Con sei statuette, alla cerimonia di premiazione degli Orly, i premi al cinema polacco, tra le quali quelle per il miglior film, regia, sceneggiatura e attore (Marian Dziedziel), il regista, classe 1963, si impone come uno dei più promettenti della sua generazione. Prodotto da Grupa Filmowa e coprodotto da Telewizja Polska, Filmi It e Agencja Produkcji Filmowej, Wesele racconta la storia di una disastrosa giornata di nozze. Il padre della sposa tenta di impressionare gli invitati in ogni modo, ma la sua organizzazione fa acqua da tutte le parti.
I subita sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
Muore Charles F. Kane, magnate della stampa USA. Un giornalista intervista i suoi amici e dipendenti per scoprire il significato dell’ultima parola pronunciata sul letto di morte: “Rosebud”. Al suo esordio il 26enne O. Welles condensa in un solo film un patrimonio di complesse esperienze tecniche e artistiche, portando a compimento un’intera fase della storia del cinema. Nel suo barocchismo, è un potente spettacolo-riflessione sul capitalismo nordamericano. “Soffre di gigantismo, di pedanteria, di tedio. Non è intelligente, è geniale: nel senso più notturno e più tedesco di questa parola” (J.L. Borges). Regolarmente in testa alla lista dei 10 migliori film del mondo. 8 nomine agli Oscar: film, regia, Welles attore, fotografia (Gregg Toland), musica (Bernard Herrmann), scene (Van Nest Polgrase), montaggio (Robert Wise), ma vinse soltanto quello della sceneggiatura (Herman J. Mankiewicz, O. Welles). Reperibile in DVD (2 dischi col doc. The battle over Citizen Kane ). Prodotto da O. Welles per RKO. Come uno dei giornalisti appare A. Ladd. Sdoganato in Italia nel 1948.
Empire, stato del Nevada. Nel 1988 la fabbrica presso cui Fern e suo marito Bo hanno lavorato tutta la vita ha chiuso i battenti, lasciando i dipendenti letteralmente per strada. Anche Bo se ne è andato, dopo una lunga malattia, e ora il mondo di Fern si divide fra un garage in cui sono rinchiuse tutte le cose del marito e un van che la donna ha riempito di tutto ciò che ha ancora per lei un significato materico. Vive di lavoretti saltuari poiché non ha diritto ai sussidi statali e non ha l’età per riciclarsi in un Paese in crisi, e si sposta di posteggio in posteggio, cercando di tenere insieme il puzzle scomposto della propria vita.
Come Thomas More (1478-1535), umanista, giurista, cancelliere del regno si rifiutò, fermo nelle sue convinzioni religiose, di avallare il divorzio di Enrico VIII da Caterina d’Aragona e lo scisma anglicano. Fu condannato a morte e decapitato il 7 luglio 1535; fu canonizzato nel 1935 sotto papa Pio XII. È un più che dignitoso esempio di teatro in scatola che un regista galantuomo ha messo in immagini con una cura pari all’adesione appassionata alla tematica del dramma. 5 premi Oscar: miglior film, regia, sceneggiatura di Robert Bolt – che è anche l’autore del dramma teatrale (1960) -, fotografia di Ted Moore, Scofield. Welles ha la piccola parte del cardinale Wolsey. Grande successo soltanto in Gran Bretagna.
A Salisburgo, nel 1938, Maria, un’orfana entrata da poco come novizia in un convento di suore ha, per l’epoca, una vivacità tale da lasciare qualche dubbio su una reale vocazione. La madre superiora decide quindi di farle fare un periodo di attività all’esterno come istitutrice dei sette figli di un rigido e vedovo comandante di Marina. I giovani, dopo un’iniziale diffidenza, si legheranno a lei mentre il padre, in procinto di risposarsi, comincerà ad interrogarsi su cosa provi per Maria.
