Un film di George Stevens. Con Rock Hudson, Elizabeth Taylor, Mercedes McCambridge, Carroll Baker, James Dean. Titolo originale Giant. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 201′ min. – USA 1956. MYMONETRO Il gigante valutazione media: 3,84 su 21 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Bick Benedict, barone del bestiame del Texas, sposa Leslie Lynnton, bella e ricca ragazza del Maryland. Jett Rink, bracciante innamorato senza speranza di Leslie, scopre il petrolio in un terreno ereditato. Molti anni dopo, per prendersi una rivincita, Jett, ormai ricchissimo, corteggia una giovane Benedict. Da un romanzo di Edna Ferber un Via col vento alla texana. Saga familiare, affresco storico-sociale, melodramma con tanti temi al fuoco: razzismo, matrimoni misti, bigottismo, conflitti tra generazioni, ossessioni psicoanalitiche. Dean ruba il film alla coppia Hudson-Taylor e ha almeno due scene memorabili. 10 nomination e un Oscar per la regia. Scritto da Fred Guiol e Ivan Moffat. Ultimo film di Dean, morto in un incidente d’auto poco prima che le riprese fossero finite.
Category: 3.80/3.89
Un film di Gianni Amelio. Con Jacques Gamblin, Catherine Sola, Maya Sansa, Denis Podalydès, Ulla Baugué. Titolo originale Le premier homme. Drammatico, durata 98 min. – Italia, Francia, Algeria 2011. – 01 Distribution uscita venerdì 20 aprile 2012. MYMONETRO Il primo uomo valutazione media: 3,87 su 48 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Lo scrittore Jean Cormery torna nella sua patria d’origine, l’Algeria, per perorare la sua idea di un paese in cui musulmani e francesi possano vivere in armonia come nativi della stessa terra. Ma negli anni ’50 la questione algerina però è ben lontana dal risolversi in maniera pacifica. L’uomo approfitta del viaggio per ritrovare sua madre e rivivere la sua giovinezza in un paese difficile ma solare. Insieme a lui lo spettatore ripercorre dunque le vicende dolorose di un bambino il cui padre è morto durante la Prima Guerra Mondiale, la cui famiglia poverissima è retta da una nonna arcigna e dispotica. Gli anni ’20 sono però per il piccolo Jean il momento della formazione, delle scelte più difficili, come quella di voler continuare a studiare nonostante tutte le difficoltà. Tornato a trovare il professor Bernard, l’insegnante che lo ha aiutato e sorretto, il Cormery ormai adulto ascolta ancora una volta la frase che ha segnato la sua vita: “Ogni bambino contiene già i germi dell’uomo che diventerà”.
Senza mezzi termini il miglior film di Gianni Amelio almeno dai tempi de Il ladro di bambini. Adattamento del romanzo di Albert Camus, Il primo uomo ripercorre a ritroso le vicende di un personaggio straordinario, silenzioso e deciso, che ricerca nel proprio passato anche doloroso le convinzioni che lo hanno portato ad essere ciò che è nel presente. Lo stile del regista è come sempre asciutto ed elegante, evita inutili infarcimenti estetici e si concentra sulla pulizia e sull’efficacia dell’inquadratura. Ogni primo piano su volti segnati dalla loro vicenda personale è preciso, giustificato, emozionante. In questo lo supporta alla perfezione la fotografia accurata ma mai espressionista di Yves Cape, tornato con questo lungometraggio ai livelli altissimi che gli competono. Anche la sceneggiatura alterna i piani temporali costruendo un equilibrio narrativo basato sulla vita interiore del personaggio principale, un’architettura narrativa complessa e sfaccettata che funziona a meraviglia. Poi ovviamente ci sono gli attori, tutti in stato di grazia. Jacques Gamblin possiede la malinconia e insieme il carisma necessari per sintetizzare al meglio l’anima di una figura complessa come Jean Colmery. Accanto a lui una schiera di volti che regalano dignità e verità a tutte le parti, anche le più piccole: su tutti vale la pena citare una sontuosa Catherine Sola nelle vesti della madre di Jean, interpretata in gioventù dalla brava Maya Sansa.
