Da un dramma di Edward Wool. Un baronetto inglese, amnesiaco intermittente, è accusato di aver preso, durante la prigionia in Germania, l’identità di un altro. Partenza lenta seguita da una suspense ben manovrata. Bravi attori tra cui spicca Bogarde in una doppia parte. Di un teatralismo greve.
Justin è un ragazzo che ha perso la sua fidanzata April per colpa di un demone e farebbe di tutto per riaverla. Justin userà un vecchio libro, un grimorio avuto come regalo dalla ragazza, per evocare il demone “Lo”, demone di grande potenza, per farsi riportare indietro la sua fidanzata. Quando gli si presenterà, Justin vedrà Lo come un povero storpio con le gambe spezzate che si trascina sul pavimento, che tuttavia si rivelerà un demone con uno strano senso dell’umorismo. Justin cerca di prendere una posizione di comando sul demone evocato, ma Lo, anziché obbedire, cercherà di convincerlo a lasciare il mondo dei demoni e ritornare nel mondo umano.
West Hollywood, California, 1979. Drag queen in un locale di Los Angeles, Rudy Donatello conosce il vice procuratore distrettuale Paul Fliger col quale ha un fugace rapporto sessuale. Quando la sua vicina di casa tossicodipendente è arrestata, il figlio di lei, Marco, quattordicenne affetto dalla sindrome di Down, viene affidato ai servizi sociali. Una sera, Rudy incontra il ragazzo che è riuscito a tornare all’appartamento in cui viveva con la madre dopo essere fuggito dai servizi sociali. Rudy decide così di prendersene cura: per riuscire ad ottenere la custodia temporanea di Marco, chiede aiuto all’uomo di legge Paul, insieme al quale costituirà una famiglia che attirerà pregiudizi e discriminazioni. Basato su un fatto realmente accaduto, Any Day Now è carico di passione, umanità, lampi di fortissima commozione che creano un’empatia immediata con il pubblico. Del resto, siamo alle prese con personaggi autentici, credibili, assorbiti in una spirale da melodramma in puro stile anni Settanta, in un rimescolamento delle coscienze che mette in gioco il punto di vista sugli affetti, la cura dell’altro, lo smarrimento emotivo: risulta curioso, in tal senso, notare che nello stesso anno in cui questa storia veniva vissuta e patita dai suoi reali protagonisti al cinema usciva Kramer contro Kramer, al quale il lavoro di Travis Fine può essere accostato per alcune affinità di scansione drammatica.
Dal romanzo di Arthur Hailey: in una notte nevosa in un aeroporto internazionale decolla un aereo a bordo del quale c’è un terrorista pazzo. Melodrammone di alto mestiere con 4 o 5 filoni narrativi che s’intrecciano e una suspense ben calibrata. H. Hayes vinse un Oscar come attrice non protagonista.
Primo inverno. 1999. Camilla lascia il paese d’origine e si trasferisce a Venezia per frequentare l’università. Sul vaporetto incontra Silvestro: il sorriso chiaro, le idee molto meno. Un po’ per fato e un po’ per intenzione, il ragazzo perde l’ultima corsa della sera e passa la notte insieme a lei. È l’inizio di un amore che chiederà dieci anni per riconoscersi come tale. In mezzo scorrono l’amicizia, la paura, il dubbio, le impennate di orgoglio, l’incredulità.
1974. Don Revie, dopo tutte le vittorie conseguite con il Leeds United, diventa allenatore della nazionale inglese. Ha delle idee chiare su chi dovrebbe essere il suo successore ma la società ingaggia un altro. Si tratta di Brian Clough suo acerrimo rivale che ha fatto uscire il Derby County dalla seconda divisione fino a fargli vincere il campionato contro il Leeds che da sempre accusa di pesanti scorrettezze in campo troppo poco sanzionate dagli arbitri. Ora Clough, che si è separato dal suo vice Peter Taylor, deve vedersela con una squadra che è rimasta legata al precedente coach. Non è necessario essere appassionati di calcio per apprezzare un film che si muove con sicurezza su più piani (il regista è quel Tom Hooper che con Il discorso del re conquisterà 4 Oscar che contano). Perché Hooper riesce a svincolarsi dalla cronaca sportiva per indagare nella psicologia di una frustrazione personale che si trasforma in lotta ideale fino ad inscriversi nella storia del calcio. Clough vive la propria professione come una missione contro la prepotenza di chi ha la spocchia di ignorare gli avversari considerandoli delle nullità trascurabili. In questa crociata personale, che non risparmia neppure i dirigenti delle squadre per cui allena e dei quali a sua volta disprezza l’incompetenza, è affiancato da un braccio destro fondamentale: l’amico e collaboratore Taylor del quale non comprende le ragioni fino a quando non viene costretto a confrontarsi con la realtà. La realtà è quella di una squadra (il Leeds) che gli gioca contro vanificando qualsiasi sua visione strategica.
