Il vicequestore Cardone è solito usare le intercettazioni telefoniche ed è caparbio nel tener in carcere gli arrestati senza prove. L’anonima sequestri gli rapisce il figlio e, per sputtanarlo, lui che difende la linea dura, esige il pagamento simbolico di un mese di stipendio. Costruito in modo da rendere simpatico il protagonista e appoggiato alla teoria degli opposti estremismi, è confezionato con mestiere.
Timido, goffo e petulante, Alberto cerca in ogni modo di fare colpo su Margherita. Con la speranza di vincere il primo premio, partecipa a una corsa. Da un soggetto di Sordi sceneggiato dall’attore con Cesare Zavattini e Vittorio De Sica (che si dice abbia diretto gran parte del film), un filmetto un po’ melenso ma interessante come specchio della Roma postbellica. Nel suo primo film da protagonista Sordi ha voluto portare sullo schermo i temi, i modi e l’umorismo di un suo popolare programma radiofonico.
Guy e Prisca stanno attraversando un momento difficile, ma tengono tutto nascosto ai figli Trent e Maddox, per non rovinare loro la vacanza speciale che si accingono a vivere: un periodo di relax in un resort esclusivo e poco noto. La proposta dei gestori del villaggio turistico di accedere a una spiaggia oceanica incontaminata sembra impossibile da rifiutare, ma presto i Capa scopriranno che il luogo nasconde un segreto.
Un film di Carlos Saura. Con Miguel Angel, Mia Maestro, Cecilia Nerova Musicale, durata 115 min. – Spagna 1998. MYMONETRO Tango valutazione media: 2,75 su 4recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Saura, gran “maestro di ballo” e interprete della cultura spagnola in quella chiave (Carmen Story, Flamenco) questa volta, occupandosi di tango, non può che sbarcare in Argentina. A Buenos Aires, nel quadro delle prove di uno spettacolo sul tango, Mario, triste per l’abbandono della moglie, incontra Elena. I due, ballando, ridanno molti sensi alla propria vita. Naturalmente il mestiere c’è e l’argomento era conosciuto. Sempre gradito Saura.
Un avvocato sospetta che l’uomo che ha ucciso in un raptus di follia una sua ricca cliente non sia pazzo, ma simuli per nascondere una grossa somma di denaro. Ha ragione l’avvocato, che scopre l’inganno con la collaborazione di un attore, che si fa ricoverare nello stesso ospedale dov’è rinchiuso l’assassino. Ma la direttrice del manicomio riesce a sapere dove è nascosto il denaro. Da quel momento si scatena una sfrenata caccia ai soldi. Punizione per i cattivi.
Un film di Lone Scherfig. Con Anne Hathaway, Jim Sturgess, Patricia Clarkson, Ken Stott, Rafe Spall.Titolo originale One Day. Commedia rosa, Ratings: Kids+13, durata 107 min. – USA 2011. – Bim Distribuzione uscita venerdì 11novembre 2011. MYMONETRO One Day valutazione media: 3,09 su 54 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Edimburgo. Emma e Dexter si laureano il 15 luglio 1988 e trascorrono la notte nello stesso letto. Da allora seguiremo la loro vita fino al 2006 fotografandone l’evoluzione sempre lo stesso giorno di ogni anno. Emma è un’idealista entusiasta ma al contempo riflessiva, capace di lavorare come cameriera in un ristorante messicano se questo diventa necessario.
