Julian Kay è uno squillo di lusso, lo stallone più pregiato di un’agenzia che procura compagnie maschili a ricche signore sole. Coinvolto in un omicidio di cui è ingiustamente sospettato, è salvato da una spregiudicata signora che si è innamorata. Ottimo a livello descrittivo, specialmente nella 1ª parte, s’ingolfa quando Schrader vuol mettere a fuoco i personaggi. Donatore d’amore come donatore di sangue? A pagamento, comunque. Finale ridicolo. Ha, comunque, molti estimatori tra la critica.
Un film di Jan Kadar, Elmar Klos. Con Ida Kaminska, Josef Kroner Titolo originale Obchod na korze. Drammatico, b/n durata 128 min. – Cecoslovacchia 1965. MYMONETRO Il negozio al corso valutazione media: 3,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Dramma della paura. Siamo nella Praga occupata dai nazisti e un uomo timoroso di tutto è pagato per gestire un negozio sulla strada principale e custodire la proprietaria, una vecchia ebrea malandata in salute. Per un caso disgraziato la vecchia muore e il protagonista quasi impazzisce nel timore di venire accusato della sua dipartita.
Sposata a un brillante uomo d’affari, Doris si mette in testa di avere una bella voce e di far carriera come cantante. Sarà il marito, invece, a venire scoperto come ottimo baritono. Rifacimento di un film del 1939, scritto da Nunnally Johnson e tratto da un racconto di James M. Cain. Vale quasi quanto l’originale grazie al brio degli interpreti, ben serviti da dialoghi brillanti e da una solida sceneggiatura.
È la presunta cronaca del volo United 93 che il mattino dell’11-9-2001, partito alle 8.42 con 42 minuti di ritardo da Newark per San Francisco, fu l’unico dei quattro a non colpire il bersaglio previsto (Washington). Era un Boeing 757 con 7 membri di equipaggio e 37 passeggeri. “Furono i primi ad abitare il mondo del dopo 11 settembre” (P. Greengrass). Gli unici in volo a intuire quello che stava accadendo. Alle 9.57 un gruppo di passeggeri attaccò i quattro dirottatori. Sei minuti dopo l’aereo si schiantò in aperta campagna, vicino a Shanksville (Pennsylvania). Scritto e diretto da Greengrass, documentarista inglese, Orso d’oro a Berlino per Bloody Sunday . La riuscita di questo anomalo film, impregnato di angoscia e disperazione, scaturisce da una scelta etica che coincide con un coerente impegno stilistico: rifiuto delle convenzioni spettacolari del thriller, del divismo, della psicologia, della retorica dei “casi umani”. Interpreti sconosciuti, tra cui piloti, hostess, controllori di volo. Emergono di una testa solo 2 figure: Jarrah (Khalid Abdallah), tormentato capo e pilota dei fanatici dirottatori, e Ben Sliney che fa sé stesso come comandante della Federal Aviation Administration di Hendon. L’inglese Martin Amis ha citato il suo compatriota poeta Philip Larkin: “a riprova che è quasi vero / quel che sappiamo quasi per istinto: / di noi sopravviverà solo l’amore”. Quel “ti amo” che molti personaggi dicono al cellulare prima di morire.
Dal romanzo (1933) Les fiançailles de M. Hire di Georges Simenon: il signor Hire, strano tipo di misantropo solitario e ruvido, passa il suo tempo libero a spiare dalla finestra una ragazza che abita nella casa di fronte finché scorge qualcosa che non avrebbe dovuto vedere. E cade in una trappola mortale. Regista di commedie leggere, Leconte governa sapientemente la suspense, l’atmosfera inquietante, la sensualità perversa, il montare delle passioni riuscendo, senza forzature né artifici, a collocare l’azione fuori dal tempo e dalla geografia. Attraverso il rigore arriva l’emozione. Blanc perfetto. M. Nyman, musicista prediletto di Peter Greenaway, ha arrangiato benissimo il Quartetto in sol min. op. 25 di Brahms. Già filmato da J. Duvivier in Panico (1946).
Un film di André Téchiné. Con Catherine Deneuve, Gérard Depardieu, Gilbert Melki, Malik Zidi.Titolo originale Les Temps qui Changent. Sentimentale, durata 90 min. – Francia 2004. uscita venerdì 26agosto 2005. MYMONETRO I tempi che cambiano valutazione media: 3,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Esiste l’amore eterno? Forse sì, almeno nell’ultimo film di André Téchiné. Protagonisti sono un uomo e una donna che si ritrovano a Tangeri trent’anni dopo essere stati, l’uno per l’altro, il primo amore.In realtà Antoine, Gérard Depardieu, ha speso tutto questo tempo nel ricordo e nella ricerca di Cécile, Catherine Deneuve, che nel frattempo si è sposata con un medico marocchino e ha un figlio omosessuale. Lui la corteggia con la passione di un adolescente e le propone di trascorrere insieme la vecchiaia, lei è cinica e disillusa dalla vita. Ma una passeggiata nel bosco e il panorama del mare la aiuteranno a riscoprire che esistono un continente e un sogno, al di là dell’oceano.
