La Linea di Osvaldo Cavandoli è una delle non poche eccellenze italiane che hanno fatto il giro del mondo, e in molti paesi è ancora oggi proiettato e pubblicato a vignette sui giornali. Ma in Italia né la Linea né il suo autore sono circonfusi dall’aura mitica, “cult” e anche iper-culturale che avvolge molti maestri del fumetto e del disegno animato. Tanto che qualche misurato e rammaricato saluto – quando Cavandoli muore, ottantasettenne, qualche mese fa – lo tratta da maestro “dimenticato”.
Cavandoli era un tecnico (anzi un “tennico”, come si dice nella sua Milano). Un disegnatore meccanico nato professionalmente in Alfa Romeo, dove lavorò da apprendista prima della guerra (era nato sul Garda nel gennaio del ’20, visse sempre a Milano). Poche scuole alle spalle, a sedici anni già in fabbrica. Metalmeccanico è anche il destino della sua Linea, che diventa famosa come testimonial delle pentole a pressione Lagostina, verso la fine dei Sessanta, ancora nel pieno fulgore dell’epopea pubblicitaria di Carosello.
Osvaldo Cavandoli, pieno delle sue passioni “tenniche”, bazzicava già da anni nel cinema d’animazione. Aveva collaborato con Nino Pagot, pioniere italiano del settore, e finirà, anni dopo, ad animare i disegni di Altan per realizzare i “corti” della Pimpa. Per Carosello, quando Lagostina lo contatta, aveva già realizzato la Mucca Carolina, pupazzo graficamente non memorabile ma popolarissimo tra i bambini per via dei jingle e dei primi gadget che trasportavano dal video alle case i personaggi della pubblicità.
Rispetto all’universo di Carosello, giocattolesco, fumettistico in senso molto tradizionale, la Linea è comunque un vero e proprio shock. L’immagine è quasi metafisica, il gioco grafico, nel suo svolgimento appunto lineare e ininterrotto, affascina adulti e bambini in maniera indelebile. È quello che si dice volgarmente un’idea geniale. Ma veramente geniale. E che il genio sia un “tennico”, un disegnatore industriale, un milanese modesto e di poche parole che rimase per tutta la vita sostanzialmente appartato rispetto a ogni tipo di ribalta, è cosa che aggiunge ulteriore fascino alla Linea, e colloca Osvaldo Cavandoli in un’area tutta sua della memoria grafica italiana.
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