Da un romanzo di Donald Hamilton. Vecchia e rabbiosa inimicizia divide due famiglie del Texas. Solo la morte dei due capifamiglia riporta la pace. Superwestern moraleggiante di grandi ambizioni cui corrispondono solo in parte i risultati. Accademico, un po’ bolso, spettacolare. Oscar per B. Ives. La fotografia in Technicolor è di Franz Planer
Un film di Jacques Becker. Con Jean Gabin, Delia Scala, Lino Ventura, Vittorio Sanipoli, Jeanne Moreau. Titolo originale Touchez pas au grisbi. Drammatico, b/n durata 94′ min. – Francia 1954. MYMONETRO Grisbi valutazione media: 3,67 su 7 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Due gangster, vecchi amici, vogliono chiudere la carriera con un grosso colpo. Una ragazza rivela a un rivale il progetto. Raro film nero dove il ritmo spedito dell’azione coabita con la finezza dell’analisi psicologica. Un’elegia sull’amicizia virile nel mondo della malavita. Da un romanzo (1953) di Albert Simonin. Becker filma con grande discrezione senza concessioni allo spettacolo né dialoghi brillanti. La musica di Jean Wiener contribuisce all’atmosfera.
Un milionario vuole evitare che il proprio figlio sposi una bella bionda terribilmente interessata e spedisce la ragazza in Francia mettendole alle costole un detective.
Negli anni Trenta, il produttore di una casa cinematografica si innamora di una ragazza che gli ricorda la moglie defunta, e per lei trascura anche il lavoro. Quando la giovane sposa un altro, il produttore, sconfortato, perde aggressività nel lavoro e viene cacciato dal suo posto. Da F.S. Fitzgerald.
Un film di Leos Carax. Con Juliette Binoche, Denis Lavant, Klaus Michael Gruber Titolo originale Les Amants du Pont-Neuf. Drammatico, durata 125′ min. – Francia 1991. MYMONETRO Gli amanti del Pont-Neuf valutazione media: 3,63 su 8 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Storia di una passione sul Pont-Neuf, il più antico di Parigi, tra un insonne clochard sputafuoco e una monocola studentessa di Belle Arti. Il talento visionario di Carax è fuori discussione: lo si vede anche nel montaggio giocato sull’opposizione acqua/fuoco, sogno/oblio, movimento/immobilità. Un surrealismo forsennato s’alterna con l’esibizionismo gratuito. Ne nasce un’isteria narrativa e una sovraeccitazione espressiva che frenano l’adesione. 3 anni di riprese, set ricostruito, cinema d’autore al suo parossismo (anche finanziario) più folle. Ma la visita notturna al Louvre resterà.
Dimenticatevi di 8 Mile: il nuovo lavoro di Jim Sheridan lo batte a tempo di hip-hop e pallottole, e come il suo predecessore trae ispirazione dalla biografia di uno dei protagonisti più discussi della scena. Marcus Greer è il figlio di una ragazza madre che tenta di proteggerlo dalla violenza delle strade di New York e fargli vivere una vita dignitosa nonostante la mancanza del padre di cui non vuole rivelare l’identità. Quando la giovane signora Greer viene uccisa, il ragazzino dodicenne si trasferisce dai nonni materni ma capisce sin da subito quali sono le dure regole del gioco e per cercare di emergere nel mondo dell’hip-hop e allo stesso tempo diventare un vero gangster si infila in un giro di spaccio dominato da Majestic (Adewale Akinnuoye-Agbaje) da una parte e dai colombiani dall’altra.
Sembra che fosse proprio Bonnard, attore e regista, a ispirare una delle più famose macchiette di Ettore Petrolini (“Ogni cuor si accende e arde, perché ci ho gli occhioni belli, le basette a la Bonnard…”). Toccava a lui di dirigere questo film, e a Sordi di interpretarlo, bravissimo nel far sentire l’amaro sotto il fatuo. Con qualche sforzo in più questa commedia che diverte e tira al patetico senza mezze misure poteva essere un’efficace satira di costume degli anni ’20. Petroliniano a metà. Nastro d’argento 1961 per i costumi (Maria De Matteis).
