Un film di Paul Verhoeven (I). Con Monique Van De Ven, Andrea Domburg, Hannah De Leevwe, Ian Blaaser, Eddy Brugman Titolo originale Keetje Tippel. Biografico, b/n durata 100 min. – Paesi Bassi 1975. MYMONETRO Kitty Tippel… quelle notti passate sulla strada valutazione media: 3,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Alla fine dell’800, una povera famiglia di contadini si trasferisce ad Amsterdam. Qui la miseria continua e la madre prostituisce la figlia Kitty.
Un film di Paul Verhoeven (I). Con Rutger Hauer, Monique Van De Ven, Mariol Flore Titolo originale Turks Fruit. Drammatico, durata 95 min. – Paesi Bassi 1974. MYMONETRO Fiore di carne valutazione media: 3,13 su 7 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Il giovane Erik chiede un passaggio in auto: glielo offre la bella Olga. I due prima fanno l’amore, poi riprendono il viaggio. Restano però coinvolti in un grave incidente che li separa. Erik riuscirà in seguito a rintracciare la donna e a sposarla.
Poliziotto di S. Francisco è morbosamente attratto da una scrittrice sospettata di un omicidio commesso durante un amplesso. Thriller erotico in forma di giallo ( whodunit ) di imbecillità costernante e di svergognata disonestà nell’accanita ricerca dello choc. Verhoeven e il suo strapagato sceneggiatore Joe Eszterhas (3 milioni di dollari!) mimetizzano i loro intenti mercantili, e la misoginia, con pomposi alibi tematici. Celeberrima la scena dell’interrogatorio in cui la fatale Stone, senza slip, accavalla le gambe. È tutto dire. M. Douglas, spesso con le brache abbassate, sembra la copia carbone del padre Kirk nelle sue peggiori interpretazioni.
Sei studenti universitari olandesi, la cui vita viene sconvolta dall’occupazione nazista della loro patria nel 1940, sono costretti ad affrontare problemi di esistenza e di coscienza politica. Tratto dal romanzo autobiografico di Eriz Hazelhoff e diretto da uno dei più interessanti autori del cinema olandese, è un ottimo dramma, intenso e profondo con un Rutger Hauer superlativo nei panni di un affascinante aristocratico.
In viaggio da Amsterdam a Flessinga, nell’Olanda meridionale, tra incubi premonitori e fantasticherie aggressive a occhi aperti, uno scrittore gay, cattolico e alcolista incontra una rapace estetista che se lo porta a letto (ha già fatto morire tre amanti, lui potrebbe essere il quarto) e un muscoloso idraulico di cui s’invaghisce. Miscela di sesso e religione, affollato catalogo di citazioni funerarie e surrealistiche, truculenti slanci erotici, invenzioni oniriche, il film – tratto da un romanzo di Gerard Reve – è diretto da un regista che, pur con esiti assai diseguali, è coerente nel suo aggressivo pessimismo sulla natura umana e sulla sua animalesca e ineliminabile bassezza, nella sua concezione del corpo come ammasso di rifiuti e di secrezioni. Scritto da Gerard Speteman. La sgargiante fotografia è di Jan de Bont, futuro regista di Speed . Premiato in vari festival (Avoriaz, Oxford, Sorrento). Edizione italiana tagliata per 6 minuti.
Verhoeven ha sempre cercato, un po’ come David Lean, di abbinare arte e commercio, cinema di impegno e grande spettacolo. Dopo tanti successi a Hollywood è rimpatriato per un film, a lungo covato, che rievoca i tragici ultimi mesi dell’occupazione nazista in Olanda, mettendoli a confronto con lo sterminio degli ebrei e la resistenza antitedesca e raccontandoli anche nelle loro ombre. Nel seguire le peripezie di una bella soubrette ebrea che si infiltra come spia tra gli occupanti, il regista e il suo sceneggiatore Gerard Soeteman hanno scelto di costruire la loro storia all’insegna del travestimento, della menzogna e dell’ambiguità senza riguardi per nessuno, nemmeno per i loro personaggi olandesi, ebrei, nazisti: nessuno è del tutto innocente né del tutto colpevole. Rifacendosi al libro Grijis Verleden ( Passato grigio , 2001) di Chris van der Heyden, c’è tutto in questo thriller d’azione: bombardamenti aerei, rastrellamenti, esecuzioni a morte, torture, agguati, scambi d’identità, amori tra le due parti, gerarchi delle SS arruolati dagli Alleati in nome della futura guerra antibolscevica. Il collaborazionismo delle popolazioni con gli occupanti tedeschi è un fatto storico da studiare, non un problema da risolvere. A guerra finita, fu nascosto, rimosso, dimenticato. Non è il caso, dunque, di deprecare i contenuti, ma i modi espressivi.