Un’opera raffinata e umanissima, in grado di rivendicare l’importanza della memoria non solo personale ma collettiva, una memoria che deve essere adoperata come strumento d’indagine delle contraddizioni del presente. Sotto questo punto di vista quindi un film che guarda al passato per farsi attuale e necessario. Cinema di qualità estetica elevata e d’importanza civile. Da applauso.
Regia di James Ivory. Un film Da vedere 1987 con Denholm Elliott, Hugh Grant, James Wilby, Helena Bonham Carter, Rupert Graves. Cast completoTitolo originale: Maurice. Genere Drammatico – Gran Bretagna, 1987, durata 140 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: V.M. 14 – MYmonetro 3,86 su 10 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.
Dal romanzo (postumo) di E.M. Forster. Due compagni di università si innamorano tra di loro. Dopo la scuola, uno, timoroso della dura morale vittoriana, si sposa e cerca di dimenticare il suo passato omosessuale. Per l’altro è più difficile. Dopo essersi tormentato a lungo, finisce per accettare la propria identità sessuale. Ivory soddisfa la sua ambizione di portare in cinema il romanzo “proibito” di Forster, ma la tematica ormai suona un tantino scontata (dopo molti film sull’argomento).
Un film di Sergio Citti. Con Franco Citti, Ninetto Davoli, Roberto Benigni, Olimpia Carlisi, Giorgio Gaber. Commedia, durata 104′ min. – Italia 1981. MYMONETRO Il minestrone valutazione media: 3,88 su 12 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Due pellegrini affamati partono da Roma verso il Nord, attraverso la campagna; lungo la strada altri si aggiungono a loro, ciascuno diverso dall’altro, ma accomunati dal bisogno di cibo. Scritta con Vincenzo Cerami, è una fiaba comico-poetica, dominata dallo sguardo dal basso del suo autore: distaccato, affettuoso, semplice eppur misteriosamente trasfiguratore. È lo sguardo di un anarchico epicureo che guarda il mondo come se per istinto (o antica saggezza?) sapesse già tutto. Qualche squilibrio: il film per le sale è la riduzione di un’edizione per la TV di 3 puntate.
Un film di Tonino Valerii. Con Henry Fonda, Piero Lulli, Terence Hill, Jean Martin, Benito Stefanelli. Western, durata 108′ min. – Italia 1973. MYMONETRO Il mio nome è nessuno valutazione media: 3,89 su 28 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
1899: un celebre pistolero, ormai vecchio, decide di lasciare il West e partire per l’Europa. Incontra un giovanotto che lo ammira e gli si mette alle costole, costringendolo a un’ultima, memorabile impresa… È un proseguimento ideale dei Trinità (manca Bud Spencer) e per molti versi è meglio dei suoi “genitori”: la contrapposizione Hill-Fonda è un’invenzione furbesca che tiene in piedi un western allegro e divertente. Ideato e prodotto da Sergio Leone.