Da bambino andava in visibilio per le forme opulente di una parrucchiera felliniana, da grande ne sposa un’altra, sdutta come una palma, e passa la vita a guardarla mentre tosa i clienti maschi. Eros e shampoo in cadenze di commedia poetica: Leconte prende il tema dell'”amour-passion”, lo modula su ritmi di calma voluttà e di delicata vertigine, lo stempera in momenti di umorismo obliquo e lo risolve con un inopinato scarto tragico. E le danze di Rochefort! Musiche di Michael Nyman.
La “domenica di sangue” si svolse a Derry, nell’Irlanda del Nord (ribattezzata Londonderry dagli inglesi), il 30-1-1972 quando, durante una marcia di 10 000 cittadini per i diritti civili, 13 manifestanti inermi furono uccisi (e 14 feriti) dai paracadutisti britannici che facevano parte dei 3000, tra soldati e poliziotti, schierati per stroncare la manifestazione. Prodotto da Mark Redhead, scritto e diretto da P. Greengrass, basato sul libro Eyewitness Bloody Sunday (1998) di Don Mullan, testimone dei fatti a 15 anni. Girato quasi interamente con la cinepresa a spalla (fotografia: Ivan Strasburg), è un ottimo esempio di cinegiornalismo ricostruito, sostenuto da una passione morale, un film corale popolato da figure che non sono soltanto funzioni narrative, ma personaggi concreti e complessi. La mobile cinepresa non ne registra soltanto gesti e comportamenti, ma le idee e i sentimenti che le muovono. Orso d’oro a Berlino ex aequo con La città incantata di H. Miyazaki.
4 ragazzini dai 4 angoli del mondo – Jackson in Kenya, Zahira in Marocco, Carlos in Argentina e Samuel in India – devono affrontare un lungo cammino per raggiungere le rispettive scuole. Ore e chilometri macinati a piedi, a cavallo, sulla sedia a rotelle nella speranza di raggiungere un futuro migliore. Plisson documenta la partenza da casa e i percorsi per arrivare a scuola, lo fa con attenzione, empatia e ottimismo. Aggiunge solo qualche drammatizzazione naturale (l’insidia degli elefanti), o accidentale (la foratura di una gomma), che non intaccano l’intensità di fondo. Distribuito da Academy 2.
Orfano di padre, morto nella solfatara, Rosso Malpelo diventa l’unico sostentamento della famiglia. Deriso dai minatori adulti, lo scontroso adolescente si affeziona solo a Ranocchio, piccolo caruso che, malato ai polmoni, muore. Sempre più solo e disperato, Rosso Malpelo scende volontario in una galleria ad alto rischio. Dalla novella di Giovanni Verga, sceneggiata con N. Bonaiuto. Ambientato in un tempo quasi astratto, parlato in dialetto siciliano che rende indispensabili i sottotitoli, asciutto nella forma, rigoroso nell’etica, distribuito da Arbash quasi solo nelle scuole, è un lucido e antiretorico atto d’accusa verso un mondo dominato dallo sfruttamento a tutti i livelli, su un immobile panorama di dolore individuale, sociale e naturale con pochi momenti lucidi, radicati nell’antico folclore regionale, in cui l’infelice Malpelo sorride. Fotografia Duccio Cimatti. Musica: Miriam Meghnagi.
Come e perché Placido Rizzotto, segretario socialista della Camera del Lavoro di Corleone (PA), scomparve la sera del 10 marzo 1948, ultima tappa di una lunga serie di omicidi politici commessi in Sicilia dal 1944 in poi. 1° film sulla mafia, ideato e diretto da un siciliano. P. Scimeca ha come punti di riferimento Ciccio Busacca e Danilo Dolci, un cantastorie impegnato e un educatore poeta e utopista, ma anche Salvatore Giuliano di Rosi come esempio della necessità di reinventare i modi di raccontare il Sud, pur essendone, nel suo antinaturalismo, stilisticamente lontano. Nonostante qualche slabbratura (l’enfasi musicale degli Agricantus), l’intreccio tra mito (la cadenza da ballata di un cantastorie), storia, antropologia culturale, tecniche da romanzo giallo (gli ultimi 20 minuti), ha un forte spessore narrativo che gli dà una dimensione tragica. Il finale con Dalla Chiesa e Pio La Torre, future vittime della mafia, che si danno la mano non è una trovata retorica: rivela che è “un film di morti che parlano di morti e che a loro volta verranno rimpiazzati da ulteriori morituri” (A.G. Mancino). Grolla d’oro per la sceneggiatura.