La storia ruota attorno al triangolo amoroso tra il protagonista Johnny (Tommy Wiseau), Lisa, sua fidanzata e futura moglie, e Mark, il suo migliore amico. Una parte consistente del film è dedicata a sotto-trame che hanno poco a che fare con la storia principale e che per la maggior parte non vengono concluse. Stando a Tommy Wiseau, il titolo del film si riferisce al fatto che una stanza, Room in inglese, è un luogo in cui possono succedere cose belle o brutte.
Originariamente distribuito solo in un numero limitato di sale in California, il film venne immediatamente stroncato dalla critica, venendo definito uno dei peggiori film mai realizzati. Ross Morin, professore di studi cinematografici, lo definì “il Quarto potere dei film brutti”, termine poi riutilizzato da alcuni critici. Col passare del tempo, The Room acquistò lo status di film cult grazie alla sua trama inconcludente e piena di buchi e alla bizzarra performance di Tommy Wiseau.
Nel 2017 è balzato all’attenzione del grande pubblico grazie al film The Disaster Artist, basato sull’omonimo libro scritto da Greg Sestero riguardante la realizzazione del film e il suo rapporto con Tommy Wiseau.
Non ho trovato versione in italiano, i subita li ho aggiunti traducendoli con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
Film determinante e riformatore: girava la pagina della guerra. Il problema dei reduci era colosssale. I giovani tornavano dal Pacifico e dall’Europa e portavano cambiamenti. Avevano visto cose diverse e rientravano in un paese diverso. Il reinserimento era difficile, per i soldati e per chi era rimasto a casa. Il produttore Samuel Goldwyn, attentissimo ai grandi fatti, e il regista William Wyler, la firma più sicura di Hollywood, affrontarono un tema davvero ricco: i milioni di storie individuali, vere e proprie sceneggiature bell’e pronte, e il grande desiderio di cambiamento che si porta una guerra. Lavorando febbrilmente per non farsi sorpassare dai fatti reali, e prendendo spunto da un libro di Mackinley Kantor non eccelso, la produzione costruì un film che rappresentò quel problema come nessun altro titolo sarebbe mai riuscito a fare. È la storia di un caporale (March), un soldato (Russell) e un ufficiale (Andrews) che tornano nella loro cittadina di provincia. March è accolto dalla moglie (uno dei più begli abbracci del cinema) e dai due figli. Ma tutto sommato il trauma che vive è superabile, è stato soprattutto un problema di lontananza. Il resto è rimasto quasi com’era. Dana Andrews aveva sposato una ragazza appena conosciuta, irrequieta e capricciosa. Al ritorno il matrimonio va subito a rotoli. Ma non era vero amore se lui si innamora della figlia di March. Il terzo reduce era un autentico mutilato di guerra, Harold Russell, che aveva due protesi invece delle mani. Wyler lo aveva visto in un documentario, Diario di un sergente, e aveva intuito le sue qualità di attore. Russell si rivelò talmente bravo da meritare l’Oscar, che all’inizio degli anni Novanta è stato costretto a mettere all’asta per necessità. Il suo personaggio riesce, con grandi sofferenze, a reinserirsi, grazie anche alla buona volontà di tutti, soprattutto della sua fidanzata. Il film commosse il mondo e ottenne ben sette Oscar (fra gli altri al film, al regista, a March e al compositore Friedhofer). Il romanzo di Kantor non prevedeva il lieto fine e Wyler era orientato ad aderire allo storia originale, ma, come spesso accadeva, da Washington arrivò l’invito per il lieto fine: non era davvero il caso di demoralizzare ulteriormente tutti quei giovani già carichi di problemi. Inaspettatamente l’ottimista e spensierata Hollywood si trovava immersa in problemi veri e dolorosi. Il cinema stava per diventare qualcosa di più di una spensierata evasione.
