Un decrepito albergo di Los Angeles è teatro degli episodi narrati dai quattro registi. Il filo conduttore è il portiere Tim Roth, agitato e “cartonesco”. Ha a che fare con una congrega di streghe, due bambini pestiferi, una coppia sadomaso e una scommessa riciclata da un telefilm di Hitchcock (quella del dito tagliato). Un film che può anche essere evitato.
Dopo una sanguinosa rapina in una banca del Texas, i due fratelli Seth (G. Clooney) e Richard (Q. Tarantino) prendono in ostaggio un predicatore disilluso che viaggia in camper con due figli (J. Lewis e il piccolo E. Lui) e sconfinano nel Messico dove approdano al locale “Titty Twister”. Un volo finale in dolly della cinepresa svela il mistero. Basato su una vecchia (1990) sceneggiatura di Q. Tarantino, il 3° film del messicano Rodriguez ( El Mariachi ) – anche operatore alla macchina e montatore – è una sagra del tarantinismo più trash , in altalena tra la parodia cinica e l’estasi del pecoreccio. L’edizione originale era di 108′, potata vigorosamente in quella italiana, insignita tuttavia di un V.M. 18 e ancor più ridotta per farla passare in TV.
Qui Tarantino è attore non regista. Mamma mia cos’era Salma Hayek in questo film.
Sin City è una città nera, dove la notte non tramonta mai, abitata da una schiera di personaggi più cupi della notte stessa. Tutti cattivi, ognuno a modo suo: Marv, tenero bestione con un talento creativo per la sofferenza altrui; Kevin, ragazzo emotivo che ritrova la serenità divenendo uno spietato divoratore di esseri umani; la sua abietta guida spirituale il cardinale Roark, padrone della città; Dwight, fascinoso criminale che asseconda il suo destino e dispensa morte a piene mani; Gail, sua amata e regina delle prostitute che governano la città vecchia, donne che danno grande piacere, se si paga bene e si sta alle regole, o grande dolore, se si va oltre il seminato; un bastardo giallo, che violenta e mangia bambine impunito, coperto dal mostro suo padre che è anche Senatore della città, e contrastato solo da Hartigan, uno sbirro sul viale del tramonto disposto ad una carneficina per fermarlo e salvare Nancy, timida ballerina di lap dance. Esseri che hanno poco di umano, anime nere che anneriscono il già nero skyline della città del peccato. E in mezzo a tutto questo nero, ogni gesto fuori dal piano regolatore che la morte stessa sembra attuare, brilla di un vivido accecante: il grande cuore rosso di Goldie, il sangue scarlatto versato in olocausto e quello giallo per la catarsi di Hartigan, occhi verdi, azzurri e d’oro che sono l’unica traccia di un’anima dietro le armi. Dopo alcuni mezzi e mal riusciti adattamenti da lui supervisionati, Frank Miller si decide finalmente a mettere il suo nome a corredo di una sua storia trasposta dal fumetto alla pellicola. Per chi conosce Miller, questa è la fine di un’attesa durata vent’anni; per chi non sa chi sia, perché magari pensa che i fumetti siano roba da bambini, basti dire che Frank Miller è, semplicemente, indiscutibilmente, il re del noir degli ultimi venti anni, a prescindere da ogni disciplina artistica, artigianale o d’intrattenimento che si voglia considerare. Se questo film fosse uscito nel 1991, quando cioè è nato, con stile molto cinematografico, sulle pagine della Dark Horse Comics, oggi il linguaggio cinematografico sarebbe diverso da come lo conosciamo: per esempio, non sarebbe affatto doveroso fare una citazione dietro l’altra, ma si racconterebbero storie che iniziano coi titoli di testa e finiscono coi titoli di coda. Oggi Miller, che da qualche anno non sforna più capolavori di carta, si è fatto dei compagni di merende: Tarantino e Rodriguez, due tipi in gamba che sanno benissimo quanto grande sia il debito che hanno col maestro. Dal primo si è fatto spiegare un po’ di marketing, dal secondo come si accende la macchina da presa, ha ripescato uno dei tanti suoi soggetti eccelsi del passato e ne ha fatto un film magnifico. Se la prossima volta il signor Miller avrà il coraggio di fare tutto da solo, e avrà premura di scrivere come sa fare, potremmo davvero trovarci di fronte ad un nuovo Anno Zero del cinema d’azione. Altro che Pulp Fiction…
Quentin Tarantino, come «Special Guest Director», ha diretto la sequenza in macchina con Jackie Boy (Benicio del Toro) dell’episodio Un’abbuffata di morte per la simbolica cifra di 1 dollaro, restituendo un favore all’amico Rodriguez, che aveva composto alcune musiche per il suo Kill Bill per la stessa cifra.
