In una villa di campagna si trovano in otto, divisi in due squadre, a giocare alla roulette cinese: un crudele massacro verbale. Nel finale uno sparo. Non importa chi muore. Lo meriterebbero tutti. Comincia come una pochade, passa alla ferocia di Strindberg, termina come un dramma filosofico di Sartre. Tagliente commedia antiborghese dalla recitazione raffreddata. Non è tra i Fassbinder più felici: greve e manieristico.
Un incidente d’auto fa incontrare ex-scassinatrice che guida un taxi di notte e la ragazza di un gangster che gestisce una bisca di lotte di cani. Per entrambe sarà l’occasione per fuggire da violenze e debiti: organizzano un piano per rubare i soldi delle scommesse, ma non sono le uniche interessate al malloppo. Trama fitta di intrecci, situazioni e consequenzialità temporali spesso di difficile decifrazione. E botte da orbi dispensate da tutti, perché non esiste gangster movie alla coreana senza scazzottate estreme, nonostante il tono semi-serio che attraversa l’intero film. Tanti – forse troppi – i personaggi di contorno, ma la scena è tutta per la coppia di donne.
Troppo tardi e troppo poco perché la fine del mondo si potesse fermare. E così, come da peggiori profezie eco-apocalittiche, alle 4:44 di un giorno X tutto avrà fine, per una coppia di amanti come per l’umanità intera. “Al Gore was right”. Una profezia recepita tardivamente quella apocalittica del quasi-presidente degli Stati Uniti d’America, sorta di santone che, insieme al Dalai Lama e alle sue riflessioni sull’umanità, ricorre in loop come coro morale del film di Abel Ferrara. Un Ferrara quasi pacificato, quasi sereno di fronte all’apocalisse incombente. La sua tipica figura tormentata tra edonismo e desiderio di autodistruzione, senso di colpa e voglia di redenzione, si annulla nello smarrimento collettivo della comunità umana, in balia di eventi di cui è sfuggito il controllo. E con il tormento dell’individuo sparisce anche la dannazione, sostituita da una voglia di affetto e di composizione dei contrasti, di ultimo godimento dei semplici piaceri della vita, quelli a cui è impossibile rinunciare fino all’ultimo respiro.
Con la tipica carnalità e convivialità dell’autore di New Rose Hotel, l’opera a cui 4:44 Last Day on Earth è forse più accostabile, quella sensazione di abbraccio familiare che coinvolge anche il pubblico; quella fisicità unica, che lo accompagna anche durante i litigi via Skype. Un’empatia che il regista ormai mostra di privilegiare rispetto alla cura formale per il film, girato in digitale e lasciato scorrere in uno stream of consciousness suggestivo ma talora povero visivamente. Sostanza più che forma, faccenda che ancora una volta accenderà i fan di Abel e contemporaneamente scatenerà i suoi (molti) detrattori.
Trovata versione in ita grazie ad un utente, versione 720p in inglese su sito russo (i subita sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni)
Ciò che l’occhio non vede è una sorta di documentazione d’autore firmata da otto registi durante le Olimpiadi di Monaco del 1972. Il critico Tullio Kezich scrive a proposito di questo documento: «Ciò che l’occhio non vede lo vede l’obiettivo della macchina da presa. Questa tesi, che si direbbe di ispirazione antonioniana, mosse quattro anni fa l’iniziativa del produttore americano David L. Wolper che in occasione dei giochi di Monaco ha invitato alcuni autori cinematografici a illustrare ciascuno un aspetto della manifestazione.
Dovuto all’inquinamento e all’effetto serra, il riscaldamento progressivo della temperatura terrestre provoca lo sgretolamento dei ghiacci, modificando il millenario flusso di correnti oceaniche che regolano il clima nelle zone temperate del globo. Dopo anomali e disastrosi eventi meteorologici – tra cui l’inondazione di New York – si sviluppa un progressivo fenomeno di glaciazione. Negli Stati Uniti provoca la morte di milioni di persone e una gigantesca migrazione verso il Sud. È lo sfondo di un megafilm catastrofico della Fox che pone più di una domanda: 1) racconto di fantascienza o di anticipazione? 2) perché Emmerich, che in Independence Day irride pacifisti ed ecologi, qui, nel conflitto tra scienziati e politici, dà ragione ai primi? 3) si può dire che per la 1ª volta il massiccio impiego di effetti digitali è al servizio di un film importante e contribuisce alla sua visionarietà? 4) ha ragione Emmerich quando dice che “l’unico momento di vera fantascienza è quello finale quando il vicepresidente degli USA si pente pubblicamente di non aver dato ascolto agli scienziati e ammette il proprio errore”? Scritto dal regista-produttore con Jeffrey Nachmanoff, ispirato a The Coming Global Superstorm ( La tempesta globale , 1999) di Art Bell e Whitley Striaber.
Jill, figlia in fiore di un’agiata famiglia di Ginevra, diventa una diva. In crisi per l’impossibilità di una vita normale, la cerca con un intellettuale italiano. Un film non privo di qualità espressive, ma che lascia perplessi: si sente la fragilità della struttura narrativa, la mancanza di un preciso e coerente atteggiamento verso il tema scelto. Fondamentale solo per i fan di B.B.: Jill è palesemente un suo alter ego. Finale in crescendo. Commovente.
