Un film di Gus Van Sant. Con Gabe Nevins, Daniel Liu, Jake Miller, Taylor Momsen, Lauren Mc Kinney. Thriller, durata 90 min. – Francia, USA 2007. – Lucky Red uscita venerdì 7 dicembre 2007. MYMONETRO Paranoid Park valutazione media: 3,15 su 116 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Alex ha sedici anni e frequenta il liceo a Portland. Un giorno un amico lo invita ad andare con lui a Paranoid Park, luogo malfamato della città in cui si confrontano i più abili esperti in materia di skateboard. Una notte, proprio presso il parco, Alex uccide accidentalmente un agente. Decide di continuare la sua vita senza dire nulla a nessuno.
Gus Van Sant torna a parlarci di adolescenti dopo quella che potremmo definire la parentesi di Last Days. Lo fa affrontando il romanzo omonimo di Blake Nelson e tornando a girare (in super8 e in 35 mm) nella sua città natale. Il suo interesse per il mondo adolescenziale si rivela sempre più dettato dall’urgenza di mettere in guardia il mondo adulto (nel quale però ha una fiducia sempre più flebile) nei confronti di una deriva morale che tende ad annullare in molti di essi (senza bisogno di droghe) la distinzione tra bene e male.
In Paranoid Park in particolare i maschi sembrano essere i più indifesi e pronti a farsi decolorare l’anima dal demone dell’indifferenza. Le due ragazze invece (la girlfriend di Alex e una ragazza conosciuta al parco) sono molto più consapevoli. La prima reagisce con veemenza (nell’unica scena di cui ci viene negato di sentire il dialogo) all’improvviso abbandono da parte del ragazzo mentre la seconda gli parla dell’Iraq del quale lui afferma di disinteressarsi totalmente. Ma è, come dicevamo, il mondo degli adulti quello che finisce con l’essere più distante.
Alex ha i genitori che si stanno lasciando ma la sua condizione economica non è deprivata. Gli manca però quello di cui avrebbe più urgenza: una guida. Quando il padre ipertatuato gli chiede di dirgli di cosa ha bisogno per evitare a lui e al fratello minore il trauma della separazione il silenzio di Alex è eloquente più di ogni parola. Necessita di un padre e di una madre che sappiano capire di cosa ha veramente bisogno. Senza chiederglielo. In un microcosmo in cui la leggerezza delle evoluzioni sullo skateboard viene colta dalla macchina da presa in tutta la sua plasticità e la coscienza di sé come esseri umani in formazione che rischia di perdersi. Trasformando quella leggerezza in un peso difficile da scrollarsi di dosso e di cui si finge di non avvertire la presenza. Camminando in corridoi deserti che sembrano non avere mai fine.