Dopo la strana morte di un’amica, chirurgo in sottana decide di indagare sull’ospedale in cui è avvenuto il decesso. Sospetta che molti pazienti vengano deliberatamente mantenuti in coma per essere usati per il trapianto degli organi. Molti guai. Dal romanzo di Robin Cook, sceneggiato da Crichton, un giallo fantamedico di un realismo accentuato che tiene lo spettatore inchiodato alla poltrona fino all’ultimo minuto. Brevi apparizioni di Tom Selleck ed Ed Harris.
Dopo la morte del secondo marito, cantante italoamericana parte da New York per l’Italia col figlio adolescente Joe, quasi alla ricerca delle proprie radici, cercando vanamente di proporle a Joe perché ci si aggrappi. A Roma scopre che il ragazzo si droga e, nel disperato tentativo di recuperarlo, ha con lui un rapporto incestuoso. Incontro finale col padre del ragazzo. Film sul rapporto madre-figlio e sulla pulsione incestuosa che ne è il sottofondo fantastico, è fondato sul tema della mancanza (della figura paterna, ma anche materna, dunque dell’amore) e sul giuoco di specchi tra realtà e finzione, vita e spettacolo nelle forme del melodramma lirico (G. Verdi). La sua tessitura melodrammatica, che sfocia nell’appassionata conclusione di canto spiegato, ha il suo contrappunto in una corposa dimensione umoristica e ironica cui, forse, hanno contribuito Clare Peploe in sceneggiatura e J. Clayburgh, attrice di commedia. I suoi difetti sono per eccesso: sconfinamenti, fratture, accensioni liriche, sperperi romantici, rimandi simbolici troppo ostentati. Edizione originale bilingue. Dedicato a Franco (Kim) Arcalli, collaboratore e montatore del regista, morto nel 1978.
Sulla strada un uomo e un bambino procedono dietro a un carrello e dentro “una notte più buia del buio e un giorno più grigio di quello passato”. Una pioggia radioattiva ha spento i colori del mondo, una guerra o forse un’apocalisse nucleare ha terminato la natura e le sue creature: gli alberi cadono, gli uccelli hanno perso l’intenzione del volo, il mare ha esaurito il blu, gli uomini non sognano più e si nutrono di uomini e crudeltà. Dal passato verso un futuro che non si vede si muovono un padre e un figlio, resistendo alle intemperie e agli assalti dei disperati con due colpi in canna e il fuoco dell’amore. In viaggio verso sud, il genitore racconta al bambino la sua vita a colori, piena di musica e della dolcezza bionda di sua madre, inghiottita dalla notte e dalla paura di sopravvivere. Lungo la strada il ragazzo esplorerà la propria umanità, imparando la conoscenza del bene e del male.
Dal romanzo di Tolstoj: Natascia si fidanza col principe Andrea che ben presto, a causa dell’avanzata di Napoleone, viene chiamato a combattere. Mosca viene incendiata, i francesi si ritirano; la casa di lei è stata saccheggiata, bisogna ricominciare da capo. Guerra e pace costò, alla coproduzione italo-americana, quasi sei milioni di dollari. Molti personaggi del libro furono eliminati allo scopo di rendere la pellicola più commerciale. Soldati collaborò alla stesura delle scene di battaglia; la Hepburn e Fonda sono gli interpreti di maggior rilievo.
Muore Charles F. Kane, magnate della stampa USA. Un giornalista intervista i suoi amici e dipendenti per scoprire il significato dell’ultima parola pronunciata sul letto di morte: “Rosebud”. Al suo esordio il 26enne O. Welles condensa in un solo film un patrimonio di complesse esperienze tecniche e artistiche, portando a compimento un’intera fase della storia del cinema. Nel suo barocchismo, è un potente spettacolo-riflessione sul capitalismo nordamericano. “Soffre di gigantismo, di pedanteria, di tedio. Non è intelligente, è geniale: nel senso più notturno e più tedesco di questa parola” (J.L. Borges). Regolarmente in testa alla lista dei 10 migliori film del mondo. 8 nomine agli Oscar: film, regia, Welles attore, fotografia (Gregg Toland), musica (Bernard Herrmann), scene (Van Nest Polgrase), montaggio (Robert Wise), ma vinse soltanto quello della sceneggiatura (Herman J. Mankiewicz, O. Welles). Reperibile in DVD (2 dischi col doc. The battle over Citizen Kane ). Prodotto da O. Welles per RKO. Come uno dei giornalisti appare A. Ladd. Sdoganato in Italia nel 1948.