Un film di François Truffaut. Con Jeanne Moreau, Oskar Werner, Henri Serre, Vanna Urbino, Boris Bassiak. Titolo originale Jules et Jim. Drammatico, Ratings: Kids+16, b/n durata 100 min. – Francia 1962. MYMONETRO Jules e Jim valutazione media: 3,88 su 35 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Dal romanzo di Henri-Pierre Roché. Parigi 1907. Jules, francese, e Jim, austriaco, sono molto amici. Conoscono Catherine, ambigua, affascinante, imprevedibile. I tre diventano inseparabili. Il sentimento si evolve. A tre. Catherine sposa Jim e diventa amante di Jules. Le cose sembrano funzionare. Scoppia la guerra e i due si devono separare. Ma anche da lontano il collante Catherine funziona. I tre continuano a vivere quel legame. Finita la guerra la donna tenta la ricomposizione. Ma le cose sono cambiate, Jules ha ceduto, ha un’altra, addirittura. Uno dei manifesti della Nouvelle Vague e della trasgressione femminile. La donna conduce sempre la situazione, è lei al centro del sistema e si permette tutto. Passeggia con i suoi due uomini vestita da uomo, coi baffi. La Moreau, che canta la canzone Le tourbillon, divenne uno dei grandi segnali della mitologia femminile di quel decennio. Nel 2002 Jules e Jim è stato ridistribuito nel circuito delle sale, con grande promozione.Davvero un’iniziativa inconsueta, che ha riguardato pochissimi titoli. La riproposta è servita a capire che il film è un magnifico esercizio grafico che ha smarrito quasi tutta la linfa vitale e la realtà. Catherine è un disegno, una proposta letteraria valida in quel momento. Il disegno è sbiadito, la letteratura manca della fase introspettiva, che rimane nel libro e lo rende un po’ più credibile del film. Il tempo ha davvero giocato contro. Jules e Jim rimane soprattutto un riferimento di studio, di accademia, di nostalgia. Emerge la tendenza francese dell’originalità a oltranza, dell’imprevedibilità a tutti i costi, del terrore di essere normali. La Moreau fu personaggio antipatico, magari odioso ai non trasgressivi. Ma un’eroina.
Un film di Frank Capra. Con Gary Cooper, Jean Arthur Titolo originale Mr. Deeds Goes to Town. Commedia, b/n durata 118′ min. – USA 1936. MYMONETRO È arrivata la felicità valutazione media: 3,88 su 7 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Dal racconto Opera Hat di Clarence Budington Kelland. Un giovanotto di provincia eredita venti milioni di dollari, si trasferisce in città, decide di distribuirli ai poveri. I parenti cercano di farlo passare per matto. Una delle più classiche commedie di Capra, quella che gli fece vincere il 2° Oscar per la regia e l’unica in cui la lieta fine sembra completamente logica. Grazie a un’impeccabile sceneggiatura di Robert Riskin, questa favola da boy-scout non diventa una predica e non perde mai il suo swing. Una delle più divertenti scene di tribunale di tutto il cinema americano con un Cooper perfetto. Fece diventare di uso comune il termine “picchiatello” (pixilated).
Un film di Ron Howard. Con Chris Hemsworth, Daniel Brühl, Olivia Wilde, Alexandra Maria Lara, Pierfrancesco Favino. Titolo originale Rush. Sportivo, durata 123 min. – USA, Gran Bretagna, Germania 2013. – 01 Distribution uscita giovedì 19 settembre 2013. MYMONETRO Rush valutazione media: 3,81 su 107 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
L’austriaco Niki Lauda e l’inglese James Hunt s’incontrano per la prima volta sui circuiti di Formula 3. Uno è metodico, razionale, non particolarmente simpatico; l’altro è un playboy, che si gode la vita e corre come se non ci fosse un domani. La loro rivalità diverrà storica e segnerà una stagione incredibile della Formula 1, fatta di drammi indelebili e miracolose riprese.
Come spesso accade con il miglior cinema classico americano, è il contributo delle parti a fare il tutto, ma è un tutto che poi si presenta compatto e coerente, non più smontabile e perfettamente aerodinamico, per restare in tema. La sceneggiatura di Peter Morgan è buona, ma non garantirebbe il risultato se non ci fossero le sfumature portate dagli attori, i loro sguardi, le loro ombre: un capitale che in questo lavoro pesa moltissimo, responsabile del mistero umano dietro i fatti storici e mediatici, che il copione da solo non arriva a disegnare, nemmeno laddove si arrischia in territori arditi e scivolosi, come la chiosa esplicita o la conclusione letteraria. Scrittura e interpretazione, a loro volta, non sarebbero sufficienti se non si combinassero con il lavoro ispirato di scenografi e costumisti, con una produzione europea di grande rispetto (già meritoria del documentario Senna di Asif Kapadia) e soprattutto con una regia in qualche modo “profana” come questa. L’estraneità di Ron Howard al mondo della Formula 1, infatti, che fino ad ora non rientrava nei suoi interessi né nelle sue conoscenze, è probabilmente il quid che suggella la combinazione ottimale delle parti nella confezione del tutto.
