Arizona 1874. Un ex bandito redento è costretto dallo zio a unirsi a una banda di malviventi. Anche i suoi occasionali compagni di viaggio, una cantante da saloon e un baro, vengono coinvolti in una rapina in banca. Elimina i banditi, ma paga cara la sua vittoria. Sceneggiato da R. Rose (La parola ai giurati) su un romanzo di Will C. Brown, è un western un po’ troppo parlato, ma diretto con energia dall’ottimo Mann che si giova della splendida fotografia di E. Haller. Un Cooper rugoso che sta sempre bene in sella.
Superman, mandato sulla Terra ancora in fasce dal pianeta Krypton, viene allevato da una coppia di contadini. Divenuto adulto, si fa assumere a New York come giornalista, sempre attento a non rivelare le doti eccezionali di cui è dotato. Nelle vesti di Superman, vola ovunque ci sia bisogno di ristabilire la giustizia. I suoi più terribili nemici tentano di distruggere la Terra con ordigni nucleari, ma il nostro lo impedisce.
Grace è una vedova di guerra con due figli, Anne e Nicholas. Un giorno arrivano tre domestici e la donna mostra loro la casa ricordando che una porta non va mai aperta prima che sia chiusa l’altra. Ma i domestici conoscono l’abitazione, ci hanno già lavorato tre anni prima. C’è un segreto familiare: Anne e Nicholas dicono che da qualche tempo la mamma è diventata matta. Grace manifesta una personalità molto rigida, mentre Anne afferma che in casa, oltre al fratello, c’è un bambino. Nicole Kidman è ormai un’attrice per tutte le stagioni. Non c’è ruolo, non c’è film che non la vedano protagonista efficace e versatile, capace di reggere sceneggiature d’autore così come film commerciali. È il caso di quest’opera che vuole consolidare il suo status di Grace Kelly degli anni Novanta, tenendo presente il bisogno di non far adagiare troppo a lungo il pubblico in poltrona. Brividi e colpo di scena non mancano.
Dal romanzo The Seed and the Sower di Laurens Van der Post. A Giava nel 1942 Yonoi, giovane comandante di un campo di concentramento giapponese per prigionieri britannici, non riesce a sottrarsi al fascino del maggiore Colliers. Interpretato da un magnifico quartetto d’attori, ha per tema centrale il confronto tra due culture, due mentalità, due classi sociali. Ricco di invenzioni figurative, insolito nella struttura narrativa, è sostenuto da un linguaggio sobriamente raffinato, secco, non mai compiaciuto, anche nei momenti di violenza. Sakamoto, famosa rockstar come Bowie e grande talento musicale, ha scritto anche le musiche, di tenera grazia, quasi in contrappunto con la violenza della materia narrativa. Fu premiato con l’Oscar per le musiche, de L’ultimo imperatore di Bertolucci. Altro titolo originale: Merry Christmas, Mr Lawrence
Mentre le forze dell’ordine falliscono, l’avventuriero Ringo riesce a sbaragliare una banda di fuorilegge che ha assaltato una banca, semplicemente infiltrandosi tra i fuorilegge e fingendosi uno di loro. Una donna lo aiuta.