Basato su una storia vera, vincitore a Cannes nel 1982, Missing è il primo film di Hollywood che racconta del coinvolgimento della Cia nel golpe cileno del 1973. Charles Horman (John Shea) è uno scrittore americano trasferitosi con la moglie Beth (Sissy Spacek) nel Cile democratico di Allende. Quando Pinochet sale al potere, il clima del Paese cambia e niente è più come prima. Una notte Charles viene arrestato dai soldati dell’esercito e da quel momento nessuno avrà più sue notizie. Da New York arriva il padre di Charles, Ed Horman (Jack Lemmon) per aiutare Beth nella ricerca del marito scomparso. Ed, grazie a questa ricerca disperata e frustrante, non solo scopre le atrocità e gli orrori del golpe, ma impara a conoscere attraverso gli occhi di Beth suo figlio che pensava essere molto diverso da lui e del quale non aveva mai approvato lo stile di vita. I fatti sono narrati con un ritmo che cattura l’attenzione dello spettatore e lo rende partecipe dell’angoscia dei protagonisti. Il realismo giornalistico del film è squarciato solo per un breve momento dall’improvvisa apparizione notturna di un cavallo bianco in fuga, trasposizione onirica della disperazione del Paese. Beth e Ed dovranno vedersela non solo con i militari cileni, ma anche con le menzogne degli ambasciatori americani raccontate in perfetto stile CIA . L’occhio del regista Costa Gavras osserva silenzioso, rispettoso sia della storia che della Storia. Il film infatti, oltre che narrare fatti storici, ha una sottotrama, quella del rapporto padre-figlio, della conoscenza attraverso la ricerca e la perdita. Le emozioni, la tensione e lo shock sono sottolineate dalle musiche di Vangelis leggere e delicate in forte contrapposizione con le immagini dei molti cadaveri all’interno dello Stadio nazionale o con la disperazione di Ed e Beth. I tasti del piano camminano ripetitivi come una dolcissima ninna nanna riuscendo a fermare le immagini del film nella nostra mente. Un film da non perdere, lucido, vero, forte.
Vita e opere di San Vincenzo de Paoli, che dedicò, al tempo del Re Sole, la sua esistenza al riscatto dei diseredati e alla lotta contro i soprusi dei potenti.
Nel 1931 a New York la figlia di un multimilionario viene rapita dalla famiglia Grissom. Uno di loro la vuole per sé. Dal romanzo (1939) di James Hadley Chase Niente orchidee per Miss Blandish , già filmato pessimamente nel 1948 in Inghilterra. Storia di una Bella e una Bestia, entrambe colpevoli in un’America della Depressione dove la violenza dei miserabili non è superiore a quella dei ricchi: miseria, violenza, prostrazione fisica e mentale sono palpabili. Quello di Aldrich è un cinema di antieroi.
