Un film di Tobe Hooper. Con Robert Englund, Zoe Trilling, Alona Kimhi Titolo originale Tobe Hooper’s Night Terrors. Horror, durata 96 min. – USA 1993. MYMONETRO Le notti proibite del marchese de Sade valutazione media: 1,00 su 1 recensione.
Robert Englund, l’attore di Nightmare, si trasforma questa volta nel marchese De Sade che torna dalle tenebre. A farne le spese è la figlia di un archeologo che si trova in Egitto.
La serie narra le storie di due fratelli afroamericani, Arnold e Willis Jackson, rispettivamente di 8 e 13 anni, i quali vengono adottati da un ricco uomo d’affari, Philip Drummond, abbandonando così la miseria di Harlem e approdando nella ricca Manhattan. Questa era stata infatti l’ultima volontà della madre dei due bambini, precedente governante del signor Drummond, poco prima di morire. Su questo filone si alterneranno negli anni diverse situazioni, sia comiche sia drammatiche, rendendo questa serie un successo a livello internazionale per vari anni.
Film a 2 versanti: la favola moderna di Jesse, bambino nordamericano di Seattle che, scortato dal padre, è portato dal Lama Norbu nel Bhutan (versante sud dell’Himalaya) perché potrebbe essere il tulku , la reincarnazione del Lama Dorje, morto otto anni prima; e la favola antica del principe Siddharta Gautama (ca. 565-486 a.C.) detto il Buddha, il Risvegliato, che s’avvicenda con la 1ª, letta su un libro illustrato ora da questo, ora da quel personaggio. 1° film di Bertolucci senza conflitti drammatici, tormenti, trasgressioni. Se si toglie la lotta di Siddharta con Mara, dio del Male, non c’è una sola figura malvagia o antagonista. 1° suo film di bambini, sui bambini, per i bambini. È come se, per adeguarsi alla “via di mezzo” tra i due estremi del piacere e dell’ascetismo spinto di cui il Buddha fu un esempio, il regista avesse scelto una via stilisticamente e narrativamente intermedia, al di là dei conflitti drammatici. Persino la nascita di Siddharta è risolta in canto, con grazia delicata: il dolore esiste, ma superato e trasfigurato. Anche nel ricorso agli effetti speciali la sua cinefilia rifugge dall’esibizionismo della moderna tecnologia digitale: vicino più alla magia di Méliès che a Spielberg. Anche nella luce e nei colori, governati dalla maestria di Vittorio Storaro, c’è una ripartizione: freddi, grigiazzurri, quasi acciaiati a Seattle (Occidente); caldi, fastosi o festosi (col giallo-arancione che inclina al rosso-nero nelle scene finali di morte) nel Nepal e nel Bhutan (Oriente). Scritto con Rudy Wurlitzer, esperto di buddismo, e Mark Peploe. Musiche di Ryuichi Sakamoto, scene e costumi di James Acheson, montaggio di Pietro Scalia.
Una regista televisiva s’improvvisa detective quando la polizia si rivela impotente nel proteggerla da un ignoto persecutore. Alto tasso di rischio. 1° film per la TV di J. Carpenter. Pur costretto dalla committenza a mettere la sordina al proprio estro visionario, Carpenter è riuscito a fare un dramma claustrofobico di infallibile suspense e di sapiente uso dello spazio, ispirato a Finestra sul cortile (1954) di Hitchcock e citazioni di M. Powell e S. Leone. Edizione italiana tagliata di alcuni minuti. Passa anche come Procedura ossessiva.
Una figlia del popolo sposa un giovane aristocratico, ma presto lo disgusta con i suoi modi rozzi. Anche la vita della figlia forse sarebbe rovinata da quella madre sboccata e volgare, se questa, comprendendo i problemi della ragazza, volontariamente non si escludesse dalla sua vita, pur di farla felice.
Due agenti della Buoncostume di Los Angeles, piuttosto anticonformisti, sono incaricati di un’indagine su una squillo d’alto bordo e su un night-club dove si spaccia droga. 1° film di Hyams che veniva dal giornalismo televisivo. È un poliziesco svelto, vivace, divertente, ma convenzionale, di livello medio. Fu criticato negli ambienti gay perché mette in caricatura gli omosessuali.
Una prostituta ha ucciso il suo cliente per legittima difesa. I parenti, timorosi dello scandalo, cercano di evitare un processo dimostrando la sua infermità mentale. Ma la donna si ribella. Lei è perfettamente sana di mente (il babbo adottivo magari ha qualche tara…) e ottiene il proseguimento del dibattito.