Evidentemente incapace di affezionarsi al dettaglio meccanico così come alla passione propriamente sportiva, elementi comunque interni e organici alla vicenda, Howard evita in un sol colpo ogni pit stop a rischio di retorica, concentrandosi solo e soltanto sul vampirismo reciproco tra i “duellanti” in gara e realizzando uno dei suoi film migliori, vivace, pulito, lanciato dritto alla meta.
Sexy e dannati come rockstars, novelli Icaro con una bara ambulante al posto delle ali -per assaporare l’ebbrezza del volo (James “Thor” Hunt) o sfidare il demiurgo sul terreno stesso della creazione (Lauda si occupava personalmente delle migliorìe alla vettura)-, Hunt e Lauda servono al regista come Caino e Abele, archetipi di una doppiezza in cui i termini si definiscono solo reciprocamente, per contrasto, ma anche per narrare con i mezzi dell’oggi la storia di un passato che non c’è più, dove l’individuo era ancora al centro della pista ed era il suo carisma o il suo capriccio a decidere la gara, non lo sponsor né la dittatura della televisione.
Un film di Elia Kazan. Con James Dean, Julie Harris, Raymond Massey, Burl Ives, Jo Van Fleet. Titolo originale East of Eden. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 115′ min. – USA 1955. MYMONETRO La valle dell’Eden valutazione media: 3,88 su 11 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
California 1917: Cal, figlio disamato di Adam, si ribella al padre severo, rivaleggia col fratello Aron e scopre che la madre, creduta morta, dirige un bordello. Da una parte del romanzo East of Eden (1952) di John Steinbeck, adattato da Paul Osborne, è una parafrasi (o un’interpretazione?) in chiave psicanalitica della storia di Caino e Abele dove il primo non è malvagio, ma disperato e cerca di trovare nell’amore la salvezza. 1° film a colori di Kazan e il suo 1° in Cinemascope (genialmente usato) e da lui prodotto. È anche il 1° film di Dean protagonista e rimane tuttora soprattutto come il suo ritratto. Oscar a J. Van Fleet nella parte della madre.
Un film di John Landis. Con Dan Aykroyd, Chevy Chase, Steve Forrest, Donna Dixon, Bob Hope. Titolo originale Spies Like us. Commedia, Ratings: Kids+13, durata 109′ min. – USA 1985. MYMONETRO Spie come noi valutazione media: 3,86 su 7 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Due agenti americani, Austin ed Emmett, vengono spediti come esca in Afghanistan per sventare i piani del controspionaggio sovietico. Spy-story, commedia, avventure, episodi bellici, fantapolitica, fantascienza spaziale sono tirati in ballo dal genio demenziale di J. Landis, già autore di Blues Brothers. Non è un capolavoro, ma è intelligente, divertente e utile. Fanno brevi apparizioni i registi Michael Apted, Costa-Gavras, Joel Coen, Martin Brest, Bob Swaim, Terry Gilliam e il vecchio capo dei trucchi Ray Harryhausen.
Regia di Dan Kwan, Daniel Scheinert. Un film Da vedere 2022 con Michelle Yeoh, Stephanie Hsu, Ke Huy Quan, James Hong, Jamie Lee Curtis. Cast completo Genere Azione, Avventura, Commedia, – USA, 2022, durata 139 minuti. Uscita cinema giovedì 6 ottobre 2022 distribuito da I Wonder Pictures. Oggi tra i film al cinema in 13 sale cinematografiche Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 3,87 su 19 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.
