Category: 4.10/4.19


Casco d'oro - Film (1952) - MYmovies.itUn film di Jacques Becker. Con Simone SignoretSerge ReggianiJean-Claude DauphinGaston Modot Titolo originale Casque d’orDrammaticoRatings: Kids+16, b/n durata 96 min. – Francia 1952MYMONETRO Casco d’oro * * * * - valutazione media: 4,13 su 8 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

È uno dei più bei film di Becker. Ambientato nella Parigi di fine Ottocento fra lotte di bande rivali e balli popolari, Casco d’oro è la storia di due amanti senza speranza. Il falegname Manda si innamora di Maria, Casco d’oro, già legata a uno scassinatore, Rolando il Bello, ed insidiata dal capobanda Leca.

Casque d'Or (1952) on IMDb

Risultati immagini per Fratello, dove sei?Un film di Joel Coen, Ethan Coen. Con George Clooney, John Turturro, Tim Blake Nelson, John Goodman, Holly Hunter. Titolo originale O Brother, Where Art Thou?. Avventura, Ratings: Kids+13, durata 110 min. – USA 2000. MYMONETRO Fratello, dove sei? * * * * - valutazione media: 4,18 su 58 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

È un evento, anzi, l’evento. Infatti attribuisco a questo film cinque stelle, la massima valutazione. Non lo facevo da ventun anni, da Apocalypse Now. Non ci credevo più. “Fratello” contiene tutto ciò che fa il capolavoro: storia, regia importante e non visibile, attori, discrezione e leggerezza, il supporto, anche furbo, della musica (country), e finalmente non violenza, ottimismo ragionevole, e il sospetto che si possa ancora star bene. E poi la scrittura, l’intelligenza e l’ironia, e la misura migliore di tutto, e tutto esposto semplicemente, così come i grandi temi, desunti da piccole storie. E dunque si esce dalla sala e si ha la sensazione che in giro ci sia del buono e puoi trovarlo se cerchi e ti comporti bene. Nei titoli viene spiegato che l’ispirazione è l’ Odissea. Tre galeotti (ma erano dentro per piccole cose) evadono.Sono Ulisse Everett (Clooney), Delmar (Nelson) e Pete (Turturro), incontrano un vecchio cieco che prevede che la loro ricerca (un bottino nascosto) finirà quando vedranno una mucca su un tetto. Incontrano un gruppo di fedeli che si battezzano in un fiume; un nero che ha venduto l’anima al diavolo per suonare la chitarra; poi incidono una canzone – cantano benissimo – su un disco rudimentale. Partecipano a una rapina col gangster pazzo Faccia d’angelo, si fanno derubare da un venditore di bibbie. Sconvolgono una manifestazione del Ku Klux Klan. Cedono alla seduzione di tre sirene canterine. Sono coinvolti nella campagna elettorale del solito disonesto politicante. Alla fine Ulisse ritrova l’ex moglie, Penelope (e le sei figlie), che si stava sposando con un altro… uno dei Proci. Vengono ripresi dalle guardie che li hanno sempre inseguiti, stanno per essere impiccati, ma si salvano perchè la valle viene sommersa dal fiume, per via di una centrale elettrica che tutto trasformerà. Ed ecco la famosa mucca sul tetto. Nel frattempo erano all’oscuro dell’enorme successo del loro disco: I’m A Man of Constant Sorrow. Sì, va tutto a posto. E così il chiacchierone Ulisse-Clooney ha spiegato l’America della depressione, la vita, la speranza, la stupidità, e anche l’essenza, che forse è semplicemente una bella famiglia, magari con qualche amico sincero. Metafore precise, chiare e pulite, legate al passato e anche al presente di quel Paese. E mille citazioni: da Furore a Nick Manofredda a Gangster’s story a Nascita di una nazione. I tre protagonisti sono di una bravura impressionante, e dunque i Coen sono anche direttori d’attori. Ribadisco: le cinque stelle risalgono al 1979. Da tanto tempo davvero non si faceva un film così.