Nick (arcigno agente di polizia newyorkese intepretato da Michael Douglas) viene coinvolto insieme al giovane collega Charlie (Andy Garcia) in un caso più grande di lui. Dagli States l’azione si sposta in Giappone ad Osaka, per indagare sulla mafia locale nota come Yakuza. Nonostante la frizione tra i metodi nipponici e dei due yankee, la sinergia darà i suoi frutti. Ma Osaka non è New York. Tra tutti i moderni maestri del cinema, Ridley Scott è sicuramente il più discontinuo. Sarà forse per compensare l’enorme peso specifico di alcune pietre miliari come Blade Runner – citato non a caso come vedremo – ma il regista inglese formatosi sui set degli spot televisivi, ama spesso rilassarsi con film disimpegnati. È il caso di questo poliziesco in cui il regista rispolvera dal baule il suo debole per il mondo nipponico confessato nel suddetto film. Sono numerose le sequenze in cui il ricordo latente della futuristica Los Angeles giapponese trova compiacenti autocitazioni. Nelle insegne pubblicitarie, nelle luci al neon, nell’etereo crepuscolo, e addirittura in sequenze palesemente narcisistiche, in cui l’affamato Douglas reincarna Harrison Ford nell’impacciato uso di bachette e scodellina. Ma la condizione meticcia è ribaltata: è il Giappone che si è “contaminato” di Occidente, la pioggia sporca appunto. La mano del miglior Scott risalta nella fotografia – splendida la luce mattutina in apertura – nell’azione e nel dinamismo. Ma la trama, un po’ ballerina nel suo sviluppo, non lascia tracce indelebili nella sua filmografia. Sparatorie magiche che causano esplosioni atomiche di autovetture, fughe rocambolesche in moto, gli ingredienti dei plasticosi action movie anni Ottanta ci sono tutti. Ricco di nomi importanti il contributo musicale: colonna sonora di Hans Zimmer (da qui in poi inseparabile braccio destro) prodotta da David Paich, impreziosita da nomi illustri come Iggy Pop. Ben assortita la coppia Douglas-Garcia. Ma lo Scott migliore viaggia su ben altri binari.
Un film di George Stevens. Con Charles Coburn, Joel McCrea, Jean Arthur Titolo originale The More the Merrier. Commedia, Ratings: Kids+13, b/n durata 104 min. – USA 1943.MYMONETRO Molta brigata vita beata valutazione media: 3,25 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Crisi degli alloggi a Washington in tempo di guerra. Un vecchio signore è costretto a prendere in affitto una camera presso una bella ragazza, subaffittando a sua volta metà della stanza ad un atletico giovanotto, con le complicazioni del caso. L’anziano farà da cupido al suo ospite e alla padrona.
Il botanico Wilfred Glendon (Henry Hull) guida una spedizione tra i monti dell’Himalaya in cerca della “marfisa lupina lumina”, un rarissimo fiore che cresce soltanto nelle notti di luna piena. Lo trova in una valle desolata, ma viene ferito – in modo apparentemente non grave – da una spaventosa creatura dall’aspetto ferino. Tornato a Londra, Glendon trascura gli amici e la moglie Lisa (Valerie Hobson) per dedicarsi allo studio del prezioso reperto, finché viene contattato dal sinistro dottor Yogami (Warner Oland) che lo implora di cedergli la “marfisa” dal cui siero si ricaverebbe un filtro capace di lenire le sofferenze di chi, come lui, è affetto da licantropia.
Un film di Claude Sautet. Con Jean-Paul Belmondo, Sandra Milo, Lino Ventura Titolo originale Classe tous risques. Giallo, b/n durata 110 min. – Italia, Francia 1960. MYMONETROAsfalto che scotta valutazione media: 2,50 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Un criminale internazionale condannato a morte cerca di sfuggire alla cattura. Con moglie, due figli e un amico sbarca a Mentone, ma ha uno scontro a fuoco con la polizia. Si salva con i figli e cerca rifugio e protezione a Parigi da vecchi amici del mestiere. Rimane solo, disperato e aumenta la serie di delitti, finché stanco della lotta e della fuga si lascia catturare.
