Il film racconta di due mondi, diversi e paralleli, che convivono nello stesso territorio: il Gran Sasso d’Italia. Il contatto tra le due realtà avviene attraverso i personaggi di Max (Mastandrea), ricercatore di fisica nucleare che lavora senza sosta nel laboratorio situato nel ventre della montagna, e del pastore Bajram (Lulzim Zeqja). Di fatto il pastore cammina sulla testa del fisico ma nessuno dei due lo sa. Dentro il laboratorio si sviluppa il mestiere più avanzato dell’umanità, sopra la montagna invece ci sono gli immigrati poveri che fanno il lavoro più antico del mondo. IL Gran sasso è, secondo il regista, l’immagine sintetica della globalizzazione.
A 17 anni Claudio rivela un talento naturale per la meccanica e va a bottega da Stefano, proprietario di un’officina sul lido bruttato di Ostia, fin troppo appassionato alle corse notturne clandestine. Tra i due nasce un rapporto simile a un’amicizia che s’incrina per l’intrusione di una fraschetta. 1° lungometraggio del reatino Vicari – con proficue esperienze nel documentario – giudicato a Venezia 2002 il migliore dei 3 film italiani in concorso e apprezzato come ottimo esempio di cinema medio. Sembra ma non è un film di genere: mescola con destrezza la commedia (in vernacolo romanesco stretto) con i codici del cinema d’azione e le finezze del dramma psicologico, non trascurando la tematica dell’amicizia virile. Vola basso, ma sicuro. Descrive con competenza l’ambiente delle corse clandestine, e della subcultura dell’automobile suggerisce la contiguità con la società competitiva del successo. Mostra, non dimostra. E ha il finale giusto: il gesto di congedo di Claudio è, insieme, una rivalsa del personaggio e una dichiarazione d’intenti del regista. Scritto con Maura Nuccetelli e Laura Paolucci. Musica funzionale di Massimo Zamboni (ex CCCP e CSI).
Dal best seller (2004) del magistrato/scrittore pugliese Gianrico Carofiglio che l’ha adattato col fratello Francesco, Massimo Gaudioso e il regista. È la storia del barese Giorgio, di buona famiglia borghese, che, alla vigilia di una laurea in giurisprudenza, fa un incontro che lo trascina nel “viaggio agli inferi” del godimento senza freni, delle azioni irresponsabili, della volontà di potenza, e scopre le sue pulsioni più violente. Lo perverte il fascinoso e manipolatore Francesco dalla doppia vita: campa come baro ai tavoli da poker e sfoga la sua misoginia in gesti di criminale violenza. Giorgio diventa suo complice a tutto campo. Oltre a mettere la storia in flashback tra prologo ed epilogo, Vicari riduce al minimo la dimensione dell’indagine poliziesca sullo stupratore periodico: fa di Francesco l’immagine speculare di Giorgio, quasi il suo doppio, con l’ambizione programmatica di farne due tipici rappresentanti dell’attuale generazione di eterni e irresponsabili adolescenti. C’è qualcosa di capzioso in questo nero effettistico. Assomiglia al suo titolo: fa colpo perché sembra poetico, ma è poetizzante. Bene i 2 protagonisti: Germano è una conferma, Riondino una sorpresa. Prodotto da R&C (G. Romoli e T. Corsi) e da Fandango (D. Procacci) con Rai Cinema.
Nella notte tra il 20 e il 21 luglio 2001 a Genova – dove si svolgeva il G8 – ci fu, secondo Amnesty International, “la più grande sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale”. Già il 20 luglio la repressione, guidata dall’alto dei poteri pubblici, aveva provocato la morte del giovane Carlo Giuliani. Frutto di 18 mesi di ricerche sugli atti processuali, appare quasi miracoloso che non si siano avuti altri decessi per le violenze esercitate da poliziotti, carabinieri, guardie carcerarie fuori controllo nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto. Girato in gran parte a Bucarest e dintorni, prodotto e distribuito dalla Fandango, scritto da Vicari con Laura Paolucci (+ Alessandro Bandinelli, Emanuele Scaringi), è costato 7-8 milioni di euro. Giustamente s’è parlato di un film “necessario e coraggioso” che invita – come dice il sottotitolo – a “non ripulire questo sangue”. Premio del pubblico alla Berlinale. Tra i circa 300 000 manifestanti, centinaia di stranieri (con molti black bloc che mettono a soqquadro la città); migliaia gli obiettivi che hanno fotografato o filmato con quale accanimento le forze dell’ordine hanno colpito per le strade il corteo dei dimostranti. Almeno 2 le riserve principali: la costruzione narrativa e le lacune. Invece di seguire l’ordine cronologico di un racconto che concentra gran parte della durata in 2 giorni, un insensato montaggio va avanti e indietro nel tempo senza plausibili ragioni espressive. Lungo l’elenco delle lacune. Non si dice che in quel luglio c’era un governo di destra, presieduto da Silvio Berlusconi. Nemmeno nei titoli di coda si citano i nomi dei politici che, già condannati per gravi reati, hanno ancor oggi ruoli di primo piano nelle forze dell’ordine. Non si spiega la funzione del Genoa Social Forum o la si deforma. Assente una qualsiasi spiegazione sui motivi che indussero 300 000 persone a radunarsi a Genova.
Le richieste di reupload di film,serie tv, fumetti devono essere fatte SOLO ED ESCLUSIVAMENTE via email (ipersphera@gmail.com), le richieste fatte nei commenti verrano cestinate.