A inizio anni Novanta Biagio Conte vende tutto quello che ha e lascia la famiglia benestante a Palermo per incamminarsi alla ricerca del senso dell’esistere. Il suo è un percorso iniziatico che passa dalle montagne al mare, in totale povertà, ed è costellato di incontri in cui Biagio “smonta” e inverte di segno la diffidenza e l’ostilità dei suoi “fratelli”, trasformando ogni contatto umano in un’occasione di speranza. Ad accompagnarlo ci sono le parole e l’esempio di San Francesco, e dunque il viaggio di Biagio non può che culminare ad Assisi dove, sdraiato sul pavimento della chiesa, l’uomo troverà la sua pace interiore. Ma avrà veramente trovato Dio?
Gaetano e Gennaro sono i Tavani (“senza la e”) Brass (in omaggio a Tinto): Gaetano, ex attore televisivo il cui ruolo più memorabile è stato quello di un ufficiale di Polizia, si è improvvisato produttore, mentre Gennaro è sceneggiatore e regista. Insieme decidono di sfidare il campione di incassi italiano: no, non La vita è bella, come pensano tutti, ma Quo Vado? di Checco Zalone. Tutto sta a trovare un comico napoletano come loro, che sono del Vomero anche se “la crisi” li ha costretti a riparare nel Cilento, da lanciare nel firmamento delle star. La loro scelta cade su Chicco, un giovane cantautore le cui composizioni invariabilmente tristi parlano di biscotti finiti e donne che ti danno le spalle, ma che si presta a sfidare il fenomeno Zalone, favorito anche dal nome.
Un film di Blake Edwards. Con Kim Basinger, Bruce Willis, John Larroquette, William Daniels, George Coe.Titolo originale Blind Date. Commedia, durata 95 min. – USA 1987. MYMONETROAppuntamento al buio valutazione media: 3,13 su 8 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Appuntamento fra un manager e una bella ragazza. Timida e adorabile quando non beve, scatenata ninfomane se si ubriaca. La serata pazza pazza finisce per sconvolgere (ma in definitiva positivamente) la vita d’entrambi.
Un film di Fred Zinnemann. Con Henry Silva, Lloyd Nolan, Anthony Franciosa, Eva Marie Saint. Titolo originale A Hatful of Rain. Drammatico, Ratings: Kids+16, b/n durata 109 min. – USA 1957. MYMONETRO Un cappello pieno di pioggia valutazione media: 3,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Tratto dal dramma teatrale di Michael Vincent Gazzo, il film si svolge negli ambienti popolari newyorkesi: Johnny Pope, reduce della guerra di Corea, è divenuto morfinomane in seguito alla degenza in ospedale. L’unico che conosce il suo segreto e che quindi può aiutarlo è il fratello Polo, che è innamorato, ricambiato, della moglie di Johnny, Celia. Ma i due frenano i loro sentimenti e Celia, quando scopre il dramma del marito, lo spinge ad intraprendere una cura disintossicante.
A Ventotene, isola delle Pontine, sono a confronto in vacanza due gruppi di villeggianti, l’uno di sinistra, l’altro di destra. Hanno un comune denominatore: il disagio, una specie di infelicità di fondo che, in forme esistenziali o ideologiche, affiora qua e là. In P. Virzì – qui al suo 2° film dopo La bella vita – e nel suo sceneggiatore Francesco Bruni s’avverte la legittima preoccupazione di evitare il manicheismo che, però, talvolta sconfina nel buonismo e persino in propositi di par condicio . Qualche goffaggine sentimentale in una commedia amarognola che si vale di un’apprezzabile gioco di squadra. Il divieto ai minori di 14 anni (poi revocato) è ridicolo, un brutto segno dei tempi. Premio David di Donatello per il miglior film.