Danny Berman è un alcolizzato quasi senza speranza. Sarebbe uno scrittore, ma naturalmente non ha la lucidità per fare qualcosa di buono. Sopravvive grazie al fratello che lo ospita e lo cura, e all’amore di una ragazza quasi masochista che gli perdona tutto e lo sostiene in tutti i modi. Nel suo quotidiano Danny ha un solo scopo: procurarsi liquori, con ogni mezzo. Ha messo a punto delle strategie geniali: come farsi dare dieci dollari dalla governante, come nascondere le bottiglie, come ottenere credito al bar, come sfruttare la simpatia di una donna. Naturalmente la situazione peggiora, la spirale è irreversibile. Lo si capisce quando Danny va a riscattare una pistola che aveva precedentemente impegnato. Ma, ancora una volta, l’amore della sua ragazza lo salva. Danny si riscatterà tornando a scrivere. La sua sofferenza personale sarà praticamente il soggetto del film. In prospettiva l’argomento potrebbe essere quasi una metafora della droga. Il problema alcool, per quanto presente, può essere considerato nei film obsoleto, ma allora Giorni perduti sconvolse non solo gli alcolizzati. L’efficacia impressionante del linguaggio di Wilder costrinse tutti a considerare il problema. Fra le sequenze fondamentali, mai più ripetibili, il delirio di Milland che vede scarafaggi e pipistrelli uscire da un buco nella parete. Wilder non si preoccupò di fare mediazioni a favore del pubblico, cercò di raccontare la realtà in modo crudo, quasi violento, in una chiave realistica quasi europea, con una sola eccezione: il finale davvero troppo “lieto”. Wilder lavorò alla sceneggiatura col suo scrittore preferito, Charles Brackett, sulla base del romanzo di Charles Jackson. Oscar come miglior film. Wilder ottenne la statuetta come regista e sceneggiatore. E anche Milland ebbe il premio come attore protagonista.
Ispirato a un fatto reale di cronaca avvenuto a Chicago nel 1966, il film del cineasta giapponese Koji Wakamatsu racconta l’eccidio di un gruppo di giovani infermiere da parte di un impiegato. Nel dormitorio femminile di un ospedale di provincia, alcune donne, angeli in camice bianco, invitano un giovane uomo a entrare. Presto si rivelerà uno spietato assassino, tormentato da incubi e allucinazioni e sessualmente represso. Alla violenza inflitta con sadismo, si alterna la concessione di un amore malato. Un film girato in bianco e nero, con solo due impressionanti scene a colori, che parla di ossessioni, impotenza, volontà, lucida follia e persino amore.
Una piscina senz’acqua (水のないプール, Mizu no nai puuru) è un film del 1982 diretto da Kōji Wakamatsu. La pellicola appartiene al genere pinku eiga (erotico).
Una notte, tornando a casa dal lavoro, un controllore di biglietti assiste ad un tentativo di stupro ai danni di una ragazza. Dopo aver lottato con i balordi ed averli messi in fuga, l’uomo stringe amicizia con la vittima. Il giorno seguente, egli torna alla sua vita regolare, dividendosi tra la monotonia del lavoro e della famiglia, ma in lui qualcosa è cambiato; tutto ora gli appare noioso e senza senso, dopo lo squarcio di carnalità a cui aveva assistito soltanto la notte prima.Procuratosi un’ingente quantità di cloroformio, l’uomo comincia una nuova vita, volta a sfogare i propri istinti sessuali, repressi per troppo tempo: di notte, invece che andare a lavorare, si serve del cloroformio per addormentare le sue vittime e violentarle all’interno delle loro abitazioni.
