Un film di David Wark Griffith. Con Lillian Gish, Douglas Fairbanks, Constance Talmadge, Alfred Paget, Max Davidson. Muto, Ratings: Kids+13, b/n durata 171′ min. – USA 1916. MYMONETRO Intolerance valutazione media: 3,75 su 7 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Fedele a quella che era ormai diventata una sua prassi abituale, Griffith cominciò a lavorare al suo nuovo film durante il montaggio di The Clansman, nel tardo autunno del 1914. Il nuovo film, intitolato The Mother and The Law, era stato pensato come un progetto complementare a The Escape, già distribuito nei primi mesi dello stesso anno. Griffith scritturò nuovamente Mae Marsh e Bobby Harron per un secondo studio sulla prostituzione e la lotta tra bande nei bassifondi della città. Nel gennaio del 1915, quando il film in 3 rulli era praticamente completato, Griffith poté dedicarsi interamente alla promozione del suo lungometraggio sulla guerra civile. Verso la fine di febbraio lasciò la California per sovrintendere alla “prima” newyorchese e dare battaglia ai suoi avversari scatenati sul fronte della censura. Nel maggio, quando le controversie suscitate da The Birth avevano raggiunto il loro apice, Griffith tornò a dedicarsi alla sua storia di bassifondi, intenzionato a sfruttare il grande successo di The Birth. Fu allora che prese la fatidica decisione di ampliare la vicenda, trasformando The Mother in una denuncia dello sfruttamento industriale. Fece allestire set sontuosi (in particolare il ballo di Mary Jenkins, la sala da ballo degli operai, il tribunale di Chicago e le forche di San Quintino), aggiunse la sequenza dello sciopero e il salvataggio in extremis; e introdusse il tema del proprietario della fabbrica, Jenkins, della sua sgraziata sorella e dei crudeli riformatori sociali. I nuovi sviluppi della trama furono determinati, in parte, dal tentativo di sfruttare l’attualità giornalistica delle vicende che vedevano coinvolto John D. Rockfeller Jr., che già nel 1913 aveva suscitato controversie e rancori con la creazione della Fondazione Rockfeller e che ora si trovava a dover rispondere a una commissione d’inchiesta governativa sul ruolo da lui svolto durante lo sciopero di minatori che nel 1914, a Ludlow, nella sua Colorado Fuel and Iron Company, era sfociato in un massacro. Per creare questa nuova possente introduzione, Griffith intrecciò dettagli di quello sciopero con i disordini ancora più sanguinosi che nello stesso anno avevano accompagnato lo sciopero della Rockfeller Standard Oil di Bayonne, nel New Jersey. Nella nuova versione ampliata di The Mother, sono un industriale tirannico e una organizzazione benefica puritana a scatenare le disgrazie che cadono su Mae Marsh e sul suo sfortunato innamorato e che non conducono solo all’ingiusta condanna di Bobby Harron per omicidio, ma anche alla sottrazione coatta del loro bambino e a un’elaborata, nuova lunghissima sequenza di salvataggio in extremis che comprende una locomotiva, un’auto da corsa, un telefono e i famosi rasoi dell’impiccagione.Griffith continuò le riprese della sua storia moderna durante l’estate del 1915, girando ex novo il processo di Harron, le scene del carcere e la corsa risolutiva di Marsh. Nel frattempo (a metà settembre) iniziò a lavorare alla storia francese. Questo fu il primo dei due memorabili sviluppi legati all’evoluzione del film: la decisione di creare una controparte storica da raccontare parallelamente alla storia moderna. Non possiamo dire con esattezza se a questo punto Griffith intendesse contrapporre solo l’episodio francese e il moderno – mettendo a confronto gli eventi scaturiti dal massacro di Ludlow con quelli che, nella Francia del 1572, si conclusero con il massacro della notte di San Bartolomeo – o se invece l’idea della struttura in 4 episodi fosse nata simultaneamente. Già di per sé, l’aggiunta dell’episodio francese apriva il film in modo sorprendentemente innovativo, fornendo uno straordinario capovolgimento della storia moderna. L’attenzione ora era focalizzata interamente su due eventi sanguinari provocati da donne nevrotiche e violente insensibili ai diritti della famiglia in un film ancora appropriatamente intitolato The Mother and the Law. Sia che Griffith avesse contemplato o meno l’idea di fermarsi alla storia francese, fin dall’inizio dell’espansione l’accento è posto sulla spettacolarità. I fotogrammi depositati per il copyright con alcuni interni del palazzo del Louvre