Tratto dal romanzo di Robert Heinlein. In un futuro dove regnano ordine e disciplina grazie a truppe superaddestrate, arrivano i soliti alieni terrificanti dalla forma di immensi insetti. Ecco che i “fanti dello spazio” possono mettere in campo tutta la loro preparazione. Solita indigestione di effetti speciali col solito “pizzico di ironia” che dovrebbe essere un valore aggiunto ed è invece un valore tolto. Nessun “nome”, tutti giovani e muscolosi.
Dal racconto di Philip K. Dick We Can Remember It for You Wholesale (Ricordiamo per voi, 1966). Nel 2084, desideroso di compiere un viaggio su Marte, l’operaio edile Doug Quaid si rivolge all’agenzia Recall che vende viaggi e avventure di turismo virtuale, ma scopre di essere già stato su quel pianeta come Hauser, agente segreto al servizio dello spietato dittatore locale, e si unisce al movimento popolare di rivolta. Film eccessivo nell’azione, nella violenza, nella grandiosità delle scenografie, negli effetti speciali (Oscar per Eric Brevig), nell’ideologia.Suggestiva macchina narrativo-spettacolare con una vertiginosa struttura a scatole cinesi, imperniata sull’ambiguità tra realtà e apparenza, con alleggerimenti grotteschi e parentesi erotiche.
In una cittadina olandese tre giovanotti – due dei quali si allenano per vincere una gara di motocross – sono attratti da una bionda inserviente di un fast food mobile. Uno dei due motociclisti finisce paralizzato, un altro scopre di essere gay e il terzo si accomoda nella normalità borghese. Scritto da Gerard Soeteman, è un inventivo dramma corale, straripante di sesso e di violenza con una vena non tanto sotterranea di misoginia e abitato da una colorita galleria di personaggi tra cui spicca R. Hauer nella parte di un campione di motocross.
La terra è dominata da una dittatura militare che concede i pieni diritti civili soltanto a chi combatte. Il nemico è una stirpe di giganteschi e aggressivi scarafaggi che hanno come base il remoto pianeta Klendathu. Johnny Rico, giovane argentino, si arruola per amore di Carmen Ibanes, pilota di astronavi, ma dopo la distruzione di Buenos Aires e il massacro di 100 000 commilitoni aderisce alla causa per puro patriottismo. Classificato, anche in base al reazionario romanzo (1957) di Robert A. Heinlein da cui è tratto, come un blockbuster parafascista, è invece il miglior film (almeno tra quelli americani) dell’olandese Verhoeven e “il più fecondo di implicazioni politiche e morali, minacciose quanto pertinenti al tema: Hitler ha vinto la seconda guerra mondiale e non ce ne siamo nemmeno accorti” (P. Cherchi Usai). Basta saperne cogliere la componente umoristica in chiave antimilitarista e satirica, l’affascinante e cinica ambiguità, la critica visione del futuro (dunque del presente).
Aggredita e stuprata in casa sua, Michelle, proprietaria di una società che produce videogiochi aggressivi e violenti, non denuncia la cosa e prosegue da subito come se nulla fosse accaduto, fino a quando lo stupratore riappare. Ispirato al racconto Oh… (2012) di Philippe Djian, e (mal) sceneggiato da David Birke, sul fronte suspense è prevedibile, prolisso e sfiora spesso il ridicolo involontario. Lo tiene in piedi solo la algida Huppert che, osannata da tutti, si cimenta di film in film con personaggi sempre più contorti e psicologicamente disturbati: Michelle – con la sua freddezza e l’assenza assoluta di sentimenti – è il simbolo di una società ipocrita, arida, amorale, violenta. O per lo meno questo era nelle intenzioni dell’autore.
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