Il presidente assume Machete – ancora distrutto per l’uccisione della sua compagna – per bloccare un boss messicano delle armi, miliardario e schizofrenico, che ha puntato un razzo sulla Casa Bianca. In cambio avrà fedina pulita e cittadinanza USA. Machete accetta e scopre anche chi c’è dietro il folle. È un film che pone alcuni problemi. Si può conciliare l’estrema violenza con il divertimento? Si può assolvere a livello etico una ipercinetica violenza con l’esplicita ironia che convive con la contaminazione dei generi e il quoziente antilegalitario?
Gli allievi della squallida High Herrington School nell’Ohio scoprono che un contagio alieno – personificato in un vischioso e dentato parassita dai rossi tentacoli – si sta impadronendo degli insegnanti che vogliono mutarli in schiavi robotizzati. I pochi resistenti all’epidemia conformista lottano con un’arma efficace: le droghe pesanti, specialmente cocaina. Scritto da Kevin Williamson ( Scream ), è un eversivo horror per adolescenti, autoreferenziale e cinefilo (il modello è L’invasione degli ultracorpi ) che il texano Rodriguez – responsabile anche del montaggio – dirige con sfacciataggine briosa, sorretto da effetti speciali di rozza efficacia. Adeguata colonna musicale.
Un mortale gas nervino, liberato accidentalmente nell’aria dallo stesso scienziato che l’ha creato, infetta un numero crescente di abitanti di una cittadina del Texas, con piaghe purulente in espansione, e li trasforma in zombi aggressivi e cannibali, provocando una lotta spietata con i sopravvissuti. Uscito in USA come una delle due parti di Grindhouse di Tarantino, fu un fiasco. In Italia i due episodi sono stati distribuiti separatamente, reinserendo in ciascuno una missing reel (bobina persa) volutamente omessa nella versione originale. Film maniacalmente puntato sui generi “bassi” del ventennio ’60-’70, all’insegna di un eccesso spinto per situazioni, dialoghi, personaggi. Senza cadere nella parodia, è un furibondo trattato di citazionismo imitativo che riproduce perfino i tagli, le abrasioni, le imperfezioni dei film del passato. Si va dal cinema di Romero agli italiani Fulci e Deodato. È una sagra di sangue e violenza alla ricerca del disgusto estremo: la decomposizione in diretta di un membro maschile (di Tarantino) si contrappone all’innesto di un mitra al posto di una gamba amputata (per la McGowan). Distribuito da Medusa anche in DVD con 90′ di extra.
Un film che è costato poco più di ottanta milioni di lire e che ha incassato svariati miliardi nel mondo. Le majors americane in seguito si sono contese il regista. Tutto è nato dalla scommessa di un giovane regista texano, Rodriguez, riuscita con l’aiuto di parenti e amici. Il talento c’è, lo aspettiamo alle prossime opere. Siamo ai confini del Messico. Un tranquillo chitarrista che veste di nero viene scambiato per un killer atteso in città. Si innamora di una ragazza che lavora come barista. Dovrà però misurarsi col killer.