Nei suoi giri quotidiani un’infermiera romana (M. Merlini) frequenta diversi gruppi familiari, ciascuno con i suoi problemi. Scritto con Age, Scarpelli e Leo Benvenuti, è un film a episodi camuffato che segna una tappa significativa nell’itinerario di M. Monicelli – e del cinema italiano in generale – per avvicinarsi alla commedia di costume borghese senza il cipiglio dell’indagatore o la grinta del polemista, ma col sorriso e lo sguardo lucido dell’osservatore. Diretto con competenza, recitato da un’affiatata squadra d’interpreti tra cui spicca M. Mastroianni, ormai il n. 1 degli attori giovani italiani.
Da una novella (1921) di W.S. Maugham e dal dramma Rain ( Pioggia , 1922) di J.B. Colton e C. Randolph, prodotto dalla società della Swanson, è il terzultimo film muto di Walsh, anche sceneggiatore e, dopo molti anni e per l’ultima volta, attore nella parte del sergente Tim O’Hara. Fuggita da San Francisco per evitare il carcere, una prostituta sbarca a Samoa, isola del Pacifico, diventa l’amante di un simpatico marinaio e attira l’attenzione di un fanatico puritano (un prete in Maugham) il cui interessamento non è soltanto spirituale. Il regista approfitta dell’assenza di dialoghi per smorzare nelle didascalie le battute più crude che, secondo i lip-readers (che leggono i movimenti delle labbra), gli interpreti pronunciano. Grazie all’atmosfera di erotismo esotico e all’interpretazione realistica della Swanson, ebbe un grande successo di pubblico e di critica. Leggere alla voce Pioggia le schede dei due mediocri film sonori derivati dalla stessa novella. L’ultimo dei 9 rulli, perduto, è stato ricostruito con fotogrammi fissi in un’edizione restaurata. Muto.
Un film di Werner Herzog. Titolo originale Echos aus einem düsteren Reich. Documentario, durata 90′ min. MYMONETRO Echi da un regno oscuro valutazione media: 3,00 su 3 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Michael Goldsmith, corrispondente dell’Associated Press dal Nordafrica, conduce l’inchiesta su Jean Bedel Bokassa, ex imperatore della Repubblica Centrafricana, spodestato da un colpo di stato, accusato di molti crimini efferati (anche di cannibalismo), condannato a morte in contumacia e poi chiuso nel carcere di Bangui. Diversi tipi di testimonianze e di testimoni, interessati e disinteressati, si alternano con spezzoni di documentari. Non mancano gli inserti di taglio grottesco e surreale: i granchi sulla spiaggia all’inizio, lo scimpanzé che fuma alla fine, immagine insopportabile perché, al tempo stesso, troppo umana e troppo vera. Più che un documentario sugli orrori della realtà è un’indagine sulla natura del potere dispotico, è “un film sulla menzogna, sull’inattendibilità, sulla messa in scena della testimonianza” (A. Pezzotta). Fotografia di Jörg Schmitte-Reitwein, musiche di J.S. Bach, A. Vivaldi.
Un film di Gregory Ratoff. Con Ingrid Bergman, Leslie Howard Titolo originale Intermezzo, a Love Story. Drammatico, b/n durata 66 min. – USA 1939. MYMONETRO Intermezzo valutazione media: 3,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Un affermato musicista si innamora dell’avvenente insegnante di piano della sua bambina. È un amore impossibile al quale la giovane cede dopo essersi a lungo dibattuta nel rimorso. I due si separano per sempre quando la piccola muore in un incidente automobilistico.
1° episodio “Cocaina di domenica” (con N. Manfredi e A.M. Ferrero): coppia di giovani sposi prova per scherzo la cocaina; 2° episodio “Il professore” (con un memorabile U. Tognazzi): professore feticista installa in un armadio dell’aula un gabinetto per impedire alle allieve di uscire durante le lezioni; 3° episodio “Una donna d’affari” (con N. Manfredi e D. Wettach): musicista corteggia donna d’affari che lo fa sempre andare in bianco. Il 1° e il 3° sono novellette potabili, ma il 2°, scritto da M. Ferreri col vecchio complice Raphael Azcona, è un trattatello all’acido solforico sulla perversione.
Da un romanzo (1897) di Georges Darien. Francia, 1880: rispettabile borghese scopre il furto come strumento di rivolta contro la società corrotta e contenta di sé cui appartiene. È una scelta di vita che sfocia nella solitudine. Un Belmondo sorprendente in un film insolito.
Una coppia di felici coniugi fantasmi è alle prese con una famiglia di chiassosi e petulanti snob che hanno occupato la loro casa. Uno dei più divertenti e spiritosi film del filone dei fantasmi. Cocktail riuscito di effetti speciali, trovate comiche, espressionismo e pop art.