Evelyn e il marito Waymond sono cinesi americani con una tipica impresa di famiglia: una lavanderia a gettoni. Sono però indietro con le tasse e devono presentarsi presso l’ufficio della IRS con vari documenti che giustifichino la detrazione delle spese. Della famiglia fanno parte anche il nonno materno Gong Gong e la figlia Joy, che è in una relazione lesbica mal digerita dalla madre. Nell’ufficio di Evelyn la banalità della sua vita viene travolta da una sconcertante missione: il multiverso è in pericolo e la donna, assumendo in sé le capacità delle proprie varianti da altri mondi, deve cercare di arrestare una misteriosa entropia cosmica.
Un film di Quentin Tarantino. Con Uma Thurman, David Carradine, Daryl Hannah, Michael Madsen, Vivica A. Fox. Azione, durata 110 min. – USA 2003. MYMONETRO Kill Bill – Volume 1 valutazione media: 3,80 su 146 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
È tornato Quentin. La lunga e snervante attesa è finalmente finita ed il “suo” quarto film (o meglio la prima parte del suo quarto film) scorre sullo schermo. Già dai titoli di testa, i fan si tranquillizzano: l’elenco dei personaggi in stile lista della spesa, il primo piano del volto tumefatto dell’attrice con uno sparo e relativa dissolvenza in nero ci dimostrano che “colui che era conosciuto come genio” (da molti), è tornato brillante come un tempo.
Kill Bill è stancante, una piacevole fatica per lo spettatore che dovrebbe rivedere alcuni momenti in slowmotion o più volte per apprezzarli appieno. La struttura stessa del film, a episodi con continui flashback tra passato e presente disorienta e stordisce. Tarantino inonda letteralmente ogni scena di forma e contenuti: occhiali da sole disposti in ordinate file sul cruscotto d una macchina, aerei di plastica che volano su scene di cartapesta, tute gialle indossate da Bruce Lee, alluci mobili, occhi cerulei e tanto, tantissimo sangue. Kill Bill è un Helzapoppin. Ed il gusto per la battuta spiazzante, per l’umorismo cinico e beffardo è rimasta la stessa.
Se Jackie Brown voleva essere un omaggio al Blaxploitation, Kill Bill è exploitation puro e semplice. Quentin si circonda di un team che sa il fatto suo e spende parecchio: il risultato si vede. Non un’inquadratura fuori posto, non un movimento di camera infelice.Kill Bill, formalmente si avvicina alla perfezione. Gli anni hanno permesso di affinare una già ottima tecnica.
La brillantezza di Tarantino è palesemente dimostrata anche dall’attenzione che il regista-spettatore mostra verso le tendenze cinematografiche che hanno dimostrato maggiore dinamismo negli ultimi anni, in primis l’animazione. Vero e proprio film nel film, i venti minuti firmati I.G. Production, che raccontano la tragica infanzia di una delle future vittime della bionda protagonista, nella fattispecie la strabica Lucy Liu, killer della Yakuza, rappresentano una rara gemma di intensità emotiva e spessore drammaturgico. Le sequenze animate della casa nipponica, oltre ad essere un felicissimo esempio di contaminazione metacinamatografica, dimostrano inequivocabilmente la maturità raggiunta da un mezzo espressivo, troppo spesso bistrattato dal cinema “tradizionale”.
Una grande differenza rispetto alle passate produzioni si nota nella gestione degli attori da parte del regista. Le precedenti opere erano quadri corali in cui era difficile trovare un personaggio smaccatamente preponderante rispetto agli altri (ed infatti clamore suscitò ai tempi la decisione dell’Academy di candidare all’Oscar come attore protagonista Travolta e non protagonista Samuel L. Jackson per Pulp fiction, visto che la presenza sullo schermo era pressoché identica per spessore e minutaggio), in Kill Bill la Thurman, splendida e affascinanante, è in ogni inquadratura, in ogni scena, occupa da sola l’intero schermo e storia. Tarantino ha fatto bene ad aspettarla (il film trova tra le numerose cause del ritardo accumulato, la inaspettata gravidanza dell’attrice all’inizio delle riprese): Kill Bill segna la sua migliore performance di sempre. In ogni caso la presenza di nomi storici del cinema di serie B (ma dove?) come Sonny Chiba e Gordon Liu, nobilità e da spessore e sostanza ad un cast invero un po’atipico e non perfettamente amalgamato (basta con Lucy Liu!!!)
