Nell’agosto del ’43 colonnello d’aviazione USA finisce in campo di concentramento italiano. Dopo l’armistizio sfugge con altri alla deportazione. Da un romanzo di David Westheimer un film spettacolare in cui conta soprattutto l’apporto degli attori. Buon apporto italiano con S. Fantoni e A. Celi.
Dal romanzo di Emeric Pressburger: vent’anni dopo la guerra civile, un combattente repubblicano, esule in Francia, ritorna in Spagna per uccidere un brutale capo di polizia. Film d’azione che pretende di diffondere messaggi sull’etica, la morte, il destino. Il tono predicatorio dilaga. Peck fuori parte.
Un film di Kevin Billington. Con David Hemmings, Gayle Hunnicutt, Lynn Farleigh Titolo originale Voices. Fantastico, durata 91′ min. – Gran Bretagna 1973. MYMONETRO E se oggi… fosse già domani? valutazione media: 2,75 su 10 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Sconvolta dalla tragica morte del figlio di quattro anni, Claire tenta il suicidio. Uscita dalla clinica, passa col marito qualche giorno in una villa di campagna dove avvengono strani, spaventosi fenomeni. Dal dramma teatrale Voices di Richard Lortz. Storia di fantasmi, di voci dell’aldilà. L’atmosfera è suggestiva, grazie soprattutto alla fotografia di Geoffrey Unsworth. Prolisso, artificioso
Un poliziotto integerrimo smaschera il complotto di un uomo politico corrotto appostandosi con una telecamera nel luogo dove questi si riunisce con la sua banda. Naturalmente lo fanno fuori. Almeno ufficialmente. In realtà, portato d’urgenza all’ospedale, l’agente è vivo, ma resta in coma sette anni. Assistito dalla bella infermiera che si è innamorata di lui, tornato alla vita, avrà ragione dell’inesorabile politico e dei suoi killer.
Coppia di ballerini ottiene fama e successo rapidamente, ma arruolatosi in aviazione (è la guerra 1914-16) lui muore. Il più ambizioso e “serio” film della coppia, frenato dalla prudenza delle biografie dove non si vuole offendere la memoria dei morti né la sensibilità dei vivi. Tratto dai libri My Husband e My Memories di Irene Foote Castle.
Un film di George Marshall. Con Dean Martin, Jerry Lewis, Pat Crowley, Marie Miller Titolo originale Money from Home. Commedia, durata 100 min. – USA 1953. MYMONETRO I figli del secolo valutazione media: 2,50 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Nell’ambiente delle corse di cavalli, Nelson, un allibratore di dubbia fama, viene ricattato da un gangster e costretto a losche azioni ai danni della giovane Phillis Leigh e del cavallo di sua proprietà, ma Nelson si innamora di Phillis e passa dalla sua parte.
È la storia vera di Larry Flynt, ancora vivente (fa un’apparizione nei panni di un giudice di Cincinnati) che, uscito da un’infanzia contadina povera, diventa gestore di locali di spogliarello e negli anni ’70 direttore ed editore di Hustler , pornorivista di grande successo. Inattivo da Valmont (1989), Forman ha fatto un film bifronte, ambiguo, paradossale che gli assomiglia. Il ritratto di un pornografo miliardario con una vita privata per lo meno discutibile, ma non priva di una sua dimensione nobilmente tragica, si risolve in una difesa della libertà di parola e di stampa, cardine di ogni democrazia. Si chiude con una sentenza della Corte Suprema che nel 1988 sancì che il cattivo gusto non è un problema che riguardi la legge. Scritto da Scott Alexander e Larry Karaszewski ( Ed Wood ) e prodotto da Oliver Stone (che avrebbe voluto dirigerlo), è un film che ha avuto un successo di scandalo, ma che scandaloso non è: di grande eleganza, divertente, commovente, spesso retoricamente efficace, sempre accorto, talvolta furbo. Orso d’oro a Berlino 1997.