Nel 1607 – tredici anni prima dell’arrivo a Plymouth del Mayflower con i Padri Pellegrini – tre caravelle inglesi approdano sulle coste della Virginia, alle foci del fiume Cickahominy. Comincia la storia della principessa Pocahontas (1595-1617) e dell’avventuriero ed esploratore John Smith (1580-1631). I personaggi sono storici, il film è un poema epico che scarta la loro trasformazione in romantica (e ipocrita) leggenda sulla riconciliazione delle razze. Il nome di Pocahontas non è mai pronunciato. Il preludio del wagneriano L’oro del Reno suggerisce l’imminenza di un disastro: se Pocahontas è un’ondina, i britanni sono gli gnomi in cerca dell’oro. Il mattino del nuovo mondo dura poco. È un poema in 3 tempi. All’idillio sognato del primo subentra la disillusione. Per i compatrioti di Smith, i veri barbari, l’incontro con l’Altro porta alla sua esclusione, preludio dello sterminio, anche se, romantico dallo sguardo lucido, Malick indica i parallelismi tra i due mondi: anche gli indigeni hanno regole e tabù. Invece di ascoltare il cuore, Smith prosegue il suo mestiere di esploratore, obbligando Pocahontas a rinnegare i suoi e accettare l’assimilazione. Malick ha sempre raccontato l’oltraggio che l’azione dell’uomo continua a fare alla natura. Fotografia: Emmanuel Lubezki. Scene: Jack Fisk. Musica: James Horner.
È la storia – da Cronache italiane (1829) di Stendhal – dell’amore tra il carbonaro Pietro Missirilli e la principessa Vanini nella Roma del 1823 sullo sfondo del malgoverno papalino, dei primi fermenti liberali, della vita quotidiana del popolo. Per averlo tutto per sé, lei denuncia i suoi compagni che lo accusano di tradimento. Pietro si costituisce e, condannato alla ghigliottina, respinge l’aiuto di lei che si chiude in convento. Il dissidio tra melodramma e cronaca, finzione e documento, spettacolo e intenti didattici non è risolto; è, in negativo, il film più viscontiano di Rossellini, che non riconobbe il montaggio, ma meriterebbe una rivisitazione. Scritto da F. Solinas, A. Trombadori e troppi altri.
Un film di Hal Ashby. Con Jane Fonda, Jon Voight, Bruce Dern Titolo originale Coming Home. Drammatico, durata 127 min. – USA 1978. – VM 14 – MYMONETRO Tornando a casa valutazione media: 3,21 su 7 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Allo scoppio del conflitto nel Vietnam, un ufficiale americano parte per la guerra. Sua moglie, infermiera volontaria, conosce un reduce paralizzato del quale si innamora. L’uomo, fervente assertore del non-intervento, è sorvegliato dall’Fbi che mette al corrente l’ufficiale della relazione dell’infermo con sua moglie.
Una roboante voce misteriosa annuncia a Napoli l’imminente giudizio universale. Ciascuno reagisce nella maniera più impensata dimostrando di volersi pentire dei propri peccati.
A causa di uno sfratto un’anziana coppia è costretta a separarsi. Si fanno ospitare dalle due figlie che ne approfittano per adibirli a mansioni domestiche. La separazione riaccende la vecchia fiamma. In sagace equilibrio tra umorismo e sentimento, realismo e favola, il film – ispirato al romanzo di P. Festa Campanile – ha facilità bozzettistiche e invenzioni romanzesche un po’ stiracchiate, ma sono i peccati veniali di un’agrodolce commedia asciutta e puntigliosa. Ultimo film per il cinema della Titanus fondata nel 1904.
Dall’oratorio drammatico (1938) di Paul Claudel con musiche di Arthur Honegger, già messo in scena da Rossellini nel 1953: in attesa del supplizio la Pulzella rievoca i principali episodi della sua vita. Considerato a torto come una semplice trasposizione dell’opera teatrale, il film è ricco di pregevoli invenzioni tecnico-espressive. “Non è affatto teatro filmato, ma cinema; direi persino che è neorealismo nel senso in cui l’ho sempre tentato” (R. Rossellini).
A Vienna, nell’indagare sul tentato, forse istigato, suicidio di una divorziata americana (Russell), un ispettore di polizia (Keitel) scopre che ha una torbida relazione con uno studioso di psicanalisi (Garfunkel) affetto da gelosia possessiva e da inclinazioni perverse. Dopo alcune incursioni nel territorio congeniale del cinema fantastico, Roeg, noto direttore della fotografia passato alla regia, ha diretto questo labirintico sex melodrama, scritto da Yale Udoff, dove, più che i rimandi a Freud e a Pinter, contano le suggestioni figurative sotto il segno grafico di Klimt e Schiele. Affascinante, intrigante, ai limiti del Kitsch. Musiche degli Who, Keith Jarrett, Billie Holliday. È il 1° dei film che la Russell ha interpretato sotto la guida del marito.
Le richieste di reupload di film,serie tv, fumetti devono essere fatte SOLO ED ESCLUSIVAMENTE via email (ipersphera@gmail.com), le richieste fatte nei commenti verrano cestinate.