O Brother, Where Art Thou? (2000) on IMDb

Risultati immagini per ViridianaUn film di Luis Buñuel. Con Francisco Rabal, Fernando Rey, Silvia Pinal, Victoria Zinny Drammatico, b/n durata 91′ min. – Spagna 1961. MYMONETRO Viridiana * * * * - valutazione media: 4,19 su 12 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Bella orfana, decisa a farsi suora, è ospitata in casa di un ricco zio che, dopo aver cercato di usarle violenza, s’impicca. Erede del suo castello, si dedica a opere di carità cristiana, ma è derisa dai suoi beneficiati. 1° film girato in Spagna da Buñuel dopo 30 anni d’esilio, ebbe la Palma d’oro a Cannes ex aequo con L’inverno ti farà tornare di H. Colpi, fu proibito in Spagna, attaccato dal Vaticano come “insulto alla religione cristiana”, specialmente per la scena blasfema dell'”ultima cena”, modellata su quella di Leonardo. Nonostante la sua innegabile carica eversiva, non è un film a tesi, ma un racconto di schema melodrammatico, ai limiti del romanzo d’appendice, dove i tipici temi privati buñueliani (religione, erotismo, feticismo, masochismo, movimenti dell’inconscio) s’innestano sul fondo sociale della vecchia proprietà terriera in decadenza cui succede una borghesia più efficiente. Scritto da Buñuel con Julio Alejandro de Castro. Händel (Il Messia), Beethoven (Sinfonia N. 9) e Mozart (Requiem) nella colonna musicale.

Viridiana (1961) on IMDb

Il dottor Zivago - Film (1965)Un film di David Lean. Con Omar Sharif, Julie Christie, Geraldine Chaplin, Rod Steiger, Alec Guinness. Titolo originale Doctor Zhivago. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 192′ min. – USA, Italia 1965. MYMONETRO Il dottor Zivago * * * * - valutazione media: 4,16 su 35 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Durante la prima guerra mondiale Yurij Andrèevic Živago (Sharif), medico e poeta sposato con la cugina Tonja (Chaplin), si innamora al fronte della crocerossina Lara Antipov (Christie). Nel 1917, scoppiata la rivoluzione bolscevica, si rifugia con moglie e figlio in un villaggio degli Urali dove incontra di nuovo Lara e ne diventa l’amante. La guerra civile li separa per due anni. Mentre Tonja con due figli è riparata all’estero, Živago si ricongiunge con Lara, ma le vicende politiche li dividono ancora. Muore a Mosca, povero e solo. Prodotto da Carlo Ponti e dallo stesso regista, girato in Spagna, Finlandia e Canada, è tratto dall’omonimo romanzo che a Boris Leonidovič Pasternak, scrittore russo di origine ebraica, valse una notorietà internazionale e il Nobel per la letteratura nel 1958. Pubblicato per la 1ª volta in Italia nel 1957 dall’editore Feltrinelli (31 edizioni entro il dicembre 1958), suscitò una dura reazione da parte della critica di regime, fu diffuso clandestinamente nell’URSS, gli costò l’espulsione dall’Unione degli scrittori e la forzata rinuncia al Nobel. Adattato e sfrondato dall’inglese Robert Bolt, il film di D. Lean, grande accademico della regia, è gonfio, inamidato e inerte, con la neve in Panavision al posto della sabbia di Lawrence d’Arabia. Da guardare con ammirazione, specialmente nei campi lunghi e lunghissimi e nelle scene di massa, ma non da ascoltare quando la cinepresa si avvicina ai personaggi. L’avere privilegiato in modo quasi svergognato la dimensione sentimentale, a scapito degli altri aspetti del romanzo, è il suo irrimediabile limite, ma spiega perché ha fatto piangere milioni di spettatori, compresi i soci dell’Academy. Famose e sciroppose le musiche del francese Maurice Jarre (più che un Leitmotiv, il “tema di Lara” è un tormentone), premiate con 1 Oscar insieme con sceneggiatura, fotografia (Frederick A. Young), scenografia e arredamento (Dario Simoni, John Box e Terry Marsh) e costumi (Phyllis Dalton)