Regia di Louis Nero. Un film con Francesco Cabras, Daniele Savoca, Franco Nero, Diana Dell’Erba, Ottaviano Blitch, Marco Sabatino, Dragos Toma. Genere Drammatico – Italia, 2011, durata 85 minuti. Uscita cinema venerdì 8aprile 2011 distribuito da L’Altrofilm. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +16 – MYmonetro 2,71 su 28 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. Pietrogrado, 19 dicembre 1916. Il principe Feliks Jusupov scorta il monaco Rasputin nel suo palazzo, con la scusa di volergli presentare la moglie. Ad attendere il mistico, invece, ci sono dello sherry avvelenato e dei pasticcini al cianuro, preparati da alcuni tra i più influenti personaggi di corte, riuniti in complotto. Ci saranno anche dei colpi di pistola e il lancio del corpo, di notte, nelle acque ghiacciate del fiume Moika. Da queste Rasputin verrà recuperato ancora vivo, a testimonianza di una resistenza fuori dell’ordinario, che ha confermato e perpetrato oltre la morte una leggenda già nata e cresciuta durante la sua vita.
È la saga degli Stamper, una famiglia di pionieri nell’Oregon. Tenaci e cocciuti, non esitano a difendere i propri interessi di fronte a quelli dei boscaioli della zona che scendono in sciopero per migliori condizioni di vita.
Paesino al confine con la Iugoslavia è diviso in due dalla Commissione Internazionale dei Territori. Alla popolazione l’ardua scelta. “Un film dalle ambizioni nettamente sproporzionate per uno Zampa non ancora arrivato al massimo delle proprie possibilità creative” (F. Di Giammatteo). Macchiettistico. G. Lollobrigida con la voce di Lidia Simoneschi. I critici Callisto Cosulich e Tullio Kezich appaiono nei ruoli di un ufficiale sovietico e di un tenente iugoslavo.
Dalla vita quotidiana di un gruppo di ventenni di periferia alla rapina improvvisata che conduce il nevrotico protagonista, strafatto di coca, ad asserragliarsi in casa di una giovane paralitica e ad affidarsi a un malefico giornalista televisivo.
Incapace di esprimersi correttamente per via di un trauma infantile, un giovane è costretto a declinare la propria vocazione al sacerdozio: viene così assunto come autista da una baronessa, di cui presto si innamora. Convintala della possibilità di un miracolo, si reca a Lourdes insieme al figlio di lei Parsifal, anche lui impedito da un’infermità alle gambe. Durante il viaggio Parsifal si affeziona ad una giovane che, finito il viaggio, l’ex seminarista non esita a sedurre in una camera d’albergo.
Nicholson è il padre, la Huston la madre. La loro bambina di sette anni è stata travolta da un giovane che guidava ubriaco. La famiglia si è sfasciata, la donna si è risposata e si è portata via gli altri due figli. Il padre è un uomo distrutto, che vive solo in attesa che “l’assassino” della figlia esca di prigione per ucciderlo. Ci prova ma la pistola si inceppa, allora concede all’altro ancora tre giorni di vita. Quando si ripresenta, il giovane, a sua volta distrutto dal rimorso, fugge. Corrono a lungo attraverso la città finché si ritrovano al cimitero, sopra la lapide della bambina che il padre non aveva mai visto. A parte l’eccesso di sentimento nella scena madre finale, comunque commovente, Penn dirige rigorosamente e Nicholson (molto dimagrito) accentua il suo storico personaggio di “maledetto”.
Si tratta di un documentario che mette in evidenza la miseria delle famiglie dei minatori della regione del Borinage. In primo piano anche uno sciopero del 1932. Per la crudezza e la verità del documento ne fu impedita la circolazione.
Anno 1642. Re Carlo I Stuart occupa militarmente il parlamento inglese. È la guerra civile. L’armata lealista, guidata da Oliver Cromwell, sconfigge il re che viene giustiziato. Turgido film epico con una preziosa fotografia (G. Unsworth) e un’efficace colonna musicale (F. Cordell), ben curato nella ricostruzione scenografica e nei costumi, grandi scene di battaglia, ma senza cuore né grinta, accademico come un libro di scuola, e un grave difetto di fondo: re Carlo (A. Guinness) è più simpatico di Cromwell (R. Harris). Forse corrisponde alla verità storica, ma drammaturgicamente è una debolezza. Oscar per i costumi di Nino Novarese.