imbibiti a mano [o colorati con il procedimento Handschiegl?] provano che Griffith aveva girato una versione più lunga del letale intrigo di corte che coinvolgeva l’ammiraglio de Coligny, il re di Navarra e la famiglia Guisa, che in seguito avrebbe tagliato.La seconda importante decisione da parte di Griffith emerse solo verso la fine dell’anno, quando i famosi set dell’episodio babilonese cominciarono a giganteggiare sulle villette hollywoodiane di Sunset Boulevard. L’inizio delle riprese dell’episodio più costoso ebbero tutti i crismi del primo giorno di lavorazione di un nuovo film; e del resto, in un certo senso, di questo si trattava. Griffith dette un nuovo assetto e ridefinì drasticamente il suo film, poiché ora all’episodio francese e a quello moderno veniva contrapposta la fastosa e chimerica ricostruzione storica di un edonistico e pre-cristiano regno delle meraviglie. Ad alcune celebrità dell’epoca – tra cui il governatore della California Hiram Johnson – venne concesso di visitare i set. Nel gennaio del 1916 Griffith mise a pieno regime le maestranze della Fine Arts. Bitzer poté disporre di quattordici cameraman, che si alternavano sul set in base ai rispettivi impegni di routine, e “non era affatto inusuale vedere al lavoro otto cineprese contemporaneamente” (da The Brooklyn Citizen, 6 novembre 1916). L’episodio babilonese richiese 4 mesi di riprese, dal gennaio all’aprile del 1916, più di quanto avesse richiesto l’intera lavorazione di The Birth of a Nation. E, quando fu terminato, Griffith rimaneggiò nuovamente la storia moderna. Ancora insoddisfatto delle scene del processo e dell’esecuzione, fece ricostruire i set che aveva mandato al macero l’estate precedente. Una foto di scena ritrovata da Marc Wanamaker verso la fine degli anni ’80 ci mostra i set delle forche e di una porzione dell’aula giudiziaria appena ricostruiti sul pavimento della gigantesca scenografia babilonese. Poi Griffith fece allestire un altro set per girare la sequenza di Lillian Gish che dondola la culla.Il risultato finale, con l’aggiunta delle scene della Passione (girate nel dicembre del 1915) era un conglomerato di storie e stili diversi in cerca di un principio unificatore. In parte dramma allegorico, in parte circo a tre piste, il film era in carattere con il nuovo eclettismo estetico che aveva definitivamente sepolto il vecchio ideale di sintesi organica. Insieme con Treemonisha di Scott Joplin e la Terza Sinfonia di Charles Ives, Intolerance rimane uno dei grandi ibridi dell’epoca. Le “prime” e la distribuzione di Intolerance costituiscono un racconto molto complesso, come ho descritto abbastanza dettagliatamente in occasione della presentazione della copia restaurata dal Museum of Modern Art’s nel 1989 (Merritt, “D.W. Griffith’s Intolerance: Reconstructing an Unaittanable Text”, Film History, Vol. 4, inverno 1990, p. 337-375). [Il film restaurato venne presentato al MoMa di New York nell’ottobre del 1989, e vide la sua anteprima europea a Pordenone un anno dopo]. Ma dall’inizio, Griffith continuò a considerare il suo film come “una maestosa improvvisazione” (la definizione è di Richard Schickel), rimaneggiandolo a più riprese per almeno altri 10 anni. La prima proiezione pubblica di Intolerance ebbe luogo all’Orpheum Theater di Riverside, in California, il 4 agosto del 1916, dove tenne cartellone per due giorni con il titolo alquanto pomposo di The Downfall of All Nations, or Hatred The Oppressor, diretto da un certo Dante Guilio [sic] – che la stampa definiva “il famoso regista italiano attualmente prigioniero degli austriaci nelle prigioni viennesi”. Secondo gli annunci pubblicitari, il film epico di Dante Guilio – che si proclamava “PIÙ GRANDE DI ‘THE KLANSMAN’, ‘CABIRIA’ E ‘BEN-HUR’ MESSI INSIEME” – era costituito da 11 rulli. In quella fatidica occasione, le didascalie soporifere e
