Regia di Akio Jissoji, Suguru Takeuchi, Hisayasu Sato. Un film con Tadanobu Asano, Mikako Ichikawa, Hanae Kan, Kaiji Moriyama. Titolo originale: Ranpo jigoku. Genere Horror – Giappone, 2005, durata 134 minuti.
Edogawa Rampo (all’anagrafe Hirai Taro, 1894-1965) è uno dei massimi punti di riferimento della letteratura moderna giapponese; fortemente influenzato dalla narrativa poliziesca anglosassone di Arthur Conan Doyle ed Edgar Allan Poe (a cui è ispirato il suo nome d’arte), ha progressivamente creato un proprio riconoscibilissimo stile narrativo in cui ai “topoi” propri della “detective story” si mescolano elementi come l’erotismo ed il bizzarro.
L’interesse del cinema giapponese nei confronti degli scritti di Edogawa Rampo è sempre stato altissimo; nomi più o meno noti (Shin’ya Tsukamoto, Toshiyuki Mizutani, Tai Kato, Yasuzo Masumura)si sono confrontati con i suoi scritti, traendone riduzioni filmiche di diverso valore, a volte altissimo e personale, altre volte mediocre.
L’idea di un film collettivo ispirato ai racconti brevi di Rampo non può non portare alla mente un’operazione analoga effettuata nel 1968, in cui tre dei registi più importanti del periodo (Federico Fellini, Louis Malle e Roger Vadim) rivisitano attraverso la propria sensibilità altrettanti racconti di Edgar Allan Poe; ma se in quel caso i risultati erano stati alterni (ottimo l’episodio felliniano, tiepidini gli altri due), i quattro episodi che compongono questa pellicola funzionano a meraviglia, nonostante le differenze stilistiche che li caratterizzano o, forse, proprio grazie ad esse.