Ioan, 23 anni, lascia la Romania per cercare fortuna in Italia in compagnia di un amico. Arriva però da solo a Roma e viene aiutato da Michele che lavora alla stazione. L’uomo lo ospita e se ne innamora anche se il ragazzo sembra non accorgersene. La loro vita non è semplice: i lavori di Michele sono precari e Ioan è immigrato irregolarmente. Ma una donna (oltre alla frustrata padrona di casa interpretata con il solito acume da Luciana Littizzetto) entra nella loro vita provocando un inatteso cambiamento. Era dal 1996 con Come mi vuoi che Carmine Amoroso mancava dal grande schermo. Vi ritorna ora con un film che ha subito la falcidia dei finanziamenti pubblici (che prima c’erano e poi sono stati brutalmente decurtati) ma che mostra come in Italia si possa ancora fare cinema indipendente di buon livello. Con un ‘però’. Ci sono film le cui storie (una volta consolidate) non dovrebbero mai consentire ai personaggi di tornare a prendere un treno o di passare un casello di autostrada e Cover Boy è uno di questi. Proviamo a spiegare. Grazie anche alla splendida (e premiata) fotografia di Paolo Ferrari e al montaggio di Luca Manes, Amoroso riesce a raccontare con grande sensibilità il rapporto che si instaura tra due uomini dalla vita precaria riuscendo a farci percepire l’incontro tra due modi di affrontare la vita senza cadere nella facile sociologia. Collocando per di più la vicenda al Mandrione (di pasoliniana e rosselliniana memoria) ci mostra uno spazio periferico in cui sorgono ancora baracche ed edifici abusivi, divenuto oggi meta di molti extracomunitari. Anche il sentimento che Michele nutre per Ioan è cesellato da Luca Lionello con umanità e sensibilità. Però… nel momento in cui (senza anticiparvi troppo della vicenda per non togliervi il gusto della visione) uno dei due lascia Roma il film perde la compattezza costruita sino ad allora per imboccare una via già battuta da altri dissolvendo l’atmosfera costruita sino a quel punto. Questo dispiace un po’ perché sicuramente ad Amoroso il senso del fare cinema non manca.
Nel primo episodio, una celebre diva americana intreccia una relazione con un uomo sposato. Nel secondo, un giornalista che deve scrivere un articolo su un magnate dell’industria s’innamora della protetta di costui. Ancora: due sposini siciliani in viaggio di nozze vengono guidati da un amico incontrato per caso nei night della Costa. Nell’ultimo episodio, un commerciante romano di frutta e verdura accompagna la moglie a un provino cinematografico; ma è lui invece a restare irretito dalle lusinghe del cinema, finché la moglie lo riconduce alla realtà e alla bancarella di ortofrutticoli.
In una città veneta di media grandezza, come per incantesimo, scompaiono in una notte tempestosa tutti gli immigrati. Per un potente impresario che da anni tuona sulla sua TV privata, invocando uno tsunami che li porti via, è un sogno che si avvera, ma la sua fabbrica va in tilt. Una simpatica maestra si ritrova senza l’africano alto, bello e colto da cui aspetta un figlio. E anche il sindaco e gli assessori sono inguaiati. Sembra brillante e polemicamente efficace il fantasioso punto di partenza (tratto dal film Un giorno senza messicani , 2004, di Sergio Arau) ma era difficile da tradurre in commedia. Con i 2 sceneggiatori Diego De Silva e Giovanna Koch, il napoletano regista/sceneggiatore al suo 3° film ci è riuscito in parte: bene per i dialoghi, troppo superficialmente per le facili gag visive. E verso il finale si ammoscia. A trascinare il film verso il pubblico è un Abatantuono violentemente sopra le righe. Oltre a una Lodovini funzionale, c’è Mastandrea nell’unico personaggio complesso e ambiguo, intelligente ma anche coglione, come lo definisce la madre che lo detesta.
Due sadici teppisti uccidono due ragazze che viaggiano con loro su un treno internazionale. Quando credono di essere ormai sfuggiti alla giustizia, finiscono casualmente nell’abitazione del padre di una delle vittime che, scoperto quanto hanno fatto, li elimina con ferocia.
Da un romanzo di Glendon Swarthout. Sei soldati americani e una donna in marcia faticosa e pericolosa per raggiungere un avamposto nel Messico del 1916. Durante il viaggio ciascuno dei sette mostra il suo vero volto. Fece perdere 5 milioni di dollari alla Columbia e fu maltrattato dalla maggior parte dei critici. Come film d’azione è lento, come racconto psicologico schematico. È forse il peggior risultato dell’egregio R. Rossen.
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