Un film di Florian Henckel von Donnersmarck. Con Martina Gedeck, Ulrich Mühe, Sebastian Koch, Ulrich Tukur, Thomas Thieme. Titolo originale Das Leben der Anderen. Drammatico, durata 137 min. – Germania 2006. – 01 Distribution uscita venerdì 6 aprile 2007. MYMONETRO Le vite degli altri valutazione media: 4,15 su 229 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Berlino Est, 1984. Il capitano Gerd Wiesler è un abile e inflessibile agente della Stasi, la polizia di stato che spia e controlla la vita dei cittadini della DDR. Un idealista votato alla causa comunista, servita con diligente scrupolo. Dopo aver assistito alla pièce teatrale di Georg Dreyman, un noto drammaturgo dell’Est che si attiene alle linee del partito, gli viene ordinato di sorvegliarlo. Il ministro della cultura Bruno Hempf si è invaghito della compagna di Dreyman, l’attrice Christa-Maria Sieland, e vorrebbe trovare prove a carico dell’artista per avere campo libero. Ma l’intercettazione sortirà l’esito opposto, Wiesler entrerà nelle loro vite non per denunciarle ma per diventarne complice discreto. La trasformazione e la sensibilità dello scrittore lo toccheranno profondamente fino ad abiurare una fede incompatibile con l’amore, l’umanità e la compassione.
All’epoca dei fatti, quando le Germanie erano due e un muro lungo 46 km attraversava le strade e il cuore dei tedeschi, il regista Florian Henckel von Donnersmarck era poco più che un bambino. Per questa ragione ha riempito il suo film dei dettagli che colpirono il fanciullo che era allora. L’incoscienza e la paura diffuse nella sua preziosa opera prima sono quelle di un’infanzia dotata di un eccellente spirito di osservazione. La riflessione e l’interesse per il comportamento della popolazione, degli artisti e degli intellettuali nei confronti del regime comunista appartengono invece a uno sguardo adulto e documentato sulla materia. Ricordi personali e documenti raccolti rievocano sullo schermo gli ultimi anni di un sistema che finirà per implodere e abbattere il Muro.
La stretta sorveglianza, le perquisizioni, gli interrogatori, la prigionia, la limitazione di ogni forma di espressione e l’impossibilità di essere o pensarsi felici sono problemi troppo grandi per un bambino. Le vite degli altri ha così il filo conduttore ideale nel personaggio dell’agente della Stasi, nascosto in uno scantinato a pochi isolati dall’appartamento della coppia protagonista. È lui, la spia, il singolare deus ex machina che non interviene dall’alto, come nella tragedia greca, ma opera dal basso, chiuso tra le pareti dell’ideologia abbattuta dalla bellezza dell’uomo e dalla sua arte. Personaggio dolente e civilissimo, ideologo del regime che in un momento imprecisato del suo incarico si trasforma in oppositore. Il “metodo” della sorveglianza diventa per lui fonte di disinganno e di sofferenza, perchè lo costringe a entrare nella vita degli altri, che si ingegnano per conservarsi vivi o per andare fino in fondo con le loro idee. Gerd Wiesler contribuisce alla riuscita dello “spettacolo” con suggerimenti, correzioni (alle azioni della polizia), aggiustamenti (dei resoconti di polizia) e note di regia che se non avranno il plauso dei superiori avranno quello dei sorvegliati. “Attori” che recitano la vita ai microfoni della Stasi e nella cuffia stereo dei suoi funzionari. La vita quotidiana fatta di paure ed espedienti è restituita da una fotografia cupa e bruna, tinte monocromatiche che avvolgono i personaggi decisi a sopravvivere, a compromettersi e a resistere. La Stasi aveva un esercito di infiltrati, duecentomila collaboratori, Donnersmarck ne ha scelto uno e lo ha drammatizzato con la prova matura e sorprendente di Ulrich Mühe. Il drammaturgo “spiato” è invece Sebastian Koch, l’ufficiale riabilitato di Black Book, intellettuale “resistente” per salvare l’anima del teatro e della Germania.
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PapiniVirgino, ti dico sinceramente che interessi o meno, che mi piace leggere i tuoi commenti senza fronzoli. Da quando seguo iper ho imparato a leggere le tue argomentazioni, spesso asciutte , e da ciò traggo solo conclusioni, se mi è permesso, sul tuo modo di vedere e giudicare un film e non sui film stessi. E mi fa piacere leggere le tue opinioni perchè mi aiutano a riflettere sui film che vedo. Ma non credo nella critica cinematografica, anzi, ed i film mi piace guardarli senza saperne quasi niente. Eventualmente poi cerco riscontro in libere opinioni.
Con questo ti esorto a continuare nella linea migliore, lasciando perciò da parte le antitesi personali.
Per due motivi:
– il web è pieno di chiacchiere, un po’ meno di contenuti intelligenti e appassionati.
– notifiche in mail per le menate meglio non riceverle 🙂
Concordo sul film dir ottimo è anche poco, l’ho visto quest’anno per la prima volta.
Se Mereghetti Morandini etc…: avessero scritto che non è un bel film per me sarebbe lo stesso 🙂
A rileggerti presto
gipilui
Sono d’accordo sul fatto che la critica “ufficiale”, non riscrive le Tavole della Legge. Come hai notato acutamente, cerco di norma di dare solo degli “spunti di riflessione” personali, mai di trincerarmi dietro un giudizio insindacabile, perché derivante da una “verità” che solo io, e qualche “autorità” in materia, possiedo. Se questo succede, quindi, è solo dovuto, come hai detto ancor più giustamente, al fatto che mi lascio talvolta coinvolgere in inutili e stucchevoli diatribe. Purtroppo ho un carattere piuttosto iroso, e me la prendo parecchio se qualcuno mi fraintende, soprattutto se ho motivo di pensare che questo sia dovuto a malafede.
Ti ringrazio davvero per tutto quello che hai detto.
Ciao
Questo film è veramente bello. Ottima regia e scenografia, mi sono piaciuti tutti i personaggi, le luci soffuse, i grigi , i colori pastello, la rabbia che sale dentro, lo spaccato di Berlino mai visto…grazie per il consiglio
Si, come ho già detto anch’io, un ottimo film. Peccato che Donnersmarck abbia poi girato, come direbbe Totò, una ciofeca, ossia “The Tourist”.