Filed Under: 3.60/3.69, Azione, Film dal 2000 al 2009, Saghe by ipersphera — Commenti disabilitati su Ip Man 1-2-3-4 + Final Fight – Saga – bdrip 720/1080p h264/265 ita/cin subita
Ip Man (cinese tradizionale: 葉 問, cinese semplificato: 叶 问, pinyin: Ye Wen) è un film televisivo del 2008 semi-biografico di arti marziali vagamente basato sulla vita di Yip Man, un maestro dell’arte marziale del Wing Chun e la prima persona dedita ad insegnare l’arte apertamente. Uno dei suoi studenti fu l’influente e apprezzato artista marziale e attore Bruce Lee, la cui fama fece scoprire al mondo la figura di Man. Il film si concentra sugli eventi nella vita di Ip che prendono luogo nella città di Foshan durante la Seconda guerra sino-giapponese. Ip Man è ambientato negli anni Trenta a Foshan, florido centro di arti marziali cinesi del sud, dove le varie scuole marziali (kwoon) sono in forte concorrenza tra loro. In questa città il miglior maestro di Wing Chun è Ip Man, uomo benestante e modesto che non sente necessità di avere discepoli e trascorre le sue giornate tra la famiglia, gli allenamenti e gli incontri con amici e conoscenti. Pur non essendo un professionista, Ip è rispettato a Foshan a causa della capacità che dimostra in amichevoli competizioni a porte chiuse con i maestri locali e la sua reputazione esce ulteriormente rafforzata dallo scontro con un aggressivo e altamente qualificato maestro del Nord, Jin Shanzhao, che viene sconfitto accrescendo l’orgoglio regionale dello stile di combattimento del Sud.
Un quinquennio nella vita di Francesco d’Assisi (1182-1226) e di Chiara (1193 circa-1253) dalla guerra con Perugia (1204) sino all’approvazione della regola francescana da parte di papa Innocenzo III. Fantasia paramusicale al glucosio su Francesco, visto come precursore dei “figli dei fiori” e messo in immagini da cartolina in tricromia per il pubblico americano. Persino Guinness è un papa moscio. Musiche di Ritz Ortolani e Claudio Baglioni. “Se fossi Papa, lo brucerei” (Stanley Kauffmann). Scritto da S. Cecchi D’Amico, L. Wertmüller e K. Ross con il regista.
Nonomiya Ryota è un professionista di successo, un uomo che lavora sodo ed è abituato a vincere. Un giorno, lui e la moglie Midori ricevono una chiamata dall’ospedale di provincia dove sei anni prima è nato loro figlio, Keita, e vengono a sapere che sono stati vittima di uno scambio di neonati. Il piccolo Keita è in realtà il figlio biologico di un’altra coppia, che sta crescendo il loro vero figlio, insieme a due fratellini, in condizioni sociali più disagiate e con uno stile di vita molto differente. Ryota si trova di fronte alla necessità di una decisione terribile: scegliere il figlio naturale o il bambino che ha cresciuto e amato per sei anni?
Il titolo internazionale è “Like Father, like Son”
Il signor e la Signora Fox vivono pacifici col figlioletto Ash e il nipotino Kristofferson, loro ospite, dentro un grande albero in cima alla collina che fronteggia gli stabilimenti dei più cattivi contadini della zona: Boggis, Bunce e Bean. Ma la natura selvatica del signor Fox gli impedisce di trovare soddisfazione come giornalista e lo spinge a cercare di far fessi i tre uomini e a saccheggiare i loro depositi. La vendetta è veloce e spietata e mette a repentaglio non solo la sua amata famiglia ma tutti gli animali del sottosuolo. Mr Fox dovrà elaborare dunque un nuovo e geniale piano per trarre tutti d’impaccio. Il signor Volpe, il protagonista del primo lungometraggio d’animazione di Wes Anderson, è elegante, intraprendente, selvatico. Un intelligente e vanitoso americano (la voce originale e l’ispirazione di fondo sono quelle di George Clooney) che di quando in quando parla francese e da solo è capace di rivoluzionare come nessun altro lo statico quadro della campagna inglese. Mentre la moglie dipinge, assecondando una vocazione artistica che in Anderson è spesso associata al femminile, lui incarna lo spirito dell’avventura. Stanco di vivere in un buco, noncurante del fatto che i buchi altro non sono che le abitazioni standard delle volpi come lui, si sistema in grande stile in un appartamento esagerato e in una posizione pericolosissima e tentatrice. C’è