Freddie Quell è un soldato uscito dalla Seconda Guerra Mondiale con il sistema nervoso a pezzi. A poco servono le cure che l’esercito gli offre, se non a rendere esplicita un’ossessione per il sesso. A ciò si aggiunge un forte interesse per l’alcol che si traduce in misture che lui stesso si prepara e che offre agli altri con esiti non sempre positivi. Finché un giorno, in modo del tutto casuale, Freddie incontra Lancaster Dodd. Costui ha inventato un metodo di introspezione che sperimenta sul disturbato Marine, il quale sembra trarne giovamento. Da quel momento ha inizio un sodalizio che li vedrà percorrere insieme un lungo tratto di strada. Anche se il loro viaggio finirà con l’offrire loro esiti assolutamente diversi. Il film che è stato forse il più atteso alla 69^ Mostra Internazionale del Cinema di Venezia si rivela perfettamente in linea con l’autorialità di un regista che ha sempre cercato di scrutare il lato oscuro della psiche e dei comportamenti umani senza alcuna intenzione di scandalizzare ma con il desiderio di fare molto di più: cercare cioè di comprenderne le ragioni. Potremmo dire che queste si traducono nel suo cinema con un solo termine: solitudine. Soli, profondamente soli erano i protagonisti di Magnolia nel loro tentativo di sfuggire alle piaghe che spesso si erano inferti da soli. Solo era Il petroliere, bruciato dalle fiamme dei pozzi in cui scorre l’oro nero delle coscienze asservite al Dio Denaro. Soli sono Freddie e Lancaster. Il primo alla ricerca di donne di sabbia che plachino la sua sete sessuale ma anche inconsciamente desideroso di incanalare la propria violenza in forme socialmente accettabili. Il secondo, dotato di un potere di fascinazione su uomini e donne bisognosi di ‘credere’ a vite passate e pronti ad immergersi in dinamiche ipnotiche che li facciano sfuggire a un presente difficile da controllare. Il tutto, da una parte e dall’altra, in un dominio in cui la razionalità non possa infiltrarsi; pena il crollo del castello di illusioni. L’ispirazione a Hubbard, il fondatore di Dianetics, è esplicita ed innegabile ma Paul Thomas Anderson è abilissimo, ancora una volta, nello spiazzare lo spettatore. Chi si aspettava un pamphlet cinematografico sulla capacità di irretire e depredare economicamente gli adepti alla setta, non lasciando loro quasi nessuno spiraglio di fuga, si trova di fronte a tutt’altro. Freddie e Lancaster sono due uomini (perfetta la scelta di Phoenix e Hoffman) che si confrontano mettendo in gioco tutti i loro comportamenti devianti. La differenza tra di loro sta nel modo in cui riescono a gestirli. Alla fine del film si ripensa allo spazio angusto in cui i due si erano incontrati la prima volta mettendolo a confronto con quello in cui finiscono con il ritrovarsi uniti e al contempo divisi più che mai e ci si accorge che in quelle due location si sintetizza il senso di un’opera che sa andare oltre la contingenza della setta miliardaria. L’ultima inquadratura poi riapre il film e chiude l’analisi di una psiche.
Nel settembre 1943, dopo lo sbarco a Salerno, una pattuglia di fanteria percorre dieci km per raggiungere una fattoria, ma nessuno sa che cosa li aspetta. Prodotto dallo stesso Milestone, scritto da Robert Rossen da un romanzo di Harry Brown, è uno dei migliori e più anticonformistici film bellici sulla seconda guerra mondiale, forse il migliore tra quelli sul fronte italiano. Durante la “passeggiata al sole” la pattuglia è attaccata più volte da un nemico che, realisticamente, rimane invisibile anche nel sanguinoso epilogo. L’accento è messo non sui combattimenti, ma sugli effetti psicologici che la guerra ha sui combattenti: paura, spaesamento, ironia, esorcismi scherzosi, gioia innocentemente egoistica per la sopravvivenza. La guerra raccontata a filo d’erba. Un film bellico intimista, quasi un ossimoro. Personaggi vivi. Ottimo bianconero di Russell Harlan.
Violoncellista europeo arriva dopo la guerra a New York, sposa un’amatissima pianista che gli nasconde di essere stata l’amante di celebre e possessivo compositore. Finale cruento. Da un dramma teatrale a 2 personaggi di Louis Verneuil un melodramma triangolare con molta musica classica (Haydn, Beethoven, Chopin e un pezzo originale di E.W. Korngold), appartamenti immensi e lo stesso trio d’interpreti di Perdutamente tua (1942) dello stesso Rapper, dove, forse per l’unica volta, B. Davis si fa rubare il film da un partner (C. Rains), ma alla fine, smentendo le menzogne, si prende la rivincita. Preceduto da Jealousy (1929) con Jeanne Eagels e Fredric March. Un classico del gusto camp.
