Un film di Lynne Ramsay. Con Tilda Swinton, Ezra Miller, John C. Reilly, Jasper Newell, Rocky Duer. Titolo originale We Need to Talk About Kevin. Drammatico, durata 110 min. – Gran Bretagna, USA 2011. – Bolero uscita venerdì 17 febbraio 2012. MYMONETRO …E ora parliamo di Kevin valutazione media: 3,50 su 32 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Eva ha messo da parte le sue ambizioni professionali e il suo amore per New York per crescere Kevin in provincia e in tranquillità, ma il rapporto tra madre e figlio è sempre stato complicato, fin dal principio. Da neonato non smetteva mai di piangere, da bambino non parlava, poi non ha mai fatto altro che disobbedire. Tutto contro la madre, per provocarla e addolorarla. A 16 anni, infine, Kevin ha premeditato e commesso il peggio: una strage, a scuola. Due anni dopo, Eva ripercorre i ricordi, in cerca delle proprie mancanze, delle proprie responsabilità e di un perché.
Per il suo terzo film, la regista Lynne Ramsay ha trovato ispirazione nel controverso romanzo di Lionel Shriver, ovvero di un’altra donna, nonostante il nome. D’altronde al centro del dramma ci sono alcune tra le domande che più scuotono l’identità femminile: come gestire la responsabilità della maternità, per esempio, il suo essere, da un preciso momento in poi, per sempre e nonostante tutto. E il cuore del film è sicuramente nella storia d’amore tra madre e figlio, un amore-odio, pieno di ambiguità e di non detti, fatto non si sa bene se di troppa remissione, di eroica resistenza o di incontrollabile destino. Lo porta in superficie Tilda Swinton, con la rigidità che è corazza del personaggio, in verità esploso dentro, ma anche con una varietà di emozioni ben impressionanti. Non la si vedeva così convincente dalla prova di Michael Clayton.
Sul fronte estetico il film è molto insistito. Troppo. Il colore del sangue è declinato e ripreso in tutti i modi possibili, con la sequenza dedicata e disturbante dei corpi imbrattati e annegati nel pomodoro – che setta immediatamente gli assi cartesiani della tragedia in corso, quello lirico e quello quotidiano, famigliare – e poi con la vernice, la marmellata, la stampa sulla T-shirt, le ferite, i bersagli. Anche il montaggio è studiatissimo, rimescolato al millimetro, costruito per la tensione. A questa estrema eleganza di modi e di temi del girato corrisponde e al contempo sfugge il tappeto sonoro, magnificamente lavorato, dal quale passa, senza soluzione di continuità, il flusso sentimentale del film: il dolore, la paura, la rabbia, lo sprazzo di felicità e la disperazione della protagonista.
Non tutto convince, in … E ora parliamo di Kevin, ma il colpo arriva comunque allo stomaco, perfettamente assestato, come tirato con l’arco da un professionista.
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Credo sia la stessa versione:
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