Straordinaria la colonna sonora che spazia da brani dance anni 70 a motivi tradizionali giapponesi, per finire in morbide ballate blues: il giro del mondo in una ventina di pezzi che vanno a comporre un quadro fecondo come quello che accompagnò Pulp Fiction dieci anni fa. Impossibile descrivere appieno il carico di significati alti e bassi che Kill Bill lascia alla libera interpretazione dello spettatore. Se è facile notare un collegamento tra il coma da cui si risveglia la protagonista ed il sonno creativo di Tarantino (entrambi hanno la stessa durata… 4 anni), più sottili sono i riferimenti estetici e filosofi ad una violenza che, pur brutale, assume connotati parodistici e cartooneschi.
Purtroppo però, come e forse più di altri film del regista, Kill Bill soffre in maniera drammatica di un difetto di non poco conto. È troppo lungo, anzi, troppo tirato per le lunghe e la durata di certi segmenti del film, specie la battaglia che porta al primo regolamento di conti (che in questa prima parte del film è l’ultimo in ordine temporale) stanca attori e spettatori. Intendiamoci, le coreografie e l’impatto scenico dei duelli ridicolizzano per intensità ed ferocia le laccate evoluzioni di Matrix et similia ma dopo venti minuti, la misura è colma. Evidentemente in fase di totale autocompiacimento, Tarantino allunga, distorce, plagia situazioni che potrebbero e dovrebbero risolversi con maggiore velocità. Il difetto,evidente, non nuoce però alla valutazione globale del film che de facto è agli stessi, alti livelli di Pulp Fiction. In effetti un altro difetto ci sarebbe: il dover aspettare altri quattro mesi per vedere la fine delle avventure della vendicatrice più determinata della storia del cinema. Ma questa è un’altra storia…
(Quasi) capolavoro.
Un film di Carlos Saura. Con Geraldine Chaplin, Aurora Julia, Conchita Perez Drammatico, durata 112 min. – Spagna 1975. valutazione media: 3,84su 5 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Anna, una donna sulla trentina, rievoca l’infanzia funestata da morti, incubi e nevrosi. A dieci anni, dopo la morte dell’amatissima madre, aveva tentato di uccidere il padre, non riuscendovi. Costui era poi morto d’infarto, e di Anna si era occupata una zia. Solo con la fine dell’adolescenza si era poi liberata delle sue angosce.
Regia di Hlynur Palmason. Un film Da vedere 2022 con Elliott Crosset Hove, Ingvar Eggert Sigurðsson, Victoria Carmen Sonne, Jacob Lohmann. Cast completo Titolo originale: Vanskabte Land. Genere Drammatico, – Danimarca, Islanda, Francia, Svezia, 2022, durata 143 minuti. Uscita cinema giovedì 5 gennaio 2023 distribuito da Movies Inspired. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 3,85 su 24 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.
Sul finire dell’Ottocento, l’Islanda è sotto il controllo danese. Al prete Lucas viene assegnato l’incarico di recarsi sull’isola, documentare con delle foto la vita degli abitanti locali e costruire una chiesa. Ma tra mari ostili e lunghi pellegrinaggi le condizioni sul suolo islandese si rivelano proibitive, e l’atmosfera inospitale. Ben presto la spedizione, composta tra gli altri dalla guida Ragnar con cui Lucas entra subito in conflitto, perde pezzi e speranza.