Durante il viaggio verso il Montana, dove sperano di trovare lavoro prima dell’inverno, tre amici si scontrano con alcuni avventurieri che feriscono uno di loro e si accaniscono su di un altro, insidiandogli la donna. Fortunatamente, i suoi compagni lo aiutano ad uscire dalla spiacevole situazione.
Un astronauta riceve un messaggio dalla piattaforma che ruota intorno al pianeta Solaris. Stanno accadendo cose inspiegabili. Si decide di inviarlo in missione. Trova così che a bordo ci sono state morti violente ma, soprattutto, che il pianeta ha la forza di materializzare l’inconscio degli umani facendo comparire le persone che vivono nella loro mente. Ricompare cosi’la moglie e per lui sarà sempre più difficile liberarsi dalla sua presenza che sa essere non umana. Ispirato allo stesso libro da cui Andrei Tarkovski trasse materia per il suo grande film questo remake è la prova definitiva che Steven Soderbergh non riesce più a sperimentare negli stretti ambiti della standardizzazione americana ma ha bisogno di altri respiri tematici e visivi. Ecco allora che confeziona un film troppo cerebrale per il pubblico americano anche se ‘spinto’ da una star del calibro di Clooney. Ma fa di più: si libera dalla presenza del regista russo (omaggiandolo con la presenza della pioggia che nell’originale era simbolica e qui a volte sembra di occasione) costruendo un finale nettamente divergente dal suo (con qualche accenno anche a Blade Runner) e puntando la sua attenzione sul rapporto di coppia più che sulle ossessioni del collettivo di astronauti. Questo dà nuova linfa alla vicenda e può costituire un’interessante riflessione sulle strategie dei remake.
Dall’omonimo dramma (1972) di Peter Shaffer, anche sceneggiatore. Perché, pur amante dei cavalli, il giovane Alan ne ha accecati sei? Uno psichiatra l’aiuta a scoprire dentro sé stesso le origini del malessere, sebbene anch’egli abbia le sue angosce. Film esemplare per mostrare come non si deve adattare un testo teatrale per lo schermo. Ha un solo merito: rivela i limiti, i vizi, i prestiti, i temi orecchiati di Shaffer. Burton e Firth l’avevano già recitato a teatro.
Un film di Rob Marshall. Con Ziyi Zhang, Ken Watanabe, Kôji Yakusho, Michelle Yeoh, Kaori Momoi. Titolo originale Memoirs of a Geisha. Drammatico, durata 137 min. – USA 2005. uscita venerdì 16dicembre 2005. MYMONETRO Memorie di una geisha valutazione media: 3,42 su 87 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Dopo l’acclamato Chicago, Rob Marshall getta uno sguardo ad oriente, o meglio sarebbe dire una sbirciata. Lo fa protetto dietro i paraventi della camera di Chiyo, venduta a nove anni ad una scuola di geishe e destinata a finire i suoi giorni nell’Uki-o, il ‘mondo che fluttua’, col nome di Sayuri, per deliziare i ricchi signori giapponesi con le sue arti. Il suo destino sarà segnato dall’;incontro con un bell’uomo d’affari che non smetterà mai di amare, dalla gelosa Hatsunomo che la umilierà di continuo, dalla gentile Mameha che la farà diventare la più leggendaria geisha di Kyoto, e infine dalla guerra che tutto spazza via. Esteticamente squisite, le memorie di questa geisha raccontate da Arthur Golden e materializzate dall’;ormai ex-coreografo Marshall. Delizia per gli occhi che si accompagna ad una trama credibile nei sui toni favolistici, a patto che ci si astenga da ogni giudizio etico (la verginità venduta ad una riffa lascia quantomeno perplessi) e da qualsivoglia pretesa di attendibilità filologica (basti pensare che a interpretare le belle giapponesi sono tutte attrici cinesi). Del resto, è palese la volontà degli autori di raccontare un mondo esotico come visto da occhi occidentali, e nell’esotismo il film trova il suo pregio maggiore, ma anche il suo limite. A tratti sembra di assistere ad una versione al femminile e dagli occhi a mandorla di Rocky, ma gli occhi di Stallone erano poca roba in confronto a quelli di Ziyi Zhang.