qualcosa di Mr. Ocean in Mr. Fox, ladro gentiluomo, capo della banda, e qualcosa del supereroe che non può non rispondere alla chiamata identitaria, alla missione (vedi Zissou) e dunque mascherarsi e tornare ad essere chi realmente è, un professionista del furto. A leggere idealmente il fumetto di questo supereroe è il figlio Ash, schiacciato dal mito del padre e goffamente alla ricerca della sua perenne approvazione. Come sempre nei film dell’americano, padre e figlio cresceranno insieme e non certo da soli, ma con la complicità di una famiglia allargata che li ama per quello che sono: fantastici o semplicemente piccoli, in ogni caso umanamente animali. La sceneggiatura del regista in coppia con Noah Baumbach crea quasi dal nulla -tanto è sottile il racconto di Roal Dahl-, o probabilmente giusto da uno spunto affettivo (Anderson sostiene che quello fosse il primo libro da lui mai posseduto), un universo di brulicante vitalità, intensa pittoricità ed emozionante musicalità. Ancora una volta senza sponda alcuna, che sia un genere di riferimento o una trama archetipica, l’autore segue (anche a distanza) con sincera partecipazione la fuga dei suoi personaggi verso un destino apparentemente ignoto (ad un certo punto non resta che scavare e scavare, il più velocemente possibile e senza tregua) ma di fatto puntato verso la rivendicazione del diritto alla diversità, alla libertà e alla condivisione di entrambe con i pochi amici. Che aumentano, però, strada facendo.
Il piccolo Artù è sottratto ancora in fasce alla madre dal Mago Merlino per essere preparato alla grande impresa di estrarre Excalibur, la spada magica, dalla roccia. Artù ci riesce e viene proclamato re. Cinema di grande spettacolo che attinge al ciclo delle leggende medievali bretoni, in particolare al romanzo cavalleresco La morte Darthur ( Storia di Artù e dei suoi cavalieri , 1469-85) di Thomas Malory, adattato da Rospo Pallemberg con l’irlandese Boorman. Girato in Irlanda. Musiche del sudafricano Trevor Jones, impasto di canti corali medievali, interventi al sintetizzatore elettronico con citazioni di Wagner e Orff.
Nascita, crescita, apoteosi e inizio di declino di Elvis Aaron Presley, il mito di più generazioni, vengono raccontati e riletti dal punto di vista del suo manager di tutta una vita: il Colonnello Tom Parker. È lui che accompagna, con voce narrante e presenza in scena, la dirompente ascesa di un’icona assoluta della musica e del costume mentre si impegna, apertamente ma anche in segretezza, per condizionarne la vita con il fine di salvaguardare la propria.
Nel 1994 una coppia di giovani gemelle viene brutalmente assassinata in un cottage estivo. Le indagini portano a sospettare degli studenti di un vicino college fino a quando un uomo si dichiara colpevole e viene condannato. Venti anni dopo, il caso finisce sulla scrivania del detective Carl Mørck, che si rende subito conto che qualcosa non quadra. Insieme al collega ed amico Assad, Carl inizia ad indagare nuovamente sulla vicenda e, trovando una vecchia chiamata d’emergenza di una ragazza disperata, si rende conto che questa sembri sapere cosa sia accaduto allora. Carl e Assad si mettono così sulle tracce della giovane, scomparsa dai tempi dell’omicidio, ma a tentare di rintracciarla è anche un gruppo di uomini influenti, che faranno di tutto per farla restare in silenzio.
A Berlino, un abile dirigente della Coca-Cola cerca di diffondere l’americanissima bibita nei paesi del blocco orientale e si trova a risolvere la grossa grana costituita dalla figlia del principale che ha sposato un fanatico comunista.
1925: in un piccolo villaggio USA il pastore, d’accordo con i “maggiorenti” locali, denuncia un insegnante perché illustra ai suoi allievi le teorie darwiniste sull’evoluzione delle specie. Il regista di Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo e di Indovina chi viene a cena? (entrambi sempre con Spencer Tracy) realizzò nel 1960 questo interessante dramma giudiziario tratto da un testo teatrale famoso, Inherit the Wind di Jerome Lawrence e Robert E. Lee. Soltanto un film d’attori, ma di classe. Intitolato anche L’erede del vento. Rifatto nel 1988 per la TV.