Da Montalto di Castro (VT) l’adolescente Caterina va con i genitori ad abitare a Roma dove il padre, docente deluso e arrivista fallito, la spinge a frequentare le coetanee delle famiglie “bene”, aumentando il suo spaesamento. Il 6° film di P. Virzì è una commedia sulla stronzaggine. Tranne la protagonista e due maschietti, sono stupidi in varia misura quasi tutti: le ragazzine di sinistra, quelle di destra e gli adulti. Lo sono i genitori di Caterina: per eccesso il padre (Castellitto bravo come sempre, qua e là sopra le righe), in difetto la madre (una M. Buy di ammirevole finezza mimica, premiata con un Nastro d’argento e un David come attrice non protagonista). Il legittimo pessimismo sull’Italia (o la Roma borghese?) di oggi trascina Virzì e il suo sceneggiatore Francesco Bruni verso la caricatura cui è sotteso l’elogio della gente semplice. In parte riscattato da evidenti qualità: l’esperto controllo di una folla di figure minori; l’agilità del ritmo che diventa agitazione soltanto nella veloce parlantina a mitraglia di molti dialoghi, il sagace ricorso al montaggio parallelo (Cecilia Zanuso); l’uso funzionale della musica (Carlo Virzì). Funzionale fotografia di Arnaldo Catinari.
Tre ex operai di Livorno senza lavoro hanno messo in piedi un allevamento di struzzi nella valle del Cecina (Livorno). Per ottenere finanziamenti dalla Regione invitano a cena per Natale un assessore. Per un equivoco accolgono, scambiandolo per l’ospite, un intronato salernitano nei guai più di loro. Miscela di commedia sociale, fiaba e pochade e aggiornamento in chiave di allegria sciagurata di quel genere antico che è il racconto di Natale, è la 4ª e migliore commedia di P. Virzì, ormai affermato continuatore della commedia di costume degli anni ’60 dai retrogusti amari. Con l’abituale collaborazione in sceneggiatura di Francesco Bruni, conferma la capacità di raccontare il disagio antropologico-culturale della presente società italiana, il colorito e preciso lavoro sui personaggi (con attori toscani in gran parte non professionisti) seguiti da vicino da una cinepresa mobile, l’abilità nel descrivere un ambiente provinciale senza scadere nel bozzettismo folcloristico, il sapiente equilibrio tra l’acre e il tenero, l’affetto e la lucidità con qualche caduta di stile (la sequenza onirica) e contrappunti sfocati (i rapper). Fa macchia nella toscaneria del contesto il napoletano Francesco Paolantoni in un personaggio che ha il suo archetipo nel gogoliano Chlestakov di L’ispettore generale (1836).
Lezione maieutica di storia e di metodo sui retroscena della strage di Portella della Ginestra (1-5-1947). Dopo il processo del 1951 a Viterbo, l’avvocato di Gaspare Pisciotta conduce un’inchiesta sull’eccidio che – in base a testimonianze, sopralluoghi, documenti, perizie mediche e balistiche – smonta la versione ufficiale (poi accolta dalla maggioranza degli storici) e lo indica come il primo capitolo della strategia della tensione. È un film a programma, con tutti i limiti del caso, ma lineare, veloce, coeso come la fucilata di un tiratore scelto. Attento alla lezione teatrale di Brecht e del cinema didattico dell’ultimo Rossellini, il 5° film del franco tiratore Benvenuti è politico nello stile come nel contenuto. Lo sorregge uno sguardo “non pigro, attento al contesto, motivato a trasformare la visione in un gesto attivo” (M. Marangi). Con alcune buone invenzioni di regia l’antidogmatico regista continua il suo discorso sui pericoli dell’eresia e sui tanti modi cui il potere ricorre per reprimerla. Dedicato a Danilo Dolci. Scritto con Paola Baroni e Mario J. Cereghino.
I parenti lo vorrebbero ingegnere, ma la sua passione è il baseball. Studia e si allena, porta alla vittoria la sua squadra in oltre duemila partite, sposa una sua fan. Vivace biografia di Lou Gehrig, per sedici anni asso degli Yankees che, al culmine della gloria sportiva, fu colpito da una micidiale forma di sclerosi e morì a 37 anni. Cooper fece piangere un americano su due con la confessione del proprio stato alla moglie e il discorso di congedo. 8 nomination e un Oscar per il montaggio. Scritto da Jo Swerling e Herman J. Mankiewicz, lo sceneggiatore di Quarto potere. Poiché Gehrig era mancino, il produttore Samuel Goldwyn fece giocare Cooper con la destra e stampare al contrario il negativo, non prima di aver fatto ricamare sulle maglie numeri e nomi al contrario e di invertire il senso della corsa sul campo di gioco. Rifatto da Fielder Cook con A Love Affair: The Eleanor and Lou Gehrig Story (1978).
Le richieste di reupload di film,serie tv, fumetti devono essere fatte SOLO ED ESCLUSIVAMENTE via email (ipersphera@gmail.com), le richieste fatte nei commenti verrano cestinate.