Nel 1906 a Londra intraprendente giornalista indaga su un’organizzazione segreta che elimina le persone indegne del loro incarico, ma s’innamora del capo. Commedia giallo-nera tratta da un paradossale romanzo incompiuto di Jack London, assai godibile per i dialoghi spiritosi, la finezza ironica (nella 1ª parte) e la bella compagnia d’interpreti.
Dal romanzo breve Il dottor Gräsler medico termale (1917) di Arthur Schnitzler. Ritratto di un filisteo egoista di mezz’età, irresoluto e pedante che, dopo l’enigmatico suicidio di un’amata sorella nubile, tenta inutilmente di agganciarsi alla vita e all’amore attraverso tre donne. L’azione si svolge tra un’isola del Mediterraneo, una stazione termale e una cittadina dell’impero asburgico alla vigilia della 1ª guerra mondiale. In filigrana i segni della lacrimevole finis Austriae . Esterni in Ungheria, contributi tecnici di prim’ordine (Rotunno, Canonero, Morricone), un apparato figurativo alla Visconti: un signor film, ma freddo. La freddezza è premeditata con critica ironia, ma nasce anche dall’incapacità di Faenza di abbandonarsi alla pienezza del sentimento e dalle difficoltà di condensare la sottile analisi psicologica di Schnitzler.
Nella Lisbona del 1938, sotto la cappa del fascismo salazariano, un anziano giornalista culturale con la passione dei necrologi di scrittori illustri incontra due giovani impegnati nella lotta clandestina contro il regime e un medico colto e democratico che l’aiutano a uscire dal guscio della sua quieta neutralità. E a ribellarsi. Tratto dal romanzo (1994) di Antonio Tabucchi, è una limpida trasposizione secondo un criterio di scrupolosa fedeltà (con poche variazioni, e un’importante aggiunta nel finale) che è anche il suo limite. Un ottimo Mastroianni in perfetta osmosi con il personaggio. Un po’ spenti gli altri.
Un film di Roberto Andò. Con Michel Bouquet, Jeanne Moreau, Laurent Terzieff, Paolo Briguglia, Giorgio Lupano. Biografico, durata 90 min. – Italia 2000. MYMONETRO Il manoscritto del principe valutazione media: 3,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari. La storia de Il Gattopardo, il romanzo del principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa, capolavoro della nostra letteratura del novecento, bocciato in prima istanza nientemeno che da Vittorini. La figura del principe emerge attraverso il rapporto fra due suoi allievi, un borghese ricco e uno… solo dotato. Davvero accattivante e preziosa la ricostruzione del quotidiano del principe, costretto a vendere gioielli di famiglia per sopravvivere. Coraggiosi anche molti dialoghi in chiave squisitamente accademica: Lampedusa era uno dei massimi esperti di letteratura inglese. Gradito, da sostenere
In un paesino della provincia di Benevento, San Lupo, da un po’ di tempo spariscono i bambini. La polizia crede si tratti di un pedofilo ma la gente del paese ha paura che a portare via i loro figli sia la Janara, una strega. Esiste infatti un’ antica leggenda su una Janara messa al rogo mentre era incinta, la quale avrebbe maledetto gli abitanti del paese e la loro prole. Marta e Alessandro sono una giovane coppia che aspetta un figlio da poche settimane. Arrivano a San Lupo per delle questioni testamentarie legate alla morte del nonno di lei e si trovano invischiati in una faccenda dai contorni sempre più macabri. Mentre l’ennesima sparizione fa scoppiare una psicosi nel paese, Marta capisce che il suo legame con la leggenda della Janara è tutt’altro che lontano. La voglia di scappare via è grande, ma è forte anche il desiderio di fermare questo spirito che si impossessa del bene più prezioso delle famiglie. Per farlo però, dovrà mettere in gioco la sua vita e quella del bambino che porta in grembo.
In un istituto per malattie mentali, un giovane assistente reduce dalla guerra e una strana ragazza ammalata vivono una disperata storia d’amore. Ma il giovane, che ha avuto tristi esperienze belliche, sente che il male si insinua anche in lui. È il film di congedo di Rossen, regista sottovalutato: un’inquietante escursione nell’universo della malattia mentale con ambizioni simboliche e un sottofondo estetizzante. La Seberg se la cava bene. Tratto da un romanzo di J.R. Salamanca, vanta un bel bianconero del veterano E. Shüfftan.
Separato dalla moglie (Masina), il commendatore Tullio Conforti passa la settimana pascolando con le sue amanti, una al giorno. La domenica, sul suo yacht, si concede un meritato riposo. Ma continua a dichiararsi contro il divorzio. Ispirato al progetto di legge Fortuna (che fu approvato nel 1970), il 2° film diretto da A. Sordi è stato scritto con Sergio Amidei. L’attore sopperisce alle carenze della regia. Grande successo.