Da un fortunato libro di Douglas Adams – primo di una serie – è tratta questa bizzarra space-comedy che già negli anni ’80 fu soggetto di una serie TV. Arthur Dent si oppone come può alla demolizione della sua casa, causa futuro passaggio di strada statale, non sapendo che di lì a dodici minuti sarà l’intero pianeta Terra ad essere spazzato via dagli extraterrestri per far posto ad un’autostrada intergalattica. A salvarlo ci pensa il suo amico Ford, che Arthur credeva sì strano, ma non tanto quanto è in realtà. Ford è infatti un alieno (di un piccolo pianeta vicino a Betlegeuse) di professione autostoppista, che gira l’universo per scrivere contributi al libro più venduto del creato: la Guida Galattica per Autostoppisti. I due iniziano una serie di disavventure con i loro indispensabili e inseparabili asciugamano. Il vero protagonista del film è la Guida, alter ego del suo creatore Douglas Adams, scomparso poco prima della fine delle riprese. Incredibile cornucopia di idee e bizzarrie, il libro illustra con dovuto sarcasmo e disincanto un Universo meraviglioso e multiforme, per quanto pieno di insidie – per mettere al riparo delle quali è posto in copertina a caratteri cubitali un avvertimento: NIENTE PANICO. Non è forse una metafora casuale che aprendo un libro si abbia accesso a tutto l’immaginabile e l’inimmaginabile, e dunque la riduzione filmica della guida diventa un esercizio letterario, perché non può che trattarsi di “riduzione” in senso stretto. Molto è andato perso, certo, ma il film nel complesso è ben riuscito e diverte, e brillano su tutto le animazioni della Guida (da gustare fino al termine dei titoli di coda). Peccato per la pagina della Guida dedicata alla Terra, anch’essa epurata dalla pellicola. Solo due parole: “fondamentalmente innocua”.
Sullo sfondo di un paesaggio industriale senza storia (Créteil, sobborgo di Parigi) Giovanni (Depardieu), ingegnere disoccupato, vive solo col figlio Pierino dopo che la moglie se n’è andata. Cerca di ricostruire un nucleo familiare con la puericultrice Valeria (Muti) che, non a torto, gli rinfaccia di essere un fallocrate possessivo. Giovanni si evira con un coltello elettrico che, nel terroristico umorismo di questo apologo politico sulla famiglia (scritto con R. Azcona e Dante Matelli), diventa un accessorio della donna: “Quello che è centrale non è il ‘discorso’… ma la forza dirompente che possiede ogni situazione, quasi ogni scena” (P. Mereghetti). Livida, funzionale fotografia di L. Tovoli.
Michael O’Hara (Welles), marinaio irlandese, salva Mrs. Elsa Bannister (Hayworth) da un’aggressione in Central Park a New York e viene ingaggiato dal suo zoppo marito (Sloane), avvocato di gran nome, perché li porti – lui, la moglie e il suo socio in affari (Anders) – su uno yacht a San Francisco con tappa ad Acapulco. Il buon O’Hara si accorge presto di essere capitato in un nido di vipere e di squali, il peggiore dei quali è proprio lei, l’angelo biondo dal cuore nerissimo. Tratto dal romanzo If I Die Before I Wake di Sherwood King e girato nel 1946, fu tenuto in magazzino per 2 anni da Harry Cohn, ras della Columbia, scandalizzato e sconvolto da quel che Welles aveva combinato ai danni della star n. 1 della sua scuderia. Difficile da classificare, il film spiazzò critici e pubblico. La materia è da film noir, a mezza strada tra Gilda e Il mistero del falco , ma con bizzarre e sardoniche anticipazioni di Il tesoro dell’Africa di Huston. Fecero impressione alcune sequenze che lo resero un cult movie : il corteggiamento nell’acquario, il teatro cinese, il taboga, la sparatoria finale nella sala degli specchi. Il barocchismo stilistico di Welles conferma quali e quanti fossero i debiti del noir hollywoodiano con l’espressionismo. Ridotta R. Hayworth a una statua di ghiaccio e piuttosto debole il marinaio O’Hara, l’attore che domina il film è E. Sloane. Fu girato a bordo dello yacht Zaca di Errol Flynn, che seguì la lavorazione. La sua vera storia fu raccontata nel 1976 dal regista William Castle, che aveva avuto per primo l’idea di filmare il romanzo di King.
Vi sono sei film sulla serie Resident Evil, scritti da Paul W. S. Anderson, anche se inizialmente il regista di film horror George A. Romero è stato molto vicino a dirigere i film.[53]
A dispetto della critica negativa, i film hanno incassato abbastanza da incoraggiare l’approvazione di una esalogia. Paul W.S. Anderson aveva dichiarato in un’intervista che il quarto film, Resident Evil: Afterlife, sarebbe stato l’inizio di una nuova trilogia e che il film sarebbe stato sviluppato usando cineprese 3D.[54]
La trama dei film rivisita quella del videogioco, risultando dunque non canonica a quella originale.