Doctor Zhivago (1965) on IMDb

Locandina AmourUn film di Michael Haneke. Con Isabelle Huppert, Jean-Louis Trintignant, Emmanuelle Riva, Rita Blanco, Laurent Capelluto. Titolo originale Amour. Drammatico, durata 127 min. – Francia, Austria, Germania 2012. – Teodora Film uscita giovedì 25 ottobre 2012. MYMONETRO Amour * * * * - valutazione media: 4,11 su 89 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Anne e Georges hanno tanti anni e un pianoforte per accompagnare il loro tempo, speso in letture e concerti. Insegnanti di musica in pensione, conducono una vita serena, interrotta soltanto dalla visita di un vecchio allievo o della figlia Eva, una musicista che vive all’estero con la famiglia. Un ictus improvvisamente colpisce Anne e collassa la loro vita. Paralizzata e umiliata dall’infarto cerebrale, la donna dipende interamente dal marito, che affronta con coraggio la sua disabilità. Assistito tre volte a settimana da un’infermiera, Georges non smette di amare e di lottare, sopportando le conseguenze affettive ed esistenziali della malattia. Malattia che degenera consumando giorno dopo giorno il corpo di Anne e la sua dignità. Spetterà a Georges accompagnarla al loro ‘ultimo concerto’.
“Diventare vecchi è insopportabile e umiliante” scrive Philip Roth in “Everyman”, uno dei suoi romanzi più dolenti e implacabili intorno alla senilità e alla malattia, argomenti temuti e tenuti ai margini del discorso pubblico. Ci voleva un regista rigoroso come Michael Haneke per contemplarli, mettendo in scena una coppia di ottuagenari che guarda in maniera diretta la propria estinzione. E diretto e frontale è pure lo sguardo di Haneke, che ‘infartuando’ la sua protagonista introduce nella sua vita un senso di precarietà e un destino cinico, che non si accontenta di farti invecchiare, soffrire e morire, prima della tua dipartita si porta via i tuoi amici, quelli che amavi, quelli che conoscevi, quelli che frequentavi, costringendoti all’ennesimo funerale.
Una cerimonia funebre quasi sempre artificiosa e balzana come quella che Georges racconta ad Anne, esorcizzando la morte e ingaggiando con l’oblio uno scontro penoso. Nei sogni ad occhi aperti, Anne e Georges vorrebbero ‘vivere’ di nuovo, riavere tutto daccapo, guardando foto in bianco e nero o suonando un pianoforte accordato alla maniera della loro relazione. Ma è un attimo, non si fanno certo illusioni i personaggi interpretati da Jean-Louis Trintignant e Emmanuelle Riva, la cui bellezza il tempo ha oltraggiato. I loro corpi, che hanno condiviso e abitato i ‘colori’ di Kieslowski, si arrendono in Amour a ogni sofferenza e al più irrevocabile declino in un crescendo di convalescenze e (ri)cadute.
Non risparmia niente Haneke allo spettatore, accomodato in sala nell’incipit del film e risvegliato nel progredire dell’affezione dalle “cose ovvie, altrimenti indiscusse”. La vecchiaia è un massacro e la malattia si fa beffa dell’ansia di durare con una precisione assoluta, terrificante, invisibile ma visibile nei suoi effetti. Haneke procede e approfondisce la critica a una struttura sociale ipocrita, che non ha il senso della realtà e del coraggio e persevera nel contemplare la ‘senescenza’ come tempo della pace e stagione dei ricordi sereni. Il male, che nel villaggio dei dannati nella Germania de Il nastro bianco cresceva dentro il corpo della comunità, in Amour consuma adesso il corpo di Anne, ingolfandola fino a ‘spegnerla’. Impietosa e severa, la violenza della malattia è raddoppiata dalla geometrica prigione dei movimenti di macchina e da uno stile di inarrivabile crudeltà. Unica concessione per Haneke è l’amore, l’amore del titolo, consentito insieme alla disperazione, alla rabbia e alla ribellione.
Questa volta non c’è niente da nascondere e l’etica raggelante dell’autore austriaco prevede una via d’uscita dopo aver scavato con le unghie nel dramma sostanziale dell’essere umano, dopo aver centrato la corporeità dell’esperienza della vita. A riempire nell’epilogo il vuoto di Anne e Georges resta soltanto il pieno della Eva di Isabelle Huppert, ultima espressione nel film dell’essere in vita.