Kowalski (B. Newman), ex marine, ex corridore d’auto, ex poliziotto, scommette di percorrere in 15 ore, a bordo di una Dodge Challenger col motore elaborato, il percorso tra Denver (Colorado) e San Francisco, quasi 2000 km in linea d’aria. I poliziotti sempre più incarogniti dei tre Stati che attraversa cercano di fermarlo
“Lo Stato divora coloro che lo servono” è la tesi centrale del 2° LM di Schoeller che l’ha anche scritto. 3 premi César 2012 per sceneggiatura, attore non protagonista e suono (Olivier Hespel) e Fipresci della Critica Internazionale a Cannes. La tesi è annunciata nella sequenza onirica e metaforica iniziale: una bella donna nuda entra nelle fauci di un coccodrillo immobile. Il potere dello Stato divora, logora, fa soffrire chi ce l’ha, come il ministro dei Trasporti e il suo capo di gabinetto. Bertrand Saint-Jean è un personaggio complesso la cui umanità si mescola al cinismo: il suo dolore commosso per i 13 bambini precipitati in un burrone non gli impedisce di mettersi una cravatta più consona alla situazione o, ubriaco, di litigare con la vedova di Kuypers, disoccupato assunto come autista. Con poche eccezioni, il cast degli attori, sconosciuti in Italia, è diretto in modo impeccabile.
Nel terrore dell’atto sessuale, indotto da un trauma infantile, il direttore di un istituto filantropico si è fatto seviziatore periodico (una volta alla settimana) di donne a pagamento. Ripete gli esercizi sadici sulla segretaria. Mal gliene incoglie. 1° film di fiction di Schivazappa, documentarista e regista TV. Insolito apologo di ironica eleganza e di sana cattiveria misogina che, senza darlo troppo a vedere, prende per i fondelli le mode sadomaso. Sequestrato, assolto in appello, ridistribuito. “La morale della favola è che se in particolari circostanze l’uomo può diventare un mostro, la donna lo è già per sua natura” (T. Kezich). È lei che ride per ultima.
Un film di Peter Sykes. Musicale, durata 58 min. – Gran Bretagna 1968. MYMONETRO The Committee valutazione media: 3,00 su 1 recensione.
Un autostoppista uccide brutalmente l’uomo che gli ha dato un passaggio. Salvo ricucirgli la testa subito dopo. L’inesplicabile evento è in qualche modo in relazione con un fantomatico Comitato, che si riunisce in campagna per deliberare sull’accaduto. I tesori nascosti del free cinema britannico dei Sessanta rischiano di essere più di quanto si possa immaginare. The Committee ne è fulgido esempio, ingiustamente dimenticato dai più, se non per la presenza di qualche brano rarissimo e altrimenti inedito dei Pink Floyd dell’immediato post-Barrett. Ma è solo in chicche così peculiari e necessariamente minori che si può riscoprire la forza, anche nell’ingenuità, dell’espressività psicotica e psichedelica di quell’epoca. Con gli occhi fermamente puntati all’Antonioni di Blow Up, Peter Sykes dà vita a un’ora di surrealismo socio-politico con inattese punte di macabro che, per molti versi, pare un episodio lungo e in bianco e nero de Il prigioniero del compianto McGoohan, con il gusto di Edgar Allan Poe per il grottesco e l’esagerazione da grand guignol. Indimenticabili le sequenze della repentina ed efferata decapitazione nella foresta come pure del party con l’esibizione dei The Crazy World Of Arthur Brown, scheggia di follia sixties dominata dal ballo epilettico e in maschera del folle Arthur. Un ineluttabile senso di inquietudine permea il film tutto e si manifesta attraverso avvenimenti inesplicabili o discorsi che si arrampicano su concetti inesprimibili. Trovare un senso nei dialoghi tra i personaggi è forse esercizio specioso, ma aiuta a calarsi nell’atmosfera di un’epoca unica e non ripetibile, in cui la creatività – anche quando sregolata o fine a se stessa – era nell’aria stessa che si respirava. La comprensione dei Sessanta UK passa anche da The Committee.
New Orleans, 1820: un avventuriero cerca il successo con tutti i mezzi, anche mandando a monte il proprio matrimonio. Fervido catalogo degli stereotipi hollywoodiani sul profondo Sud degli Stati Uniti. Materiale di seconda mano, confezione discreta.