Nel 2021 iniziano le riprese del reboot della serie. Il film si distingue notevolmente dalla saga cinematografica originale, ha per protagonisti i personaggi principali del franchise e conta su una forte componente horror. Il film è ambientato a Raccoon City e prende spunto dai primi due capitoli della saga videoludica
Un operativo americano senza nome, che lavora con la CIA, partecipa a un’azione in Ucraina, durante un attentato terroristico in un teatro dell’opera. Scoprirà che questa operazione era anche un test per mettere alla prova non solo la sua fedeltà all’Agenzia, ma pure la sua propensione a rischiare la vita per salvare persone innocenti. Viene così introdotto in un programma misterioso e compartimentalizzato, dove i partecipanti sanno solo quello che devono sapere. Lo addestrano quindi ad affrontare agenti che si muovono nel tempo e hanno pallottole che sparano a ritroso – ossia rientrano nella pistola – senza però spiegargli quale sia il loro obiettivo, ma solo che dall’esito delle sue operazioni dipende la sopravvivenza del mondo intero.
Una giacca, contenente un biglietto vincente della lotteria acquistato da Michel e Prosper, mette in subbuglio un caseggiato, un quartiere, un’intera città. Ispirato a un vaudeville (1910) di G. Berr e M. Guillemaud, è un film agile e delizioso d’inseguimento in linea con Un cappello di paglia di Firenze (1927) in cui il cartesiano regista fa un uso innovativo del sonoro (impiegato per la 2ª volta) e della musica. Un classico che ha perduto parte della sua freschezza: i personaggi non sono divertenti come le situazioni in cui si trovano. “A meglio determinare il loro libero esilio nel clima della poesia, i film di Clair si muovono con un ritmo di danza, con passo di ballata” (A. Savinio).
Versione in italiano purtroppo di bassa qualità ma è l’unica che ho trovato
Nella versione in francese i subita sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
Un giovane delinquente, ricercato dalla polizia, viene accolto in casa da un famoso scienziato e ricambia l’ospitalità continuando a commettere furti e insidiando la moglie del suo benefattore. Quest’ultimo, rendendosi conto che il giovane è vittima di un trauma infantile, continua ad aiutarlo e a trarlo dai guai.
Uno dei più eccentrici western italiani degli anni ’60. Vi esordì nel lungometraggio il bergamasco Giulio Questi che lo scrisse con Kim Arcalli, responsabile del montaggio. I due si divertono molto combinando eccessi barocchi di violenza e risvolti gay con ambizioni di critica sociale, sprazzi surrealisti, riferimenti psicoanalitici. Carneficine a catena tra militari, banditi, tirannelli locali, ipocriti maggiorenti _ e al centro un fuorilegge mezzo sangue (Milian) _ per il possesso di un carico d’oro, rapinato a una carovana militare. Sequestrato tre giorni dopo l’uscita dalla censura che richiese sforbiciate alle scene più crude. Accennato con tenerezza, il rapporto gay è tra Milian e Lovelock, suicida per la vergogna di essere stato violentato da un gruppo di cowboy. Nel 1975, in un’edizione rimontata, uscì col titolo di Oro Hondo. Intanto era stato distribuito in Spagna (Oro Maldito), Francia, Germania, USA. Gianni Amelio aiutoregista. La sola versione integrale è uscita in DVD all’estero.
Scott fa lo spazzino a Clifton, Arizona. Ma aspetta l’occasione per diventare qualcuno. L’occasione arriva con Talby, che gli insegna a diventare pistolero. Scott entra nella banda di Talby, ma, quando questi uccide lo sceriffo amico di Scott, si mette dalla parte della legge.
Un giovane provinciale, ambizioso e privo di scrupoli, ma tutto sommato ingenuo, cerca di dare la scalata al successo. Crede di esserci riuscito quando conquista l’amore di una ereditiera. Purtroppo, però, ha già una relazione con un’operaia che attende un figlio da lui, così quando questa cade da un barca il giovanotto la lascia affogare guadagnandosi la sedia elettrica.