Poppo subisce uno stupro di gruppo sul tetto di un palazzo sotto gli occhi dell’imbelle Tsukio. Anch’egli ha subito un trauma analogo e, dalla condivisione del proprio malessere, tra i due nasce un’intesa che assomiglia a una relazione. Tutto ciò che Poppo desidera, però, è morire, ma Tsukio si rifiuta di ucciderla senza motivo. Come è tipico del primo Wakamatsu, gli schemi sono quelli del genere pinku eiga, in termini di durata e di moderata esposizione di nudità femminili, ma i contenuti escono da qualsiasi steccato o stereotipo. Per molti il film-manifesto del primo periodo del regista nipponico, Su su, per la seconda volta vergine condensa, in un’ora abbondante di disagio palpabile, il sottile mix di esistenzialismo avant e fascinazione per le tematiche di sesso brutale e violenza efferata alla base del lato più oscuro della nouvelle vague giapponese. L’amore è lontano mille miglia, un miraggio che per un attimo sembra concretizzarsi negli sguardi dei due protagonisti, martiri e carnefici, emblema dell’impossibilità di un rapporto tra i sessi che sia paritario e reciprocamente soddisfacente. Rabbia e nichilismo che esplodono in sete di vendetta di fronte alla bestialità del (resto del)l’umanità, preda di un istinto sessuale insaziabile e perverso tanto nelle giovani generazioni (i teppisti tossici che si aggirano per il condominio in cui il film è ambientato) che nelle precedenti (gli scambisti bestiali che abusano di Tsukio). Violenza chiama violenza in un anno zero post-apocalittico che in fondo poco ha a che fare con la sua epoca di speranze (il ’68 appena trascorso) mentre molto strettamente si lega al DNA post-atomico giapponese; tutt’altro che casuale il legame con il lato più oscuro dell’era-hippie evidenziato dall’apparizione sulfurea di Roman Polanski e Sharon Tate tra le pagine di un manga. Non è un’esagerazione definire il primo Wakamatsu Koji – e in particolare Su su, per la seconda volta vergine – come il precursore dei Noriko’s Dinner Table o dei This World of Ours che portano all’estremo il messaggio di Wakamatsu nel fosco terzo millennio del Sol Levante. Al resto ci pensano musiche suggestive, tra tradizione jazz e coraggioso sperimentalismo, e l’uso del contrasto tra bianco e nero e colore, esasperazione visiva della voglia di morte di Tsukio e del sangue come sola traccia di vita (che se ne va) tra corpi e animi vuoti, consegnati alla morte. Fulminea comparsata per un giovanissimo Takeshi Kitano.
Un film di Kôji Wakamatsu. Con Hatsuo Yamane, Miharu Shima Titolo originale Taji Ga Mitsuryo Suru Toki. Psicologico, b/n durata 72 min. – Giappone 1966. MYMONETRO Embrione valutazione media: 3,17 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Una commessa viene sedotta dal proprietario del grande magazzino dove lavora. L’uomo la porta in un appartamento semivuoto dove la tiene prigioniera e la sottopone a sevizie e brutalità, spinto da una psicosi che gli impedisce di avere rapporti normali con qualsiasi donna, comprese l’ex-moglie e la defunta madre. Vol. II della serie “Violence movies”. Più violento che mai, Wakamatsu è all’acme della sua visionarietà, riuscendo in un connubio tra sadismo e poesia che a parole sarebbe difficile spiegare. Disturba, e non poco, più perché spinge ad inquietanti riflessioni che non perché disgusti.
Il titolo originale anticipa la trama: Cronache dell’armata rossa unita – La strada verso il capanno del Monte Asama . Koji tratteggia e contestualizza la storia della costituzione del movimento politico comunista nipponico sul finire degli anni ’60. Un periodo non facile di ricostruzione interna per un paese devastato dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, in cui i movimenti studenteschi si fanno promotori di un sentimento di disagio e di necessaria rivalutazione degli accordi tra USA e Giappone. La 1ª ora riepiloga i 10 anni che precedono la fondazione dell’URA ( l’Armata Rossa Unita), con un montaggio che alterna estratti video dell’epoca degli scontri tra manifestanti e polizia a intermezzi di finzione con i personaggi che saranno protagonisti della 2ª parte. Potente denuncia della progressiva “tragedia di una scheggia impazzita del movimento rivoluzionario giapponese che si autocannibalizza fino all’estinzione” (Silvestri): una lunga carrellata su giovanissimi che si sacrificano, inutilmente, in nome di una distorta visione della purezza ideologica che, da loro, pretendeva autopunizione fino alla morte.
