Ennesimo prodotto drammatico-avventuroso basato sul mistero del triangolo “maledetto” delle Bermude (dove inspiegabilmente spariscono natanti e persone). È una pellicola che unisce l’elemento “giallo” allo sfruttamento delle bellezze turistiche del luogo. Di un certo pregio sono le riprese subacquee.
Emigrato bruttone, 50enne e malandato cerca moglie per lettera fingendosi bello. Gli risponde una prostituta che si finge illibata e cerca un espediente per cambiare vita. Zampa imprime alla sua storia un timbro narrativo compatto, limpido e il racconto, se si esclude qualche ridondanza nella 2ª parte, scorre rapido e interessante. Bene Sordi e Cardinale.
Due ballerine partono per Milano in pullman, sono coinvolte in una gara di bicicletta, ne passano di tutti i colori, ma trovano l’amore. Senza pretese ma brioso. Interessante documento di un’epoca che sembra lontanissima.
Seguito di Poveri ma belli. La bella Giovanna s’è trovata un altro fidanzato, Romolo ha messo giudizio ed è diventato un elettrotecnico, Salvatore invece continua a fare il bulletto che vive d’espedienti. Finisce che Romolo sposa la sorella di Salvatore e costui quella dell’amico.
L’azione parte dal 4 febbraio 2009 e si conclude con la morte di Eluana Englaro (5 giorni dopo), ma più che lei riguarda il suo invisibile padre Beppe e la sua scelta di agire nel rispetto della legge – e della Costituzione – che spaccò l’Italia. Ha una struttura complessa che alterna 3 storie: 1) i rapporti tra un senatore (socialista passato a Berlusconi in crisi politico-esistenziale) e la figlia, cattolica integralista; 2) una famosa attrice francese che ha una figlia in coma irreversibile; 3) una tossicodipendente che vuole suicidarsi, impedita in ciò da un giovane medico. E di sfondo il mortificante ritratto di una certa Italia al governo, in coma morale e politico, attraverso una serie di citazioni TV autentiche. Accorto nel suo coraggio civile, Bellocchio mostra più pena che disprezzo, come di chi abbia sciolto la rabbia nell’elogio appassionato della vita, aiutato dall’implacabile montaggio di Francesca Calvelli. Non tutto è riuscito nelle oscillazioni tra cronaca e fantasia, nei passaggi tra passato e presente, nell’assillo di essere sincero ma non ideologico, non dimostrativo. Lo è nel ritmo convulso e creativo della 1ª parte, in alcune invenzioni della 2ª (i politici al bagno turco davanti al telegiornale). La regia, comunque, migliora la sceneggiatura nella direzione degli attori: il sapiente equilibrio tra negativo e positivo in Servillo; l’interpretazione della Sansa è da premio, mentre, aiutato dai dialoghi, Herlitzka è memorabile nel suo laico sarcasmo ironico. Improbabile la Rohrwacher nel trapasso dal fanatismo alla sensualità. Prodotto da Cattleya Rai Cinema. In concorso a Venezia 2012.
Per fare qualcosa di beckettiano non basta volerlo, ispirandosi vagamente a Aspettando Godot (1952) di Samuel Beckett. In una desertica terra di nessuno e fuori dal tempo, due uomini aspettano a una fermata un bus che arriva senza fermarsi. Decidono allora di cercare a piedi quel dio (God-ot), intuito dietro la montagna sotto forma di sonorità musicale. A cosa si affida Manuli per chiudere con un film metafisico una trilogia sul cinema della solitudine? Non alle parole: pochi dialoghi, fondati su un’accanita ripetizione di frasi neutre che dovrebbero far ridere. Non a un apologo: più che una trama, c’è una sequela di incontri con bizzarre figurine. Spinto dalla necessità di esprimersi in libertà per unire “la povertà produttiva alla ricchezza dei contenuti”, ha girato per 13 giorni (fotografia: Tarek Ben Abdallah) con una squadra di 10 persone, in suggestivi paesaggi naturali in Sardegna (Gallura, Cabras, miniera di Montevecchio, dune di Piscinas) e in Umbria (piana di Castelluccio). Senza regole né autocensura. Si vede.