Un film di Martin Scorsese. Con Leonardo DiCaprio, Daniel Day-Lewis, Cameron Diaz, Liam Neeson, John C. Reilly. Drammatico, durata 168 min. – USA 2002. MYMONETRO Gangs of New York valutazione media: 3,83 su 56 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
New York, 1846, quartiere di Five Points.Una cruenta battaglia tra gangs sancisce il trionfo di William Cutting detto Billy the Butcher, capo dei nativi americani e la morte di Padre Vallon, protettore degli emigranti. Sedici anni dopo il figlio di questi, Amsterdam, esce dal riformatorio fermamente deciso a ingraziarsi l’assassino di suo padre per poi fare vendetta. Conosciuto Billy, Amsterdam ne viene in pratica adottato e arriva a salvargli la vita. Una volta scoperto e sfigurato, si risolverà a combattere apertamente contro di lui. Ma sono gli anni della Guerra Civile: l’ultimo scontro tra le gang sarà decisamente superato in violenza e ferocia dall’intervento delle truppe inviate a far rispettare la coscrizione obbligatoria.
Gangs of New York è probabilmente il film più atteso dell’anno: per le traversie produttive, per il montaggio infinito, per il suo cast stellare. Il risultato, pur notevole, è inferiore alle attese. Si direbbe che Scorsese, per la prima volta alle prese con un kolossal, voglia approfittare dell’occasione per chiudere i conti con tutto il suo passato di innamorato del cinema. Ma lo fa nel modo più sbagliato, infilando a raffica citazioni e stilemi (da Griffith a Leone, da Ejzenstejn a Von Sternberg) che non si coagulano in racconto coerente. Resta una somma smisurata di pezzi di bravura intervallata da lunghi tempi morti, con un cast adeguato nei ruoli di contorno ma poco azzeccato per quelli principali (con la gigantesca eccezione di Daniel Day-Lewis) e incredibili movimenti di macchina contraddetti da clamorosi errori di montaggio. Ma se l’ambizione era quella di riproporre una seconda “Nascita della nazione” va largamente delusa. Più grande, in tutti i sensi, che realmente bello.
Regia di Jack Clayton. Un film Da vedere 1974 con Robert Redford, Mia Farrow, Bruce Dern, Scott Wilson, Karen Black, Sam Waterston. Cast completo Titolo originale: The Great Gatsby. Genere Drammatico – USA, 1974, durata 144 minuti. – MYmonetro 3,84 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.
La infelice storia di Gatsby, divenuto ricchissimo dopo la prima guerra mondiale e tormentato dall’amore per Daisy che non ha saputo aspettarlo e ha sposato un altro. Riesce a riconquistarla, ma il fato vuole che lui sacrifichi la vita per lei. Il celeberrimo romanzo (1925) di Francis Scott Fitzgerald in un adattamento di Francis Ford Coppola (il terzo, dopo quello muto del 1926 e quello del 1949) costoso, fastoso, scrupoloso, ma imbalsamato, specie negli inamidati personaggi principali. Oscar per i costumi (Theoni V. Aldredge) e per la colonna sonora (Nelson Riddle).
Regia di Sam Mendes. Un film Da vedere 2019 con George MacKay, Dean-Charles Chapman, Mark Strong, Andrew Scott, Richard Madden. Cast completo Genere Drammatico, Guerra, – Gran Bretagna, 2019, durata 110 minuti. Uscita cinema giovedì 23 gennaio 2020 distribuito da 01 Distribution, Scandura Production. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 3,63 su 49 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.
6 aprile, 1917. Blake e Schofield, giovani caporali britannici, ricevono un ordine di missione suicida: dovranno attraversare le linee nemiche e consegnare un messaggio cruciale che potrebbe salvare la vita di 1600 uomini sul punto di attaccare l’esercito tedesco. Per Blake l’ordine da trasmettere assume un carattere personale perché suo fratello fa parte di quei 1600 soldati che devono lanciare l’offensiva. Il loro sentiero della gloria si avventura su un terreno accidentato, no man’s land, trincee vuote, fattorie disabitate, città sventrate, per impedire una battaglia e percorrere più in fretta il tempo che li separa dal 1918.
