Un uomo si divide tra la famiglia e l’amante e lavora nell’ambiente artistico con un compagno. Questa vita a suo modo ordinata e tranquilla viene improvvisamente sconvolta: il collega lo lascia, l’amante anche, un figlio comincia a rubare e la moglie aspetta un figlio da un altro.
Alexandre Gartemme (Philippe Noiret) è un piccolo proprietario terriero stanco di massacrarsi di lavoro agli ordini della donna che ha sposato, detta “la Grande” (Françoise Brion). L’ambiziosa signora non solo non lo aiuta ma gli rende la vita insopportabile. Fortunatamente le pene del nostro coltivatore stacanovista cessano improvvisamente il giorno in cui la moglie muore in un incidente d’auto tornando da un funerale. Ora finalmente Alexandre, dopo anni di schiavitù, può tirare il fiato, alzarsi quando gli pare, andare a pesca invece di lavorare, riscopre insomma i piaceri dell’ozio. Questa radicale metamorfosi preoccupa la gente del villaggio, in particolare la bella droghiera Agata (Marlène Jobert): quella pigrizia conclamata rischia di essere un esempio deplorevole per l’intero villaggio, di conseguenza i compaesani si mobilitano per tentare di restituire ad Alexandre il gusto del lavoro: gli rapiscono il cane Kalì, gli tendono trappole… Forse ci vuole un nuovo matrimonio per rimetterlo al lavoro come aveva fatto “la Grande”! La bella droghiera Agata si offre di sposare il ricco agricoltore in disarmo. Alexandre però mangia la foglia e all’ultimo momento, in chiesa davanti all’altare, se la dà a gambe inseguito dalla promessa sposa che lo chiama disperatamente. Come Michel Simon (Boudu sauvé des eaux), Alexandre è finalmente libero e “felice”. Alla faccia del politicamente corretto.
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