Un film di Nicholas Ray. Con Humphrey Bogart, John Derek, George MacReady Titolo originale Knock on Any Door. Drammatico, Ratings: Kids+13, b/n durata 100′ min. – USA 1949. MYMONETRO I bassifondi di San Francisco valutazione media: 3,42 su 7 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Dal romanzo di Willard Motley. Il figlio di un commerciante ingiustamente condannato e morto di crepacuore entra nell’ambiente della mala. È riportato sulla retta via da un avvocato, ma l’ingiustizia sociale lo induce di nuovo alla rivolta. Su un tema che gli era caro (rapporto padre-figlio) Ray ha fatto un film, prodotto da Bogart, onesto e sincero nella sua denuncia sociale, ma verboso e retorico, di strategia macchinosa. Seguito: Che nessuno scriva il mio epitaffio.
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Lo cercavo da anni e l’ho finalmente visto ieri grazie a Iper.
Il rapporto padre/figlio di Gioventù bruciata (e di molti altri film del regista) è qui declinato in quello sociale adulti/giovani, attraverso la difesa del ragazzo criminale da parte dell’adulto avvocato. L’avvocato è Bogart, che fa una gran prova e ha addirittura prodotto il film.
La forza visiva ed emotiva del bello e dannato è spinta a un livello altissimo, tanto che è l’avvocato stesso che chiede al giovane accusato di omicidio di mostrare il suo bel sorriso per impietosire le donne della giuria popolare.
La purezza del conflitto interiore del ragazzo (che vorrebbe redimersi, ma è come segnato dalla sua formazione) e la tenacia dell’adulto (che lo comprende essendo lui stesso cresciuto nei bassifondi) sono sincere, potenti, e rimangono impresse nello spettatore.
Ma il film, nel suo complesso, è decisamente didascalico. Una lunga requisitoria giudiziaria, intessuta di flash back espositivi, cerca di mostrare l’influenza sociale sui comportamenti criminali di un ragazzo. Ogni esempio è un argomento per la tesi, ogni scena è un tassello per costruire il discorso.
Il tutto, dal punto di vista teorico e plastico è convincente: Bogart dà il meglio di se’ nei lunghi monologhi empatici, tanto che sembra fare le veci della visione dell’autore, e il bianco e nero è bellissimo e tagliato in contrasti forti come i conflitti in gioco.
Ma sembra quasi che Ray abbia voluto responsabilemente costruire una storia basata sulla meccanica della dimostrazione. E il risultato è freddo, tanto che le emozioni esplosive (presenti in ogni film di Ray) si smorzano in inquadrature perfette, in scambi definiti, in relazioni dichiarate.
Non mancano comunque svolte improvvise ed emozioni struggenti fino al finale che lascia a bocca aperta.
In sostanza, mi sembra che la comprensione dei giovani ribelli da parte dell’autore (espressa al massimo in Rebel Whitout a Cause) non ha trovato qui una sua omogeneità, tanto che la visione del mondo espressa dal concetto “la società è responsabile dei comportamenti devianti, quindi tutti noi siamo responsabili” prende il sopravvento sull’intero discorso, preferendo la dimostrazione al racconto.
Un grosso grazie a Iper per questo film (e per il reupload)… anch’io lo cercavo da molto tempo e finalmente l’ho trovato in questo prezioso blog!