Film muto. Alonzo (Chaney), apparentemente senza braccia (le ha nascoste sotto un corsetto), lavora in un circo gitano in Spagna come lanciatore di coltelli con i piedi e s’innamora di Nanon (Crawford), sua partner, che nutre un patologico ribrezzo per le mani degli uomini. Per amor suo si fa amputare le braccia, ma quando torna al lavoro Nanon si è fidanzata con il forzuto del circo Malabar (Kerry), che l’ha guarita dalla sua fobia. Finale tragico. 5° dei 10 film che T. Browning e L. Chaney girarono insieme tra il 1919 e il 1929, e uno dei 7 che J. Crawford interpretò per la M-G-M nel 1927. Sceneggiato da Waldemar Young su un soggetto dello stesso regista, è uno dei più deliranti melodrammi d’amore del cinema muto, e dovrebbe figurare in un’ideale antologia dei migliori film d’ambiente circense. Browning meriterebbe una personale retrospettiva. “Tra tutti i registi americani è colui che cercò di più di far saltare le barriere tra l’animalità e l’umanità, il normale e il mostruoso, il desiderio e la frustrazione, il reale e il fantastico” (J. Lourcelles).
Il film racconta la storia di coppie sposate e frustate da partner noiosi, figli viziati e vite prevedibili, che il giorno sembrano famiglie perfette mentre nella notte sono tutt’altro. Sarah è una madre sposata con un marito, Richard, ossessionato con il porno su internet. Todd è un padre casalingo sposato con Kathie, documentarista fissata dal voler fargli riprendere la carriera legale. Mary Ann è una supermamma organizzata con una figlia di 4 anni già con il futuro destinato ad Harvard. E infine Ronnie, un pedofilo uscito dalla prigione che fa ritorno a casa. In questo clima di famiglie disfunzionali, Sarah e Todd iniziano una storia che li riporta all’età dell’adolescenza, in quel periodo di libertà tra le responsabilità dell’infanzia e quelle di essere genitori.
1° film di Giovanni Brass, in arte Tinto (1933). Bonifacio, giovane veneziano disoccupato e anarchico, fa una serie di strani incontri. Sullo sfondo di una Venezia inedita, è un film impregnato di veneta bizzarria libertaria che, tra scompensi e cadute di gusto, ha scatto, estro e qualche pagina di forza sconsolata, a mezza strada tra Rossellini e Godard. La censura impose tagli, modifiche e il cambio del titolo con In capo al mondo .
Un giovane torna dal Vietnam e sposa la dolce fidanzata che l’ha aspettato. Dopo la cerimonia gli sposi si recano in un motel, dove per tradizione le coppie del posto vanno a festeggiare la prima notte. Ma nel motel accadono fatti terribili e raccapriccianti. I due assistono a un assassinio e subito dopo la donna è violentata dai killer. Non è finita.
Inspiegabile catena di decessi per attacco cardiaco in una cittadina USA. Aiutato da tre fantasmi (Astin, McBride, Fyfe) il vedovo Bannistor (Fox) imbastisce piccole truffe ai danni delle famiglie dei cari estinti, fa il filo alla vedova Lucy (Alvarado) e scopre un defunto cattivissimo (Busey). Scritto con la moglie Fran Walsh, è il 1° film del neozelandese Jackson per Hollywood, e risente fin troppo dell’influenza di R. Zemeckis, produttore esecutivo. Farsa macabra in altalena tra satira di costume e scempiaggini ridanciane, appoggiate a efficaci effetti speciali. Il traguardo è la ricostruzione della famiglia, eliminando le aberrazioni sessuali del percorso. Parzialmente riuscita la contaminazione dei generi, ma le figure secondarie azzeccate non mancano.
Arnaud Labrède ha vent’anni e idee confuse sul futuro, che come il presente lascia che accada. Alla morte del padre, decide di aiutare il fratello con la piccola impresa di famiglia. Madeleine Beaulieu ha vent’anni e idee chiare sul futuro, che è certa non accadrà. Figlia paranoica di una famiglia benestante, Madeleine è ossessionata dalla fine del mondo e dalle tecniche di sopravvivenza. Arnaud e Madeleine non hanno niente in comune ma secondo il vecchio principio degli opposti i due finiscono per attrarsi. Sulla spiaggia e davanti a uno stand dell’esercito, in cerca di matricole, Arnaud e Madeline si incontrano e si battono. Madeleine atterra Arnaud, Arnaud morde Madeleine. È l’inizio di una relazione e di un percorso sentimentale a ostacoli.
Benjamin Barois ha ventitré anni e il sogno di diventare un grande medico. Ma per ora di grande ha solo il camice, offerto dall’ospedale e ‘decorato’ con macchie pulite. Per sei mesi dovrà occuparsi di dieci stanze e diciotto pazienti. Ad osservarlo il padre, primario autoritario nello stesso ospedale, ad affiancarlo Abdel Rezzak, medico algerino competente e umano “facente funzioni d’interno”. Di guardia, una notte è chiamato a occuparsi di un paziente che accusa forti dolori addominali. Benjmain si limita a somministrargli un analgesico ma l’indomani l’uomo è morto. Padre e superiori coprono l’errore, la vedova chiede spiegazioni, Abdel pone domande, Benjamin è confuso. Deluso da se stesso, cerca la maniera di rimediare e di diventare un medico migliore.
