Un film di Martin Scorsese. Con Rosanna Arquette, Verna Bloom, Griffin Dunne, Will Patton Titolo originale After Hours. Commedia, durata 97 min. – USA 1985. MYMONETRO Fuori orario valutazione media: 4,21 su 32 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
È la seconda volta (dopo Re per una notte) che Scorsese si imbatte nella commedia (questa volta da incubo metropolitano kafkiano). Il progetto non è stato sviluppato personalmente dal regista, coinvolto in quel periodo nella preparazione de L’ultima tentazione di Cristo che subì una cancellazione improvvisa da parte della Paramount a sole quattro settimane dall’inizio delle riprese. Dopo aver respinto mucchi di script, ricevette la sceneggiatura di Fuori orario dai produttori Amy Robinson e Griff Dunne (scritta in realtà da Joe Minion uno studente della Columbia University come saggio finale di un corso di cinema del regista jugoslavo Dusan Makavejev). La sceneggiatura sarà trasformata in modo sostanziale dal regista. Fuori orario è stato da subito considerato “una rinascita” nella sua carriera (grande successo di critica e premio alla miglior regia al Festival di Cannes) e il film potrebbe essere letto come una sorta di sua autobiografia emotiva. Scorsese rivelò che le tribolazioni di Paul Hackett (che appaiono un po’ come una versione derisoria e crudele degli ultimi anni della sua vita) riflettono la frustrazione professionale di quel periodo. Ma anziché piangersi addosso, il cineasta infonde al film un’energia inattesa: mai un incubo raccontato al cinema è stato più gioioso. Girato in sei settimane a New York, il film dimostrerà che il regista è in grado di realizzare egregiamente un progetto low-budget (semmai è un ritorno alle origini). Per la prima volta Scorsese lavora con il direttore della fotografia tedesco Micheal Ballhaus (da sempre collaboratore di Fassbinder e quindi abituato alle produzioni indipendenti). Scorsese collaborerà con lui altre sei volte dal Colore dei soldi a The Departed. In seguito alle esplorazioni notturne della New York di Taxi driver (1976), il regista trasforma SoHo (noto quartiere degli artisti della Grande Mela) in un lurido, claustrofobico paesaggio capace di scatenare nel protagonista le più intime ansie e paure. La città non è quindi un semplice ambiente fisico naturale, bensì la proiezione dei fantasmi e delle angosce di un solo individuo.
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