i dettagli tediosi del film fiaccarono la resistenza di almeno un paio di spettatori; gli stessi due che in seguito – in modo abbastanza fuorviante – gli attribuirono tempi di durata wagneriana. Negli anni ’20, Lillian Gish ricordava quella serata come un’esperienza estenuante che sembrava non dovesse “finire mai”. Mentre il rettore della Stanford University, David Starr Jordan, ricordando l’anteprima di Riverside a sei mesi di distanza, le attribuiva una durata di almeno 6 ore, anche se ammetteva di aver assistito solo alla prima parte. Da questi racconti, sono nate le leggende sulla lunghezza smodata del film; che in realtà – anche alle sue anteprime – si ritiene non raggiungesse le 3 ore di durata. Ciò non di meno, anche dalle recensioni dell’epoca emerge chiaramente che il film era considerato lento e le sue didascalie verbose. Riverside fu solo la prima tappa di una lunga serie di anteprime pubbliche di Intolerance. Griffith tornò a Los Angeles per modificare le didascalie e il montaggio, e dieci giorni dopo organizzò una seconda proiezione, stavolta a Pomona, in California. Il titolo era ancora The Downfall of All Nations, e Griffith continuava a chiamarsi Dante Guilio, ma la nuova pubblicità annunciava un film di 12 rulli e il giornalista del Progress di Pomona gli attribuiva una durata di “quasi 3 ore”. Il film, presentato con l’accompagnamento musicale di “un’orchestra sinfonica” di 8 elementi, riempì le prime pagine dei giornali di titoli trionfali, ma lo spettacolo continuava chiaramente a non funzionare (The Pomona Bulletin, 17 agosto 1916).Dietro le quinte, l’aiuto regista Joseph Henabery esprimeva il proprio senso di delusione, peraltro condiviso da altri, su questo secondo tentativo: “Il film mi lasciava molto perplesso. Ero scoraggiato e insoddisfatto… Griffith aveva accumulato troppo materiale… Ma la cosa che mi disturbava più di tutto erano le didascalie”. La stampa locale dette voce allo scontento generale. Per il Progress di Pomona “Il dramma umano emerge solo nelle scene in cui la povera madre mostra la sua devozione per il bambino e per il marito perseguitato”. Un altro giornalista, dopo aver intervistato Griffith, scrisse: “Occorre un riordinamento delle migliaia di scene, un drastico taglio delle sequenze inutili, e un adeguato commento musicale – affinché il carattere di ogni singola scena, immagini e musica, possa raggiungere il suo culmine drammatico. Il signor Griffith ha davanti a sé ancora parecchi giorni di duro lavoro prima che il suo ponderoso dramma sia pronto per il pubblico”. Griffith rimaneggiò nuovamente il film, e organizzò una terza anteprima pubblica a San Luis Obispo, cui fece seguire una proiezione privata per la stampa al Tally’s Broadway Theater di Los Angeles. Infine decise di portare il film a New York per il suo debutto ufficiale.La sera della “prima” al Liberty, il 5 settembre del 1916, fu uno spettacolo nello spettacolo. Lo scenografo di Griffith aveva trasformato il teatro in un tempio assiro, con incensi che bruciavano nel foyer adorno di sagome di legno e decorazioni di gusto orientale. Le mascherine erano vestite da sacerdotesse babilonesi, mentre gli uscieri esibivano smoking di raso rosso e nero. Per preparare la serata, Griffith visse praticamente nel teatro per 10 giorni di fila, controllando di persona non solo le prove dell’orchestra di 40 elementi e del coro, ma anche lo speciale sistema d’illuminazione appositamente ideato per proiettare sullo schermo varie sfumature di colore, e l’imponente carico di marchingegni per gli effetti sonori che, stando ai resoconti dei giornali, era così ingombrante da dover essere stipato nel retropalco del Liberty. Anche i proiezionisti furono impegnati 18 ore al giorno per mettere a punto le varie velocità richieste per sincronizzare il film con la musica e gli effetti sonori. The Moving Picture World (30 settembre 1916) calcolava che, in totale, per la presentazione newyorchese erano state coinvolte 134 persone, ivi compresi i 7 uomini responsabili del “considerevole quantitativo di esplosivi” usato per le scene di battaglia.Alla fine, per un motivo o per l’altro, i critici dell’anteprima newyorchese rimasero sbalorditi. Malgrado la sua pessima nomea critica, Intolerance ricevette recensioni decisamente positive. La stampa locale, quella di categoria e anche le riviste per amatori saltarono sul carro del vincitore, esprimendo solo qualche riserva su dettagli minori. Julian Johnson di Photoplay (dicembre 1916) scrisse: “È una piacevole carrellata storica; un veloce viaggio attraverso i secoli, un corso didattico condensato in una sola serata. Intolerance è il più straordinario esperimento di racconto per immagini mai tentato prima”.Secondo l’Herald di New York (6 settembre 1916), “…le scene della guerra babilonese hanno spinto il pubblico elettrizzato a un applauso spontaneo per il loro intenso realismo. La festa indetta da Baldassarre per celebrare la vittoria sull’assalitore Ciro si svolge in un ambiente di dimensioni colossali, con l’occhio