Un anziano muore d’infarto mentre stappa una bottiglia; un’attempata insegnante di flamenco tocca il suo giovane allievo che la rifiuta; una taverniera zoppa offre da bere a giovani squattrinati per un bacio; in un bar irrompono soldati del ‘700 e il re Carlo XII (1682-1718) che si invaghisce del barista; militari inglesi del primo ‘900 ustionano vivi schiavi africani in un cilindro metallico che trasforma le loro urla in musica sublime per ricchi bianchi. Sono alcuni di 39 tableaux vivants , ognuno un piano-sequenza, a volte parzialmente intersecati. 5° lungo del regista svedese, il 1° in digitale, con Canzoni del secondo piano (2000) e You, the Living – Gioisci dunque o vivente! (2007) completa un trittico sull’esistenza umana che ha la forma di un puzzle. È un film pittorico, ispirato a Otto Dix (1891-1969) e Georg Scholz (1890-1945), che comunica, più che con le parole – ridotte a tormentoni di luoghi comuni -, attraverso immagini impeccabili, tutte in toni diversi, ma ugualmente spenti, di beige-verde (fotografia di István Borbás e Gergely Pálos), al fine di indurre contemplazione e riflessione. Lo fa col tocco leggero dell’ironia, fondendo tragico e comico, tanto da suscitare la smorfia e il sorriso allo stesso tempo. Andersson chiama la sua poetica “trivialismo”, o anche “super-realismo”, perché per lui l’essenza dell’uomo sta nella coscienza della propria banalità. La sua è una poetica dell’umiltà e del distacco ironico contro ogni superomismo e ogni fanatismo. Le si attaglia una sentenza di Pascal: “L’uomo è solo una canna, la più fragile della natura; ma è una canna che pensa”. Leone d’oro a Venezia 2014. Distribuisce Lucky Red.
Le peripezie – il calvario? – del marinaio Querelle (Davis) che sbarca a Brest e va incontro al suo destino di contrabbandiere d’oppio, sodomita, assassino. Ultimo film di Fassbinder, in concorso a Venezia nel settembre dello stesso anno e distribuito in Italia (dopo una bocciatura in censura) con 48 m (meno di 2 minuti) in meno e il titolo del romanzo (1947) di Jean Genet da cui è tratto. Sebbene la tematica della violenza e della sopraffazione che dominano i rapporti umani sia costante nel cinema di Fassbinder, anche nei suoi film di taglio omosessuale ( Le lacrime amare di Petra von Kant , Il diritto del più forte ), non sembra felice il suo incontro con Genet che tende a fare un’esaltazione mistica dell’abiezione e del delitto. Fassbinder non è mai stato un mistico. A livello figurativo il fascino del film è innegabile per la glaciale sapienza luministica (giallo, arancio, blu) e la stilizzazione teatrale della scenografia, ma forte è il sospetto che si tratti di un film manieristico e decorativo, sia pur di un manierismo di alta classe. C’è stilizzazione, non stile.
Vari esponenti della controcultura giovanile di sinistra vengono scelti, letteralmente, come capro espiatorio per la violenta repressione delle proteste avvenute durante la convention democratica di Chicago del 1968. Con loro viene incredibilmente accusato anche Bobby Seale, co-fondatore del movimento delle Pantere Nere, che a Chicago era stato solo per quattro ore quel giorno. Grazie alle testimonianze di un gran numero di infiltrati nella protesta, si cerca di pilotare il processo verso la condanna, ma il giudice è così di parte e propenso a bizzarre decisioni da sollevare sempre più dubbi sulla regolarità del processo.
È il primo dei due film tratti dai romanzi polizieschi di Chester Himes imperniati sui due detective di colore Beccamorto e Bara. Qui la pittoresca coppia deve mettere il sale sulla coda al losco Deke, un predicatore di Harlem che dietro le quinte del suo apostolato nasconde un’attività truffaldina: con la scusa di voler organizzare un ritorno dei neri all’Africa li deruba dei loro averi.
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