Un film di Roberto Rossellini. Con Franz Kruger, Edmund Moeschke, Barbara Hintze Drammatico, Ratings: Kids+16, b/n durata 75 min. – Italia 1948. MYMONETRO Germania Anno Zero valutazione media: 4,29 su 17 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Berlino 1946. Tra le macerie della città vive il dodicenne Edmund che convive con la sorella, il padre malato e un fratello maggiore che si nasconde per timore di essere arrestato in quanto ex soldato nazista. Il bambino cerca con ogni mezzo un lavoro ma viene anche in qualche modo attratto dal suo ex maestro, un pedofilo che gli inculca l’idea che i deboli vadano soppressi. Il padre di Edmund è un debole.
“Quando le ideologie si discostano dalle leggi stesse della morale e della pietà cristiana, che sono alla base della vita degli uomini, finiscono per diventare criminale follia. Persino la prudenza dell’infanzia viene contaminata e trascinata da un orrendo delitto ad un altro non meno grave nel quale, con l’ingenuità propria dell’innocenza, crede di trovare una liberazione dalla colpa”.È questa la didascalia che segue i titoli di testa e precede le immagini della capitale tedesca devastata esplicitando l’auspicio dell’autore affinché si intervenga per aiutare i bambini tedeschi, che hanno vissuto gli orrori della guerra, a trovare una speranza nel futuro.
Quello che Rossellini ci propone in questo film (in cui si distacca dal cinema resistenziale per offrirci un’indagine socio-psicologica di taglio diverso) è il ritratto di un bambino inesorabilmente e disperatamente cresciuto ma che vorrebbe tornare ciò che è stato, nonostante quello che ha visto e che fa. Cerca di giocare a palla con altri bambini ma viene respinto e allora salta da una chiazza di fango all’altra in un tentativo di gioco solitario e triste. Per un attimo ha come una folgorazione: la musica di un organo che esce da una chiesa lo costringe a fermarsi (finora lo abbiamo visto in costante movimento) ma, come se fosse incapace di credere ancora nella bellezza, riprende il suo cammino. In questa sequenza è condensato tutto il dolore e la pietà (nell’accezione più alta del termine) che Rossellini prova nei confronti del suo protagonista e che riesce a trasmettere allo spettatore. Sono sentimenti che vengono rafforzati da un contesto in cui le macerie non sono solo fatte di mattoni ma si trovano nell’intimo di un mondo adulto in cui tutti, dal perverso sedicente educatore alla donna che insinua in Edmund il sospetto che la sorella Eva si prostituisca, sono minati da quella malattia che l’ideologia nazista il conflitto hanno instillato in loro.
La macchina da presa li osserva ma non si sottrae al giudizio che ha una radice fondamentalmente cristiana: “Chiunque scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e venga gettato in mare”.(Marco 9,42)