Amour (2012) on IMDb

Locandina italiana Vincitori e vintiUn film di Stanley Kramer. Con Spencer Tracy, Burt Lancaster, Richard Widmark, Marlene Dietrich, Maximilian Schell. Titolo originale Judgement at Nuremberg. Drammatico, b/n durata 178′ min. – USA 1961. MYMONETRO Vincitori e vinti * * * * - valutazione media: 4,11 su 10 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Scritto da Abby Mann che adattò un suo teledramma, il film ricostruisce in chiave romanzesca il processo di Norimberga del 1948 contro i criminali di guerra nazisti. Questa verbosa maratona giudiziaria è, forse, il più compatto e armonioso film del produttore-regista Kramer, e un tipico frutto culturale della presidenza di J.F. Kennedy. Saggio di oratoria democratica ad alto livello, è affidato a un all star cast nel quale bisogna segnalare i brevi e intensi interventi di J. Garland e M. Clift. 8 nomination ai premi Oscar e 2 statuette, una per lo sceneggiatore Abby Mann e l’altra a M. Schell

Judgment at Nuremberg (1961) on IMDb

Regia di Christopher Nolan. Un film Da vedere 2000 con Guy PearceCarrie-Anne MossJoe PantolianoMark Boone JuniorRuss FegaCast completo Genere Thriller – USA2000durata 114 minuti. – MYmonetro 3,92 su 3 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Vittima di una rara malattia che non gli permette di ricordare quello che ha fatto, detto o visto negli ultimi quindici minuti, l’investigatore Leonard si propone di scoprire chi gli ha violentato e ucciso la moglie. Per riuscirci si organizza un complesso sistema di segnali: foto polaroid, appunti istantanei, tabelle geografiche, tatuaggi sul corpo. Virtuoso della sceneggiatura (tratta da un romanzo del fratello Jonathan) e della regia, il giovane inglese Nolan dipana la sua detective story a colpi di avanti e indietro temporali. In linea con il precedente Following (1998), è un film-scommessa, sorretto dall’energia nevrotica del protagonista Pearce. Esercizio stilistico che, a lungo andare, mostra la corda del formalismo? Inquietante favola in forma di destrutturato incubo mentale sulla labilità della memoria, dell’amore, dell’identità, della vendetta?

Memento (2000) on IMDb
Heimat 2 – Cronaca di una giovinezza - LongTake - La passione per il cinema  ha una nuova regia