Un quindicenne in vacanza in un’isola della Nuova Inghilterra s’innamora di una bella signora. Alla notizia della morte del marito in guerra, la donna disperata si concede al ragazzo. La forza del film sta nella buona sceneggiatura di Herman Raucher che tratta con delicatezza il problema sessuale negli adolescenti, nell’uso delle mezze tinte nella regia di Mulligan, nella direzione degli attori. Oscar per le musiche di Michel Legrand. Film di culto per gli adolescenti degli anni ’70.
Jim Grant è un avvocato vedovo che vive ad Albany (New York) con la figlia. In seguito all’arresto di una componente di un gruppo pacifista radicale attivo negli anni della guerra nel Vietnam rimasta in clandestinità per decenni, un giovane giornalista, Ben Shephard, avvia una serie di indagini. La prima ed eclatante scoperta è legata proprio a Grant. L’avvocato ha un falso nome e ha fatto parte del gruppo. Su di lui pende un’accusa di omicidio nel corso di una rapina in banca. Grant è costretto ad affidare la figlia al fratello e a fuggire.
Dal romanzo (1883) di Robert Louis Stevenson: un tesoro nascosto, una mappa per rintracciarlo, un lungo viaggio in mare, un ammutinamento, un astuto pirata con una gamba di legno, un pappagallo e il giovanissimo Jim coinvolto nell’avventura. Sceneggiato benissimo, un film nella migliore tradizione della M-G-M con un indimenticabile Beery dalla vellutata truculenza. Barrymore non gli è da meno. Già filmato 3 volte nel muto (dopo quelle del 1912 e 1917, notevole la versione del 1920 con la regia di Maurice Tourneur) e seguito da altre versioni. Esiste in edizione colorizzata
Uscito dal carcere, giovanotto con moglie e figlio tenta di coltivare la sua vocazione musicale. Lo ostacola una vecchia signorina che l’ha in custodia vigilata da quando era rimasto orfano. Pur sceneggiato da Horton Foote, autore della commedia all’origine del film ( The Travelling Lady , 1957) è pieno di buchi come una forma di groviera. La cornice ha una sua triste suggestione, ma il quadro è specioso, non convincente. Belle musiche di Elmer Bernstein.
Un mortale gas nervino, liberato accidentalmente nell’aria dallo stesso scienziato che l’ha creato, infetta un numero crescente di abitanti di una cittadina del Texas, con piaghe purulente in espansione, e li trasforma in zombi aggressivi e cannibali, provocando una lotta spietata con i sopravvissuti. Uscito in USA come una delle due parti di Grindhouse di Tarantino, fu un fiasco. In Italia i due episodi sono stati distribuiti separatamente, reinserendo in ciascuno una missing reel (bobina persa) volutamente omessa nella versione originale. Film maniacalmente puntato sui generi “bassi” del ventennio ’60-’70, all’insegna di un eccesso spinto per situazioni, dialoghi, personaggi. Senza cadere nella parodia, è un furibondo trattato di citazionismo imitativo che riproduce perfino i tagli, le abrasioni, le imperfezioni dei film del passato. Si va dal cinema di Romero agli italiani Fulci e Deodato. È una sagra di sangue e violenza alla ricerca del disgusto estremo: la decomposizione in diretta di un membro maschile (di Tarantino) si contrappone all’innesto di un mitra al posto di una gamba amputata (per la McGowan). Distribuito da Medusa anche in DVD con 90′ di extra.
Guy e Prisca stanno attraversando un momento difficile, ma tengono tutto nascosto ai figli Trent e Maddox, per non rovinare loro la vacanza speciale che si accingono a vivere: un periodo di relax in un resort esclusivo e poco noto. La proposta dei gestori del villaggio turistico di accedere a una spiaggia oceanica incontaminata sembra impossibile da rifiutare, ma presto i Capa scopriranno che il luogo nasconde un segreto.
Il dr. Phibes parte per l’Egitto alla ricerca del fiume della vita per resuscitare l’amatissima moglie. È con lui Baiderbeck in cerca della vita eterna. Più di un critico giudicò questo seguito migliore e più divertente del primo film ( L’abominevole Dr. Phibes ) in cui la trovata delle piaghe d’Egitto risultava un po’ ripetitiva. Price è perfetto.