Mr. Fogg scommette con gli amici che farà il giro del mondo in soli 80 giorni. Alla fine la scommessa sembra perduta per sole 24 ore. Sorpresa finale. Tratto dal romanzo (1873) di Jules Verne non è un film, ma un filmone, un filmissimo. 160 giorni di lavorazione e più di 40 star compaiono nel viaggio. Niven è impeccabile, la MacLaine sprecata e Cantinflas eccede. Prodotto da Michael Todd che ne è il vero autore, girato in Todd AO, incassò 23 milioni di dollari, ebbe 5 premi Oscar (miglior film, sceneggiatura, fotografia, musica, montaggio). Rifatto come miniserie TV. “È un film come qualsiasi altro, soltanto due volte più lungo… le scene di treni e piroscafi sembrano infinite” (D. Robinson).
La giovane scimmia Passepartout, chiusa nella sua cameretta, sogna il giorno in cui potrà avventurarsi, zaino in spalla, sulle orme del suo idolo, l’esploratore Juan Frog De Leon, detentore del record del giro del mondo nel più breve tempo possibile: novanta giorni. Nel mentre, però, vive in una terra popolata di gamberetti, dove l’avventura non ha spazio alcuno, almeno fino al giorno in cui arriva, in infradito su una tavola da surf, il ranocchio Phileas Frog. Simpatico e sbruffone, inseguito dal gerbillo femmina Fix, che lo accusa di aver rubato dieci milioni di vongoloni, Frog non trova di meglio per cavarsi d’impaccio che promettere di battere lo storico record circumnavigando il globo in soli ottanta giorni. È l’occasione che Passepartout aspettava da sempre, e per la quale vale persino la pena di scappare di casa.
Dopo che una forza misteriosa ha mandato a picco un sottomarino nucleare USA nel Mar dei Caraibi, arriva una squadra di sommozzatori. Ma ci sono presenze incombenti. Cameron è andato vicino al capolavoro, mancando il bersaglio per un eccesso di preoccupazioni commerciali, inevitabili in un progetto che costò 60 milioni di dollari. Ritmo convulso nella 1ª parte, bizzarro, visionario nella 2ª, ai limiti dell’assurdo se non del Kitsch. Oscar per gli effetti speciali visivi. Esiste, con 31 minuti in più, The Abyss: Special Edition che non è un director’s cut , ma il recupero di sequenze scartate al montaggio da Cameron in cui si accentua la minaccia di un possibile conflitto nucleare. I primi 90 minuti sono tra il meglio di Cameron, regista d’azione, ma il resto sprofonda negli abissi della sua sceneggiatura.
Sequel ancora più trash del cult “Sex and Fury”, “Female Yakuza Tale” vede questa volta la bellissima e letale paladina della giustizia Ochô Inoshika (Reiko Ike) coinvolta accidentalmente in un omicidio di una prostituta manovrata da spietati e lussuriosi spacciatori che nascondono le loro dosi all’interno degli organi genitali delle sfortunate “lucciole”. Sulle tracce della impietosa banda di criminali vi sono l’ex componente della gang Joji (Ryôhei Uchida), pronto a battersi per il suo vecchio boss rimpiazzato dal furfante capo Goda, alleato con l’avversario Big Tiger per espandere il business, e la misteriosa quanto fatale Yoshimi (Makoto Aikawa), anch’essa motivata da uno spirito di ardente rivalsa verso gli aguzzini che sfruttano e torturano le povere ragazze
Il giovane Jerome cerca le luci della ribalta in una prestigiosa scuola d’arte, ma le trova inaspettatamente come indiziato numero uno di un omicidio.Malkovich ha il ruolo del poliziotto che indaga sullo strano caso.
Le madornali e iperboliche imprese del barone di Münchhausen hanno 3 fonti tutte tedesche del Settecento (il vero barone Karl Friedrich Hieronymus von M., l’erudito Rudolph Erich Raspe e il poeta Gottfried August Bürger), furono illustrate da G. Doré nel 1862 e portate sullo schermo già nel 1911 (G. Méliès), 1913 (E. Cohl), 1914 (muto italiano), 1943 (J. von Backy), 1962 ( Baron Prasil ). Con 40 milioni di dollari e collaboratori di prim’ordine (D. Ferretti scenografo, G. Pescucci costumista, G. Rotunno operatore), Gilliam ha rimanipolato la vecchia materia all’insegna del meraviglioso su grande scala, iniettandovi l’umorismo stravagante di Lewis Carroll e la buffoneria esorbitante dei Monty Python. Effetti speciali strabilianti.
Una ballerina di un piccolo locale di Brooklyn vince un concorso per cover girl e lascia il suo impresario fidanzato. Sul punto di sposare un giovane ricco, si pente. Oltre a due o tre straordinari numeri di G. Kelly e alcune belle canzoni di Jerome Kern, è un musical che esprime una frizzante gioia di vivere. Vinse un Oscar per le musiche (Carmen Dragon, Morris Stoloff), ma l’indimenticabile “Long Ago and Far Away” di Kern e Ira Gershwin ebbe soltanto la nomination.
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