onniveggente della cinepresa che segue passo per passo lo spettacolare evento”. Il critico del N.Y. Call (10 ottobre 1916) esibì una personale predisposizione all’epica già nel titolo della sua recensione: “L’opera più grandiosa fin qui realizzata nell’arte della regia cinematografica”. L’articolo cominciava così: “Fa sembrare Cabiria uno spettacolino di marionette – tanto per parlar chiaro”.E perfino Alexander Woollcott, pur riservando a Intolerance una stroncatura sul New York Times (10 settembre 1916) – “Lo splendore senza precedenti della ineffabile ricostruzione storica si combina con una grottesca incoerenza di disegno e una totale vacuità di pensiero” – ammetteva che “le scene spettacolari valgono abbondantemente una visita al Liberty… L’immaginazione e la forza personale che emergono da questa impresa suggeriscono un uomo di grande statura. Il signor Griffith si configura come un novello Ciro. Entrambi hanno conquistato Babilonia. E varrebbe la pena di percorrere svariate miglia anche solo per vedere l’episodio babilonese”. E sicuramente molte ne percorse Griffith, che accompagnò le anteprime del suo film attraverso tutta l’America, prima a Brooklyn e a Pittsburgh, poi a Filadelfia, Milwaukee e Saint Louis. Griffith modificò e perfezionò la presentazione, ritoccando di volta in volta alcune parti del film. Tra le altre cose, lui e la sua società decisero di ampliare l’organico del coro quando il film giunse a Chicago e a Pittsburgh; mentre, a Washington DC, al posto del coro, preferì avvalersi di solisti che cantavano sulle musiche degli episodi babilonese e francese. Quando poi, nel 1917, vendette i diritti di distribuzione di Intolerance in tutto il Paese, introdusse una clausola contrattuale che impegnava il distributore “a dedicare al film la [sua] massima attenzione e a sperimentare l’impiego di un conferenziere (il corsivo è un’aggiunta; contratto Wark/McCarthy, 9 giugno 1917; cfr. accordo Wark/McSween, 6 settembre 1917).Non sappiamo con certezza se Griffith, dopo la “prima” newyorchese, abbia aggiunto nuovo materiale fotografico al suo film, ma se così fu, ciò avvenne sicuramente a breve distanza dal debutto. Le parti in questione riguardano le sequenze con le donne seminude in posa nel tempio dell’amore, poi nuovamente inserite nella danza del Tammuz. In realtà è impossibile stabilire se le scene del tempio dell’amore e della danza del Tammuz come le vediamo oggi siano apparse in tempo per la “prima” newyorchese. Ma verso la metà di novembre quelle scene erano sicuramente al loro posto, perché un fan newyorchese mandò a Griffith un rotolo di 26 piedi di versi scadenti che vi facevano esplicito riferimento. Sappiamo che le scene erano presenti anche quando il film fu presentato a Chicago, dove il locale comitato di censura fece pressione perché Griffith le tagliasse. I nudi sopravvissero all’attacco dei censori di Chicago, così come uscirono indenni da scontri simili a San Francisco e a Los Angeles. Poi cadd
ero nel mirino dei furibondi censori della Pennsylvania, cui Griffith dette strenuamente battaglia. A Pittsburgh e a Filadelfia, le scene di nudo vennero usate come oggetto di contrattazione, ma anche come elemento di distrazione per sviare l’attenzione dei censori dallo sciopero operaio e dalla satira antiriformista che molte commissioni esaminatrici ritenevano diffamatori.Vergini sacre a parte, le modifiche che Griffith apportò al film a partire dal settembre 1916 fino alla fine di febbraio del 1917, quando il tour delle anteprime americane di Intolerance si concluse, furono solo ritocchi di poco conto a un’opera anomala e di difficile controllo che sin dall’inizio si era sviluppata come una “maestosa improvvisazione”. Stabilire con esattezza quando abbia eliminato le scene descrittive dall’episodio sulla Passione di Cristo, quando abbia tolto la breve e inessenziale sequenza dell’assassinio di de Coligny durante il massacro degli ugonotti, o alterato questa o quella didascalia, è virtualmente impossibile perché Griffith non smise mai di considerare il suo film come un work in progress. Senza meno le modifiche continuarono fino al 27 febbraio del 1917, quando Griffith presenziò alla sua ultima anteprima a St. Louis. A partire da quella data, la versione del film aveva raggiunto la sua forma definitiva – e tale restò almeno fino alla fine di giugno, quando il road show di Intolerance, in sale selezionate e a prezzi speciali, ebbe termine.