1940. Durante la Seconda guerra sino-giapponese, il tenente Kadokawa è riportato a casa mutilato, sordomuto e ustionato in volto. La moglie Shigeko dovrà imparare a convivere con quel che resta di un eroe. Dal romanzo (1929) di Edogawa – Imomushi , in giapponese Il bruco – è una intensa e tremenda riflessione sull’insuccesso della politica marziale imperialista nipponica della prima metà del secolo scorso. Il protagonista, Tadashi, congedato con tanto di medaglie al valore e riconoscimenti sui giornali, dichiarato “Dio della guerra”, è un torso d’uomo cui mostrare riverenza al solo passaggio. Shigeko è lasciata da sola a confrontarsi con l’orrore della guerra e di un marito distrutto nel corpo e nell’anima. Ma la realtà che affiora è ben diversa: lei è l’unica a conoscerlo da prima della guerra, la sola ad aver subito le sue violenze domestiche e il suo machismo patriarcale e sfoga finalmente su di lui i suoi impulsi vendicativi. La Terajima premiata alla Berlinale come miglior attrice.
25/11 Il giorno dell’autodeterminazione – Mishima e i giovani-11・25自決の日 三島由紀夫と若者たち (11.25 Jiketsu no Hi: Mishima Yukio to Wakamonotachi) è un film del 2012 diretto da Kōji Wakamatsu. Il film ha partecipato alla sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes 2012
Gli ultimi anni di vita di Yukio Mishima (Arata Iura), figura chiave della cultura giapponese del Novecento, dalla fondazione del gruppo paramilitare Tatenokai (Associazione degli Scudi) nel 1968 al suicidio rituale compiuto nel Ministero della Difesa giapponese il 25 novembre 1970.
Wilhelm compie un viaggio attraverso la Germania meridionale e durante il tragitto incontra molti personaggi che lo ispirano per un libro che intende scrivere. Fare lo scrittore sarebbe il suo più grande desiderio. Siamo agli albori del cinema di Wenders, che è aiutato alla sceneggiatura dall’amico scrittore Peter Handke. C’è qualche ingenuità, ma anche un’originale forma espressiva che avrebbe dato maggiori frutti in seguito. È l’esordio al cinema per Nastassja Kinski, accreditata col suo cognome originario.
Siamo in Inghilterra durante la seconda guerra mondiale. La signora Miniver è un’intrepida madre di famiglia che in assenza del figlio soldato e poi anche del marito si arrabatta per la sopravvivenza, sotto i bombardamenti, dei figli e della nuora.
Questa seconda miniserie combina i due romanzi cronologicamente successivi al celeberrimo Dune di Frank Herbert: Messia di Dune e I figli di Dune. Conserva la suddivisione in tre episodi della precedente miniserie ma, approfittando del fatto che il romanzo Messia di Dune è lungo circa un terzo sia di Dune che de I Figli di Dune, si suddivide in realtà in due parti ben distinte. Il primo episodio copre le vicende narrate nel Messia, cioè fino alla nascita dei gemelli Atreides (Leto II e Ghanima); il secondo e il terzo episodio sono da considerarsi un unicum simile alla miniserie precedente, e coprono le vicende di Leto
Paul Kersey è un architetto cui alcuni balordi, penetrati nella sua abitazione, uccidono la moglie e violentano la figlia. Nell’animo dell’uomo esploderà un furore vendicativo che si rivolgerà verso chiunque ai suoi occhi rappresenti un pericolo per la società. Prende l’abitudine di girare armato in luoghi pericolosi e nel cuore della notte. Non gli è difficile fare brutti incontri, che risolverà quasi sempre uccidendo chi tenta di rapinarlo o importunarlo. La polizia è sulle sue tracce, non per fini di giustizia, ma per una mal riposta inaccettabilità del sovvertimento dei ruoli. Ma Paul Kersey riuscirà a eludere il pericolo di essere arrestato e si trasferirà in un’altra località, dove potrà proseguire la sua discutibile opera di giustizia. Campione di incassi e di quella che viene definita la maggioranza silenziosa.
A partire dall’omicidio di una ragazza da parte di un adolescente, Edward Yang costruisce un film corale, ricco di storie e personaggi, ambientato nel passato taiwanese.
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