In America Arcibaldo – interpretato da Carroll O’Connor – è un mito. Egli incarna tutti i difetti dell’uomo medio americano: è ignorante, pieno di pregiudizi razziali e sessuali, odia tutti coloro che disturbano la sua quiete domestica. E i primi a spezzare il silenzio che dovrebbe regnare sovrano sono la devota moglie casalinga Edith (Jean Stapleton), la figlia commessa Gloria (Sally Struthers) e suo marito Mike Stivic (Rob Reiner), un disoccupato polacco perennemente affamato che subisce una condanna terribile: vivere sotto lo stesso tetto del cinquantenne Arcibaldo, caposquadra ai docks della Pendergast Tool and Die Company. Quando torna a casa dal lavoro, Archie pretende che la moglie gli corra incontro e gli chieda “com’è andata oggi”; subito dopo siede nella sua poltrona (sulla quale non vuole si appoggi alcuno) e dice a Edith di portargli una birra. Tra i suoi passatempi preferiti c’è il tiro a segno nei confronti del genero Mike, che ha soprannominato senza affetto “testone”: ciò che Archie non gli perdona non è solo l’appetito; non gli perdona di essere di origini non americane (Arcibaldo è il personaggio più razzista della televisione: odia tutti i “diversi”, handicappati compresi); non gli perdona di essere liberal (quando Archie difende con calore Nixon e Reagan, la sola cosa che non gli va giù di Kissinger sta nel fatto che è tedesco); non gli perdona di essere uno studente (perché ritiene che la cultura sia non solo superflua ma addirittura dannosa, in ogni caso sostituibile da quel “buon senso comune” che non deve rispondere a tanti “perché?”; non gli perdona le effusioni con Gloria (lui che, quando Edith tenta di abbracciarlo, esclama irritato “non di fronte ai ragazzi”); ma forse più di tutto non gli perdona di essere penetrato, attraverso il matrimonio con la figlia, in casa sua, nel suo regno. Girata tutta in una stanza (il soggiorno), con qualche incursione furtiva in cucina o in camera da letto, una delle situation-comedy più popolari degli States trova il suo climax quando Archie entra in relazione con gli altri, che detesta nella loro totalità. In un’animata discussione con il genero, il nostro gli spiega che oltre la soglia di casa c’è “un mondo in cui cane mangia cane e il più cane vince”. I vicini sono i Jefferson, una famiglia di colore composta dal nevrotico George (Sherman Hemsley), dalla dolce Louise (Isabel Sanford), la migliore amica di Edith, e Lionel (Michael Evans), l’amico di Mike e Gloria
Mancano diversi episodi soprattutto nella seconda stagione ma è tutto quello che ho trovato.
Un film di Walter Hill. Con Isabelle Adjani, Bruce Dern, Ryan O’Neal, Ronee Blakley Titolo originale The Driver. Giallo, durata 90 min. – USA 1978. MYMONETRO Driver l’imprendibile valutazione media: 3,31 su 12 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Gioco di inseguimento fra il “Driver”, uno spericolato guidatore che si guadagna da vivere facendo l’autista per le rapine, e l’implacabile nevrotico poliziotto che ha giurato di acciuffarlo. Il detective non esita a organizzare una rapina (ricattando alcuni malviventi) all’unico scopo di far uscire il “Driver” allo scoperto.
Un uomo, costretto all’immobilità da un grave disturbo, è persuaso che la moglie lo tradisca con un ex innamorato. Per vendicarsi spedisce al procuratore distrettuale una lettera nella quale accusa la moglie di volerlo assassinare con la complicità dell’amante.
Dani ignora l’ennesima chiamata di aiuto della sorella bipolare, rassicurata in questo dal fidanzato Christian. Christian vorrebbe rompere con Dani, ma non sa come dirglielo. Quando purtroppo le peggiori paure sulla chiamata si rivelano fondate, è troppo tardi per intervenire. Christian decide quindi di invitare Dani a partecipare al viaggio organizzato dall’amico Pelle in un curioso villaggio svedese, per effettuare studi antropologici e insieme svagarsi nel festival che celebra il solstizio d’estate.
Nella cittadina di Midwich (California) tutte le donne giovani vengono ingravidate da una misteriosa forza extraterrestre e danno alla luce un gruppetto di bambini, biondissimi (quasi albini) come Hitler sognava gli ariani e dotati di sovrumani poteri mentali, adibiti a malefici scopi di dominio e distruzione. 2ª riduzione del romanzo I figli dell’invasione (1957) di John Wyndham: un mediocre film del più hawksiano dei registi statunitensi, ma che qui non ha spessore né echi, nemmeno a livello metaforico. Personaggi evanescenti e, quando entrano in scena i terribili biondini, si scivola nel ridicolo involontario. V.M. 18 anni.
Nel febbraio del 1993 Herzog è in Siberia per indagare la spiritualità del popolo russo. In un film diviso in capitoli, vediamo forme diverse di sciamanesimo, credenze popolari e superstizioni, ascoltiamo le parole di un predicatore dell’energia cosmica, di un guaritore con acque sacre, assistiamo alle cerimonie religiose nelle chiese e alle prediche di un giovane che dice di essere il nuovo Gesù. Infine, un personaggio poetico e senza tempo fa risuonare le “sue” campane come fossero uno strumento. Si racconta anche della leggenda della città di Kither, sistematicamente rasa al suolo dai Tartari e dagli Unni: i suoi abitanti invocarono la protezione di Dio e questi inviò un arcangelo che spostò la città in fondo a un lago, dove la gente ha trovato finalmente la pace, cantando inni e suonando le campane della cattedrale. Il documentario fa parte di una serie di sei film diretti da Godard, Wertmuller, Bogdanovich, Obayashi e Russell.