Un film di Michael Powell. Con Anna Massey, Karlheinz Böhm, Moira Shearer, Maxime Audley Titolo originale Peeping Tom. Poliziesco, durata 101 min. – Gran Bretagna 1960. MYMONETRO L’occhio che uccide valutazione media: 3,83 su 8 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Mark Lewis (Carl Boehm) è un operatore-regista ossessionato dall’idea di filmare l’infilmabile: l’espressione intensa che le persone assumono prima di morire sapendo di morire. Per realizzare questa sua ossessione, Mark ha aggiunto un accessorio alla sua cinepresa, dotandola di una sorta di baionetta in una delle gambe del cavalletto. In questo modo, filma e uccide, potendo poi rivedere l’esito delle sue imprese. Introverso e tranquillo nella vita normale, Mark intreccia una relazione – o piuttosto la subisce – con Helen (Anna Massey), colpita dalla sua sensibilità, e cerca diapprofondirne la conoscenza.
Un film di Richard Attenborough. Con Ben Kingsley, Candice Bergen, Edward Fox, Ian Bannen, Martin Sheen. Biografico, Ratings: Kids+13, durata 188′ min. – Gran Bretagna 1982. MYMONETRO Gandhi valutazione media: 3,83 su 16 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Vita, attività politica e morte di Mohandas Karamchand Gandhi (1869-1948): studi a Londra, apprendistato in Sudafrica, attività politica, digiuni di protesta, morte violenta per mano di un bramino e solenni funerali. Nell’impersonare il grande apostolo dell’indipendenza dell’India e della non violenza, Kingsley è straordinario. Appartenente alla categoria dei colossi con un’idea, il film è coinvolgente, convincente, un po’ didattico. 8 premi Oscar: film, regia, Kingsley, sceneggiatura (John Briley), fotografia, costumi, scenografie, montaggio.
Un film di Pedro Almodóvar. Con Penelope Cruz, Cecilia Roth, Marisa Paredes, Candela Peña, Antonia San Juan.Titolo originale Todo sobre mi madre. Drammatico, durata 105 min. – Spagna1999. MYMONETRO Tutto su mia madre valutazione media: 3,80 su 50 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Madrid: Manuela ha un figlio di diciassette anni che muore travolto dalla macchina su cui viaggia una famosa attrice impegnata nella pièce Un tram che si chiama desiderio. Manuela decide di trovare il padre del ragazzo che vive a Barcellona ed è diventato Lola, un travestito. La donna incontra Agrado, altro travestito, che fa la vita e conosce anche l’attrice indiretta responsabile della morte del figlio.
Vincitore dell’Oscar come miglior film straniero, Tutto su mia madre è una perfetta fusione di passione per l’arte (a partire ovviamente dal cinema da cui si prende esplicitamente in prestito il titolo riferendosi a All About Eve). E’ proprio a un’icona che Almodovar ama come Bette Davis che il film si ispira per raccontare quello che in altre mani sarebbe potuto diventare (avendone in nuce tutte le potenzialità) un melodramma di bassa caratura. Pedro vi trasfonde (come quella flebo che vediamo in dettaglio in apertura) tutta la propria sensibilità. Le variabili sessuali di genere non sono per lui un problema ma anzi una fonte di ispirazione che riesce anche a tenere a distanza dall’altro temibile rischio: quello di un’algida referenzialità cinefila. E’ un film carico di umanità ma anche di sorprese quello che Almodovar propone agli spettatori. Si tratta di scoperte che vanno fatte passo passo insieme a Manuela (interpretata dall’argentina Cecilia Roth) perché ognuna di esse, anche quella più sopra le righe, apporta una nuova consapevolezza ai personaggi e favorisce un’empatia con mondi che il regista conosce e ama nella loro complessa contraddittorietà.