e distanziarsi da loro, senza prenderli né prendersi troppo sul serio. Nonostante qualche prolissità di troppo (ma in fondo è un romanzo) e qualche personaggio pleonastico, un’opera sorprendente e una notevole crescita per Perry rispetto ai lavori precedenti.

3.5/5

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