Ispirato al racconto di L. Tolstoj Il biglietto falso (o La cedola falsa ), il 13° e ultimo film di R. Bresson è fondato sul principio della valanga: “Una piccola colpa provoca una valanga vertiginosa del Male, fino al momento in cui nasce il Bene”. Come, accusato a torto dello spaccio di una banconota falsa, un onesto lavoratore diventa un pluriomicida e si costituisce. Per l’ultimo, desolato Bresson – ossessionato in un mondo scristianizzato dall’assillo del denaro – la vita è fatta di predestinazione e di casualità. Messo a confronto con il male e l’ingiustizia, il giovane Yvon è designato dal destino come capro espiatorio. Gelido e appassionante, abbagliante e spoglio, questo film, in cui si filma una rapina in mezzo minuto e un assassinio con un’inquadratura, chiede allo spettatore la fatica di cavare dal “poco” che gli sta davanti il “molto” che vi è racchiuso. In un film, come in un libro, si può entrare per scasso o per insinuazione. Qui si può penetrare per osmosi. Fotografia di Pasqualino De Santis, come nei 2 precedenti film del regista, poi sostituito da E. Machuel. Premio della creazione a Cannes ex aequo con Nostalghia di Tarkovskij.
Un uomo rimane imprigionato in una miniera. La moglie, attraversando da sola un territorio infestato dagli indiani, si reca nella città più vicina e recluta quattro avventurieri che dietro compenso accettano di aiutarla. Il prigioniero viene tratto in salvo, ma durante il viaggio di ritorno i pellirossa attaccano la piccola comitiva della quale si salvano solo la donna e uno dei salvatori.
16-11-1981. Guidati da un ex generale degradato dell’aviazione militare USA, quattro uomini fuggono da un carcere del Montana, occupano una base missilistica e si preparano a lanciare nove missili atomici Titan sull’URSS se il neopresidente USA – oltre a pagare 110 milioni di dollari e garantire loro l’immunità – non renderà noto in tv un documento segreto, redatto dal predecessore Richard Nixon e dai suoi consiglieri, che dimostra il carattere strumentale dell’intervento nel Vietnam. Nonostante l’opposizione del suo staff, il presidente vola alla base occupata per offrirsi in ostaggio ai terroristi e diventa il capro espiatorio della situazione. Dal romanzo Viper Three di Walter Wager, sceneggiato da Ronald M. Cohen e Edward Huebsch, il quartultimo film di Aldrich è un thriller fantapolitico all’insegna della catastrofe atomica, ossessione ricorrente nel suo cinema, affidato alla suspense del “conto alla rovescia”. Poco convincente nella sua rigidità ideologica che si riflette sulla resa degli attori, è permeato da un esplicito e coraggioso pessimismo, confermato dal finale: i presidenti passano o si tolgono di mezzo a fucilate, ma la cricca politico-militare che comanda a Washington rimane al suo posto. Lo riscatta solo in parte il nitido professionismo della regia, particolarmente efficace nell’uso dello split-screen . Il titolo è una citazione dell’inno nazionale statunitense. Massacrato dai tagli nell’edizione italiana.
Il 1° giugno 1970 a Pisa, nell’ambiente studentesco di sinistra, arriva la notizia – ma è una voce – che a Roma sta per scattare un colpo di Stato parafascista come quello dei colonnelli in Grecia nel ’67. Plagiati da Pino Masi, cantautore noto per le sue canzoni di lotta, Renzo Lulli e Fabio Gismondi, liceali chitarristi che lo adorano, accettano di seguirlo in una fuga verso il confine con la Iugoslavia dove potranno chiedere asilo politico. Sconfinano invece in Austria dove le stupite autorità li carcerano in attesa di conoscere le ragioni del pasticcio. Prodotto da 3 donne (N. Barbieri, C. Airoldi, P. Massa) con Carlo Degli Esposti e scritto dall’esordiente Johnson (nato a Londra, ma cresciuto in Italia, attivo dal 2001 come sceneggiatore) con Lulli e F. Bruni, è un piccolo film a basso costo, arguto, intriso di ironia che vira nel grottesco, ma sostenuto da un’esplicita simpatia per i 3 personaggi allo sbando. Da non perdere i titoli di coda. I 3 personaggi esistono, hanno 40 anni in più e in vari modi hanno collaborato al film. Distribuito da Cinecittà Luce.
Nella Chicago degli anni ’20 due studenti sequestrano e uccidono un ragazzo per il gusto di un gesto gratuito. Il celebre avvocato Clarence Darrow (Welles) li salva dalla pena capitale. Come Nodo alla gola (1948) di Hitchcock, è ispirato al celebre delitto Leopold-Loeb, drammatizzato in modo più giornalistico adattando un copione teatrale di Meyer Levin. Solido, efficace, freddo. Conta soprattutto per Welles in un esercizio di alto istrionismo.
Ko Chow (Chow Yun-Fat) è un poliziotto infiltrato da parecchio tempo negli ambienti criminali di Hong Kong. Fu (Danny Lee) è un rapinatore abbandonato alla malinconia con una specie di morale molto poco etica sporcata dal sangue, che accoglie Ko Chow nella sua banda per un grande colpo in gioielleria, che si trasformerà in una tragica rapina.
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