Nella zona 30 di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, ha sede l’associazione Ajer di volontari che aiutano centinaia di ragazzi di strada ( bakroman nel gergo locale) a ritrovare uno scopo nella vita, dignità, un lavoro onesto. Il documentario dei gemelli torinesi De Serio, vincitore della sezione italiana documentari del Filmfestival di Torino 2010, è basato sulle riunioni in cui i ragazzi si raccontano le proprie esperienze, discutendo collegialmente rimedi e soluzioni, e sulle interviste personali, dalle quali emerge una triste realtà di piccoli furti, colla sniffata, fughe da casa, attenzioni di maniaci e pedofili, ragazze-madri cacciate da casa, sogni di lavoro e di un futuro migliore. Pur con qualche affastellamento sbrigativo, regia sobria che non esclude una gentilezza affettuosa. Prodotto e distribuito da La Sarraz Pictures. Fotografia Gianluca De Serio.
Un folle serial killer uccide con la complicità della sorella e la loro unione di sangue è totale, visto che tra i due c’è anche un rapporto d’amore incestuoso. La terribile coppia tortura le vittime, le riprende con una telecamera prima di farle morire, filma le sofferenze e lo scannamento finale. L’uomo dà il colpo di grazia per poi tuffare le mani nelle ferite e cibarsi delle interiora e degli occhi della vittima. L’antefatto che scatena il delirio dei due assassini va ricercato in un trauma infantile, quando la ragazza ha ucciso la mamma e il ragazzo si è liberato del fratellino a colpi di coltello. Bad Brains è un bel film horror come si facevano una volta, un lavoro intenso e claustrofobico, dai toni onirici sempre presenti, ben girato in un interno decadente e angoscioso, fotografato in modo cupo e inquietante, raccontato a colpi di flashback che tengono in ansia lo spettatore.
La misteriosa Baba Yaga s’insinua tra Valentina, fotografa contestatrice, e Arno, regista TV e contestatore tiepido, e regala alla prima una bambola micidiale che si trasforma in donna sensuale. È una strega dedita alla magia nera. Inventato da Guido Crepax nel 1965, Valentina è un personaggio di forte carica erotica con risvolti onirici, ma il film è stato manipolato e mutilato di 20 minuti dai produttori. Sconfessato dal regista.A
La storia di una famiglia siciliana che prende le mosse dal ventennio fascista in cui Cicco, sin da bambino apertamente contestatore, è un pastore che ha la passione per la letteratura epica. Suo figlio Peppino, cresciuto durante la guerra, entrerà nelle file del Partito Comunista divenendone un esponente di spicco sul piano locale e riuscendo a sposare, nonostante la più assoluta opposizione della famiglia di lei, Mannina che diventerà madre dei loro numerosi figli che saranno comunque considerati da alcuni sempre e comunque ‘figli del comunista’.
Walter ed Eve, giovani sposi in crisi, partono per un viaggio-salvezza in California. Durante il ritorno, i due offrono un passaggio ad un autostoppista: questi è un bandito in fuga.
Ritorno di Alberto Sordi dietro alla macchina da presa dopo alcuni anni. La sua interpretazione riesce in alcuni momenti a ritrovare i fasti di un tempo ma la regia lascia sempre a desiderare sul piano del ritmo narrativo. Questa volta si fa della satira sulle beghe televisive dei grossi gruppi italiani. Il successo non è arrivato neanche da parte del pubblico cinematografico. Segno che solo televisivamente il “nostro” Albertone raccoglie buoni esiti.
Un giovane studente senegalese dopo la morte del padre emigra in Italia. Riesce a trovare un lavoro precario a Villa Literno, si trasferisce a Firenze da una cugina che fa l’indossatrice per poi giungere a Torino. Qui, grazie anche a un’insegnante di italiano, trova una situazione stabile. Ma un’aggressione razzista lo spinge a riconsiderare tutto.
Un telegramma dal Sud Africa riunisce e movimenta la vita di cinque fratelli: un vecchio zio è morto e la sua vedova è in arrivo. Tutti, ad eccezione di uno, cercano di evitare la zia che suppongono vecchia. Sorpresa: arriva una giovane in Cadillac accompagnata da un’altra giovane. Anche il testamento dello zio prende in contropiede i fratelli.