Regia di King Vidor. Un film con Karen Morley, Tom Keene. Titolo originale: Our Daily Bread. Genere Drammatico – USA, 1934, durata 77 minuti. Valutazione: 3 Stelle, sulla base di 3 recensioni.
Durante la grande crisi americana del 1929, due giovani coniugi tornano alla campagna dove organizzano una collettività agricola, sfruttando i terreni aridi e abbondonati. La siccità e l’arrivo di una donna rischiano di rovinare i loro rapporti. Ma la ricerca del bene comune e l’amore per la terra li riportano insieme.
Non ho trovato una versione in italiano. Questa versione è presa da youtube a cui ho aggiunti i subita.
Joshua è un ufficiale americano delle forze antiterrorismo di stanza a Parigi ha appena salutato moglie e figlio in un bar quando il locale salta in aria uccidendo entrambi. La reazione del militare è tanto irrazionale quanto immediata: prende un’arma ed entra nella moschea del quartiere uccidendo tutti i presenti. Lo ritroviamo dopo qualche tempo arruolato nella Legione Straniera. Il suo compito è combattere, non importa per chi, ma lui ha bisogno di altro: vuole qualcuno da odiare. Siamo agli inizi degli anni Novanta e quindi la meta diventa la Serbia. In Montenegro Joshua assiste alle uccisioni più spietate e vi partecipa fino a quando sulla sua strada non incontra Vera, una giovane donna serba stuprata dalle milizie musulmane. Joshua l’aiuta a far nascere la figlia e dovrà poi decidere che fare quando la famiglia caccia via madre e bambina. Dennis Quaid sa come offrire il proprio aspetto dolente a una storia intrisa di umanità e di efferatezza.È lui il punto di forza di Savior che propone senza remore (onore al merito alla Repubblica del Montenegro che ha offerto assistenza tecnica visto che all’epoca esisteva ancora un seppur tenue legame con la Serbia la cui popolazione in armi non brilla certo per sensibilità nel film). Il percorso di redenzione di un essere umano duramente provato lo abbiamo già visto innumerevoli volte al cinema ma in questo film si inserisce in un contesto ben descritto di violenza quotidiana e insensata come forse solo Winterbottom in Welcome to Sarajevo era riuscito a rendere in modo altrettanto efficace. Un’avvertenza per i fans di Nastassja Kinski: il suo nome è solo utile per promuovere il film. Infatti il suo personaggio (la moglie di Joshua) scompare, per non fare più ritorno, nell’arco dei primi 5 minuti del film.
Durante una ricognizione aerea in Vietnam il tenente colonnello Hambleton è costretto a gettarsi col paracadute in territorio nemico. Il capitano Clark, a bordo di un elicottero, cerca di trarlo in salvo. Al film, tratto da un libro di William C. Anderson su una vicenda realmente accaduta, ha collaborato il vero ufficiale protagonista. Passaggi stupendi, azione avvincente, solido mestiere di Hackman e Co.
Eddie Carbone, scaricatore portuale di Brooklyn di origine siciliana, ha per la nipote Caterina, che ha cresciuto come figlia, un amore non più solo paterno che lo spinge a gesti fatali. Riduzione fedele – tranne nel finale in cui la morte di Carbone diventa un suicidio – del dramma A View From the Bridge (1955) di Arthur Miller. Nonostante i suoi meriti, commuove ma non coinvolge. Vallone ha, specialmente nella 2ª parte, momenti alti. Sceneggiato da Norman Rosten. Girato in studio a Parigi con alcuni esterni a Brooklyn.
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