Un film di Edgar Reitz. Con Henry Arnold, Salome Kammer, Franziska Traub, Daniel Smith, Peter Weiss. Titolo originale Die zweite Heimat – Chronik einer Jugend. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 25 h 32′ min. – Germania 1992. MYMONETRO Heimat 2 – Cronaca di una giovinezza * * * * - valutazione media: 4,17 su 7 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Saga composta di 13 film che attraversano l’intero arco degli anni ’60 e che, tolte poche escursioni, hanno come teatro dell’azione Monaco di Baviera. Come nella Recherche di Proust, il tempo di questa cronaca è sottoposto a continui cambi di velocità: accelerazioni, dilatazioni, ellissi, salti. S’impiegano 5 film, quasi 10 ore, per passare dal 1960 al 1962; l’azione del film n° 6 è chiusa nel giro del 21 novembre 1963, il giorno in cui a Dallas fu assassinato Kennedy; negli ultimi 3 si va dal 1968 al 1970 quando il giovane compositore Hermann Simon, punto focale di questa saga corale, torna al punto di partenza, il paese di Schabbach nell’Unsrück dal quale s’era staccato più di 10 anni prima. Die zweite Heimat _ la seconda patria, meglio: “matria” _ è la città, Monaco, patria di elezione per i personaggi, quasi tutti giovani, tutti figli, teatro della loro febbre di vivere, luogo di amicizie, studi, lavoro: musica soprattutto, ma anche letteratura, filosofia, cinema. Non è il seguito di Heimat, ma la sua filiazione:storia di una generazione e Bildungsroman, romanzo di formazione sotto il segno della morte. La contraddizione tra provincia e grande città è quasi ossessiva. Nei dialoghi s’insiste sull’equivalenza tra seconda patria e seconda nascita, sul ripudio della famiglia d’origine, sulla nozione di essere soltanto figli di sé stessi, quasi un’orgogliosa rivendicazione dei valori della cultura contro quelli della natura. Se la prima Heimat _ la provincia, l’Unsrück, tra il Reno e il Lussemburgo _ include il bisogno di stabilità e di radici, la seconda _ la città _ esprime la tensione verso la libertà che, però, è lacerante e ha qualcosa di provvisorio e d’incerto. Come lo stesso Reitz suggerisce, la riconciliazione tra bisogno di stabilità e desiderio utopico è un sogno utopico, e questo sogno è l’architrave tematico di Heimat 2. Dire che ciascuno dei 13 film ha una propria autonomia espressiva, e si può vedere e trarne emozioni e piaceri a prescindere dagli altri, è una mezza verità. Non è l’intrigo a far da traino, ma i personaggi e i loro conflitti: è la storia di personaggi che cambiano e crescono in un decennio. Pur avendo come destino il piccolo schermo, gli Heimat di Reitz sono 2 grandi eventi di cinema. Come il Kieslowski di Dekalog, il tedesco Reitz sa coniugare l’intensità con la semplicità, una puntigliosa progettazione e una grande libertà di esecuzione. Reinventa la funzione del primo piano (il volto come specchio dell’anima) e del materiale plastico, carica la sua scrittura di una forza inventiva. La sua vicinanza ai personaggi si alterna col distacco, frutto della lucidità di sguardo (talora impietosa, da entomologo) e di una distanza etica. La sua arte ha i movimenti del pudore: sa fermarsi davanti all’irrappresentabile, allontanarsi dall’impudicizia sentimentale, rifiutarsi alla pornografia estetizzante. In questa commedia umana alla Balzac dove la quotidianità assume cadenze ora epiche ora liriche c’è anche la presenza della Storia che salda il soggettivo al collettivo, la narrazione alla riflessione attraverso il filtro della memoria. Davanti a un film (un romanzo, un quadro) che amiamo bisognerebbe porsi, per prima o per ultima, la domanda di Hoffmanstahl: ma sta nella vita? Die zweite Heimat ci sta per intero.

Die zweite Heimat: Chronik einer Jugend (1992) on IMDb

Regia di Gene Saks. Un film Da vedere 1967 con Robert RedfordJane FondaCharles BoyerMildred NatwickMabel AlbertsonHerb EdelmanCast completo Titolo originale: Barefoot in the Park. Genere Commedia – USA1967durata 105 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +16 – MYmonetro 4,10 su 2 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

A causa della suocera e di un intraprendente vicino di casa, due freschi sposini cominciano a litigare. La riconciliazione avviene nel parco. È lui quello a piedi nudi. La divertente e tenera commedia di Neil Simon, grande successo di Broadway, passa senza danni sullo schermo. Redford meglio della Fonda. Meglio di tutti la Natwick come mammà.

Barefoot in the Park (1967) on IMDb

Poster Quo vadis? [2]Un film di Mervyn LeRoy. Con Robert Taylor, Deborah Kerr, Peter Ustinov, Leo Genn, Patricia Laffan. Titolo originale Quo Vadis. Storico, durata 171′ min. – USA 1951. MYMONETRO Quo vadis? [2] * * * * - valutazione media: 4,10 su 27 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Dal romanzo (1894-96) di Henryk Sienkiewicz, premio Nobel 1905. A Roma, sotto Nerone (37-68 d.C.) imperatore, la persecuzione dei cristiani infuria. Tornato dalla Gallia, il patrizio Marco Vinicio s’innamora della cristiana Licia, si converte e, grazie a Ursus, riesce a salvare l’amata e a salvarsi. Quasi 3 ore di noia monumentale con frammenti di istrionismo ben temperato (Ustinov/Nerone), una magniloquente colonna musicale di Miklos Rosza, una smagliante fotografia di Robert Surtees e William V. Skall. Targato M-G-M, fu il 1° dei colossi storici hollywoodiani girati dopo la guerra a Roma. Scene e costumi furono riutilizzati per Giulio Cesare (1953) di Mankiewicz. 7 candidature agli Oscar, nemmeno una statuetta. View full article »