Una piccola azienda che realizza pannelli solari offre un bonus di 1000 euro agli impiegati che voteranno per il licenziamento di Sandra, anello debole della catena produttiva per trascorsi di depressione. Lei combatte, appoggiata dal marito, e contatta uno per uno i colleghi per portarli dalla sua parte. Il tema del lavoro è spesso presente nei film dei registi che qui raccontano una storia di potere subdolo che delega decisioni ingiuste alle vittime stesse, di guerra tra poveri, ma anche di solidarietà, realistica, priva di facile buonismo (alcuni degli interpellati cambiano idea, altri si irrigidiscono ancora di più contro di lei). E al centro c’è un personaggio di donna fragile, insicura, facile alle lacrime, che nel suo percorso di ricerca della solidarietà cresce facendo crescere gli altri e ne esce rafforzata senza alcun cedimento alla retorica. La Cotillard esagera in mobilità facciale, ma è perdonabile.
Un bambino di otto anni, tiranneggiato dai genitori e innamorato della maestra, sogna di diventare grande e ci riesce. Assume l’aspetto fisico di un quarantenne, ma resta infantile negli atteggiamenti(forse è per questo che la bella insegnante comincia a ricambiarlo).
L’artista Saul Tenser e la sua assistente Caprice eseguono performance di asportazione di nuovi organi di natura tumorale dal corpo dello stesso Tenser. Quando i due decidono di registrare il brevetto dei nuovi organi generati nel corpo dell’artista, il loro percorso incrocia quello di una setta dedita a mangiare plastica, già nel mirino delle forze dell’ordine dell’unità Nuovo Vizio.
Fondendo l’estetica dei suoi primi film e gli elementi psicanalitici dei suoi ultimi lavori, David Cronenberg realizza un film di fantascienza inconsueto, spiazzante, in cui l’estetica vintage si pone in secondo piano rispetto a un contenuto radicale.
Le protesi e i dispositivi tecnologici sembrano realizzati secondo una antica idea del futuro che caratterizzava gli anni Ottanta – le visioni aliene di H.R. Giger, ancor più che i primi film di Cronenberg – mentre la storia raccontata completa e canonizza il lavoro di eXistenZ e Crash, tra autocitazione e aggiornamento di una poetica alla contemporaneità.
Crimes of the Future invita a smarrirsi in un futuro remoto che è al contempo una verosimile prosecuzione del nostro presente. Un mondo grigio e quasi inabitabile, in cui la sovrastimolazione del corpo, sollecitato ed eccitato anche durante il sonno o durante il pasto, ha portato a un’esasperazione e nel contempo a un annullamento del piacere e del dolore. In questo panorama piatto e orizzontale il film stesso sceglie di non evolvere e di procedere in accordo con le musiche di Howard Shore, come un bordone mononota che dilata emozioni statiche.
L’intrigo noir, che vede Tenser alle prese con un’indagine su un omicidio e su una setta di plasticofagi, è il pretesto per esplorare una nuova dimensione della sensualità, che ha esteso la profanazione del corpo dall’esteriorità all’interiorità, rimpiazzando il sesso con la chirurgia. La fame di celebrità e l’adorazione per gli artisti è legata al senso che questi riescono ad attribuire ad attività che in realtà tutti sembrano praticare: Cronenberg insiste proprio su questo contrasto, in una possibile allegoria del rapporto tra arte e consumo di massa, incarnate dalle performance concettuali di Tenser da un lato e dai mangiatori di plastica dall’altro.
Ne ha viste di cose nella sua vita Bad Blake, cantante country dal passato illustre e il presente affumicato da sigarette e annegato negli alcolici scadenti dei locali di provincia dove si esibisce per pochi spiccioli. Ha visto 4 matrimoni, un pupillo che suonava nella sua band e ora è ricco e famoso ma al quale non intende aprire i concerti, infiniti paesaggi delle praterie texane e un numero impressionante di motel. A 56 anni suonatissimi la sua vita potrebbe finire da un momento all’altro, se non lo stronca prima la salute saranno i debiti, e a lui del resto non sembra importare molto. Almeno finchè non incontra Jean e Buddy.