Un corteo in cui spiccano 5 donne cammina verso il cimitero di un villaggio tra i monti. Reggono le foto dei loro uomini perduti in guerra. La processione poi si divide in 2 gruppi, musulmani e cristiani. La stessa scena si ripete nel finale – dopo aver visto come gli uomini siano sempre pronti alla rissa tra le opposte fazioni e le donne, al contrario, unite nel voler distogliere a qualunque costo mariti e figli dalla violenza – con la domanda del titolo. 2° LM – dopo Caramel , 2007 – della Labaki che l’ha scritto con Jihad Hojeily, Rodney Al Haddid e Sam Mounier. Parlato in arabo da interpreti non professionisti, girato in 3 paesi, prodotto da Anne Dominique Toussaint, attiva dal 1990. Costumi della sorella della regista, Caroline, musiche del marito, Khaled Mouzanar. Per evitare di farne un’opera politicizzata, non si dice mai che l’azione si svolge in Libano, da molti anni e a più riprese in preda a una guerra civile in prevalenza di carattere religioso. Ricco di scene in cui si canta e si balla, si voleva farne una commedia più che un dramma, progetto riuscito in parte che si rivela come un limite. Premio del pubblico al Festival di Toronto 2011. Distribuisce Eagle.
Dal romanzo di Maria Giacobbi. A Nuoro viene dibattuto un processo. Un quattordicenne viene accusato dell’omicidio di un altro giovanissimo, Giosuè, ucciso per aver visto qualcosa che non doveva vedere. Emerge il quadro di una terra particolare come la Sardegna, dove i rapporti sono difficili e occorre sempre fare i conti con una certa cultura che rende tutto complicato, a cominciare dal legittimo bisogno di giustizia che anima la gente. Gli attori non sono professionisti, parlano la lingua del posto.
Paco è di origine spagnola e fa il panettiere ad Algeri insieme all’amico Said. Paco è sposato con Alice e ha due figli, Antoine e Vincent. Alice ha una sorella minore, Angéle, che lavora con lei alla fabbrica Bastos. Angéle è molto attratta da Said e assume nei suoi confronti atteggiamenti provocanti, che sconcertano Alice. In fabbrica le condizioni di lavoro sono pesanti e vengono commessi molti abusi, anche di carattere sessuale: alcune operaie, fra cui Angéle, ne hanno abbastanza e cominciano uno sciopero. Intanto Alice e Paco sono diventati gestori della panetteria, ma la rabbia e la violenza stanno per esplodere con conseguenze imprevedibili.
Cesàr è un giovane di successo che cambia continuamente amanti: una sera, a una festa, conosce e si innamora follemente di Sofia, ma il destino ha in serbo per lui un tragico scherzo: tornando a casa si imbatte infatti in una sua ex delusa, Nuria, che esce volontariamente di strada con la sua macchina, trovando la morte, e lasciando Cesàr sfigurato per sempre. In ospedale, il protagonista comincia però ad avere strane visioni e la sua vita cambia radicalmente quando Nuria torna a farsi viva, asserendo di essere Sofia. Clamoroso successo di pubblico in patria, film amatissimo da Tom Cruise che girerà il remake meno riuscito Vanilla Sky (durante la cui lavorazione inizierà la liason con la Cruz che porterà alla dissoluzione del suo decennale matrimonio con Nicole Kidman), Apri gli Occhi è l’affascinante e complessa opera seconda del talentuoso Amenabar: difficile da seguire e comprendere, per il continuo alternarsi di piani narrativi differenti e passaggi tra finzione e realtà, il film rappresenta un’affascinante incursione nel mondo del subconscio, dell’amore, della sfera emozionale che ognuno di noi possiede e che spesso fatica a emergere, affossata com’è dalla banalità del quotidiano: qui un evento tutto sommato comune, ma al contempo straordinario, come una storia d’amore si trasforma in efficace volano per riflettere sulle mille maschere che indossiamo ogni giorno e sui dubbi e le incertezze che attanagliano la nostra società. Impeccabile il cast, Noriega e Cruz in testa, e grande fotografia di Hans Burmann: tra forma e filosofia, vince il sentimento.
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