Troy, Mad Dog e Diesel si sono conosciuti in carcere e hanno formato un sodalizio che dura anche fuori dalle sbarre. La loro quotidianità è fatta di violenza efferata e sopraffazione, perpetrata e subìta. Un boss affida loro l’incarico di rapire un bambino ma le cose si complicano e il trio si trova a sfuggire a tutori della legge e malviventi in egual misura.
Julian Kay è uno squillo di lusso, lo stallone più pregiato di un’agenzia che procura compagnie maschili a ricche signore sole. Coinvolto in un omicidio di cui è ingiustamente sospettato, è salvato da una spregiudicata signora che si è innamorata. Ottimo a livello descrittivo, specialmente nella 1ª parte, s’ingolfa quando Schrader vuol mettere a fuoco i personaggi. Donatore d’amore come donatore di sangue? A pagamento, comunque. Finale ridicolo. Ha, comunque, molti estimatori tra la critica.
Tra le fabbriche della periferia pratese è rinvenuto il corpo senza vita di un bambino di dieci anni, precedentemente scomparso. Il giorno successivo, in un ufficio di Vaiano, un impiegato di cinquanta anni, Massimo Gori, viene rapito da un gruppo di ragazzi. L’ispettore Brozzi, vicino alla pensione, è incaricato di seguire il caso, assieme al giovane e inesperto Vannini. I sospetti cadono sulla “banda del Brasiliano”, che ha precedentemente tentato – goffamente – di rapire altri soggetti. I rapitori sono quattro ragazzi sulla trentina: il Biondo, il Mutolo, il Randagio e il Brasiliano. Il movente del rapimento è in realtà decisamente insolito. Soltanto le indagini dell’ispettore Brozzi, perseguitato dai ricordi del passato, e di Vannini potranno far luce sul caso..
Un film di M. Night Shyamalan. Con Paul Giamatti, Bryce Dallas Howard, Bob Balaban, Jeffrey Wright, Sarita Choudhury.Thriller, durata 110 min. – USA 2006. uscita venerdì 29settembre 2006. MYMONETRO Lady in the Water valutazione media: 2,86 su 115 recensioni di critica, pubblico e dizionari. The Cove è un residence di Philadelphia costruito intorno a una piscina. Cleveland Heep ne è il custode tutto fare. Una notte dalle acque della piscina emerge una fanciulla dai capelli rossi, una narf, una creatura acquatica del mondo azzurro. Story, il suo nome, ha una storia da raccontare a uno scrittore. Dopo aver annunciato agli uomini un futuro migliore deve fare ritorno nel regno azzurro, ma uno Scrunt, una creatura malvagia coperta di fili d’erba, vuole impedirglielo. Cleveland e i suoi coinquilini, come cavalieri medievali, serviranno la causa di Story e della salvezza del mondo.
Orfano di padre, morto nella solfatara, Rosso Malpelo diventa l’unico sostentamento della famiglia. Deriso dai minatori adulti, lo scontroso adolescente si affeziona solo a Ranocchio, piccolo caruso che, malato ai polmoni, muore. Sempre più solo e disperato, Rosso Malpelo scende volontario in una galleria ad alto rischio. Dalla novella di Giovanni Verga, sceneggiata con N. Bonaiuto. Ambientato in un tempo quasi astratto, parlato in dialetto siciliano che rende indispensabili i sottotitoli, asciutto nella forma, rigoroso nell’etica, distribuito da Arbash quasi solo nelle scuole, è un lucido e antiretorico atto d’accusa verso un mondo dominato dallo sfruttamento a tutti i livelli, su un immobile panorama di dolore individuale, sociale e naturale con pochi momenti lucidi, radicati nell’antico folclore regionale, in cui l’infelice Malpelo sorride. Fotografia Duccio Cimatti. Musica: Miriam Meghnagi.
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