Scienziato sta effettuando esperimenti su molecole radioattive. Jeffrey elimina la sostanza usata per scongiurare il peggio. Siodmak, scrittore di fantascienza, ha usato una buona parte delle sequenze centrali di Gold, film tedesco del ’34, per creare la suspense, ma l’ispirazione è povera e la riuscita modesta.
Pur di non scendere a compromessi, architetto geniale e anticonformista fa l’operaio finché trova un alleato nel direttore di un quotidiano di New York la cui moglie, giornalista ambiziosa, è innamorata di lui. Quando un suo grande progetto subisce gravi modifiche, fa saltare in aria gli edifici e chiede un pubblico processo per sostenere le sue idee. Sceneggiato da Ayn Rand, che adattò il suo primo filosofeggiante romanzo, e ispirato alla vita dell’architetto Frank Lloyd Wright, è il più bizzarro film nella carriera di Vidor e in quella di Cooper: una magniloquente allegoria, più metafisica che etica, sull’individualismo, un inno all’autonomia dell’artista integro cheè utile alla comunità più che le forze del denaro, degli affari e della politica che la sfruttano e l’asserviscono. Ciascuno dei personaggi principali incarna un valore o un disvalore. Sono astrazioni così com’è astratta e disincarnata la passione che lega i due protagonisti. Prodotto dalla Warner. Titolo francese: Le Rebelle.
Dal romanzo omonimo di Malcom Lowry. L’ex console britannico in Messico (Finney) è preda di manie autodistruttive da quando la moglie (Bisset) lo ha abbandonato. Pesantemente dedito all’alcol, continua a cercare ostinatamente la fine anche quando la moglie ritorna da lui. Film amaro e visionario, costruito sulla recitazione di uno strepitoso Finney. Nonostante qualche inaspettata caduta di tono, resta comunque l’opera di un grande maestro.
I subita della versione 1080p sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
Salvo Montalbano è il commissario di polizia di Vigata, dal carattere burbero ma responsabile e serio sul lavoro, molte volte anche aperto e gentile con persone di cui sa di potersi fidare. Montalbano si trova a dover indagare sui più vari fatti criminali della sua terra, dei quali – grazie al suo grande ingegno e all’aiuto di numerosi collaboratori, anche al di fuori del commissariato – riesce sempre a ricostruire gli esatti avvenimenti e a trovare la soluzione. Fra i colleghi di lavoro ci sono il suo vice Mimì Augello, l’ispettore Giuseppe Fazio, il goffo agente Agatino Catarella e altri agenti del commissariato. Invece tra i suoi collaboratori esterni ci sono l’amica Ingrid Sjostrom, il giornalista Niccolò Zito e più raramente la sua cuoca Adelina. Nella sua sfera privata, Salvo porta avanti una relazione a distanza con Livia Burlando, con la quale ha un rapporto talvolta burrascoso ma nel quale prevale sempre l’amore.
E’ un grazioso film. Protagonista è un sedicente giornalista che riesce un giorno a farsi affidare un’inchiesta seria. Il tema è “il bambino”. Il pennaiolo di complemento interroga due musicisti (Fonda e Stewart), una diva del cinema (Dorothy Lamour), due personaggi non proprio raccomandabili. Ne viene fuori un ottimo reportage. Il neocronista viene assunto.
Nel 1997 l’isola di Manhattan è diventata un ghetto di massima sicurezza per criminali. Ergastolano, pluridecorato reduce di guerra, vi penetra per recuperare il presidente USA, prigioniero di una banda. Anticipazione in chiave di violenza avventurosa, il film si appoggia al suo fascino notturno, alla forza cupa del fantastico sociale che ricorda il Brecht di L’opera da tre soldi . Il contenitore vale più del contenuto. Seguito, un anno prima del 1997, da Fuga da Los Angeles .
Anno 2013. Trasformata in isola da un terremoto del 2000, Los Angeles è diventata un lager per fuorilegge ed emarginati di ogni tipo, mentre un presidente degli USA (a vita), ultraconservatore e bigotto, ha messo al bando alcol, fumo, sesso prima e fuori del matrimonio e il mondo è diviso in due blocchi, il Nord e il Sud, entrambi totalitari. La figlia (Langer) del dittatore bacchettone si rifugia a L.A. con un congegno che può azzerare i sistemi elettrici e telematici del pianeta. Snake (Jena) Plissken (Russell) lo deve recuperare entro poche ore. Doppia sorpresa finale con sberleffo. Scritto con Debra Hill e K. Russell, il film di Carpenter, ala sinistra dell’horror nordamericano, ripete 1997-Fuga da New York, ma in modo più radicale e pessimista. Per i non cultori del trash ipertrofico e violento è un film ripetitivo, rozzo, decorativo, abitato da marionette goffe o melense, una sagra del già visto nelle trovate fantastiche, manieristico nella tetraggine notturna e nell’impianto scenografico.
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