Ip Man, colui che diventerà il maestro di Bruce Lee, vive a Fo Shan, nel sud della Cina dove pratica le arti marziali come personale passione. In seguito alla guerra cino-giapponese che sconvolge le province del nordest del Paese, il Grande Maestro Gong Baosen è costretto a trasferirsi a Fo Shan dove tiene la cerimonia del proprio addio alle arti marziali. Viene raggiunto da Gong Er, figlia a cui ha insegnato una tecnica letale. Ip Man e Gong Er si conoscono in questa occasione. La domanda che percorre il mondo del kung fu è: chi diverrà il successore di Gong Baosen?
Sei storie si svolgono in parallelo anche se ambientate in sei epoche diverse, come se fossero presenti in un’unica dimensione senza tempo. A metà ottocento un avvocato americano si adopera contro la schiavitù, negli anni ’30 un giovane compositore bisessuale viene incastrato da un grandissimo autore presso il quale lavora, a San Francisco negli anni ’70 una giornalista cerca di svelare un complotto per la realizzazione di un reattore nucleare, ai giorni nostri in Inghilterra un anziano editore viene incastrato e internato in una casa di cura da cui cercherà di fuggire, nella Seul del 2144 un clone si unisce ai ribelli e scopre che quelle come lei sono utilizzate come cibo per altri fabbricati e infine nel 2321 in una Terra ridotta all’eta della pietra da una non ben identificata apocalisse un uomo entra in contatto con i pochi membri di una civiltà tecnologicamente avanzata e si ribella alla tribù dominante.
Il prototipo dell’eroe sfortunato che con il sacrificio riguadagna la propria dignità. Lo spadaccino monco a cui dà vita Jimmy Wang Yu è un’icona di riscossa tipica del cinema di Chang Cheh, uno dei due padri del wuxia pian: spregiudicato nello stile eccessivo, impareggiabile nell’epica action.
Ko, per vendicarsi di Pak Chung-tong che nel giorno delle nozze gli ha sterminato la famiglia, decide di rivolgersi al proprio maestro per farsi consegnare la spada “Tuet Yin”. Il saggio maestro rifiuta di cedergliela perché non ritiene opportuno affidarla a un uomo devastato da sentimenti di vendetta.
Purtroppo non ho trovato subita o eng sincronizzati.
Quando un maestro di spada osserva come la sua lama è esclusivamente portatrice di miseria e spargimento di sangue, decide di allontanarsi completamente dalle pressioni del mondo delle arti marziali. La sua fama, però, non permette al grande guerriero di riposare: presto un giovane spadaccino sembra voler sfidare il leggendario combattente. Tuttavia, questa nuova sfida porta l’uomo ad affrontare il partner della sua vecchia fidanzata.
I subita sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni
Cina, IX secolo. Sotto la dinastia Tang il Paese vive e prospera. A minacciare la sua età d’oro si adoperano gli ambiziosi e corrotti governatori della provincia. L'”ordine degli assassini” è incaricato di eliminarli. Nelle sue fila serve e combatte Nie Yinniang, abile con la spada e sotto la chioma nera di inchiostro lucente. Rientrata nella sua città e nella sua provincia, dopo l’apprendistato marziale e un esilio lungo tredici anni, Nie Yinniang deve uccidere Tian Ji’an, governatore dissidente della provincia di Weibo. Cugino e sposo a cui fu promessa e poi negata.
Ou Yang Feng (L. Cheung), già spadaccino e sicario di professione, vive da eremita nel deserto. Gli fa visita una ragazza (C. Young) che vorrebbe vendicare la morte del fratello. Gli richiama alla memoria l’unica donna (M. Cheung) che ha mai amato, ora moglie di suo fratello. Ma anche il suo migliore amico (T. Leung) è innamorato di lei. Nel suo 3° e costoso film, Wong prende in prestito i personaggi di un romanzo di arti marziali di Jin Yong e li situa in mezzo a un deserto per analizzarne ossessioni e manie. “Incredibile apologo filosofico, film di kung-fu senza combattimenti, film in costume senza un tempo di riferimento, paradossale tentativo di ‘prendere sul serio’ le storie di fantasmi e di eroi mitologici cinesi” (G. Manzoli).
A differenza della versione REDUX che dura 93 minuti questa ne dura 98
Il remake di un pilastro della cinematografia di genere di Hong Kong come One-Armed Swordsman, che segnò nel 1967 una nuova partenza per il wuxia imponendosi come pietra miliare della svolta verso un realismo ‘gore’, non poteva che prendere vita per mano di Tsui Hark, pontefice massimo del dramma di cappa e spada nonché vate di una nuova ed affascinante tipologia di kung fu movie. On vive sin dalla morte del padre in una fabbrica di lame, sotto la protezione del mastro fabbro, ma, una volta scoperto che il padre morì per mano di un avventuriero errante di rara malvagità, decide di seguire la strada della vendetta. Nel tentativo di salvare la figlia del proprio tutore da una banda di briganti, On perderà un braccio e sarà costretto a vivere da ‘storpio’, tra discriminazione e continue umiliazioni. In seguito all’ennesimo sopruso, la volontà di vendetta consumerà l’autocommiserazione, spingendolo a sviluppare uno stile marziale che si adatti alla propria menomazione fisica.
Tra l’anziana amah (domestica) Ah Tao e il suo padrone, l’attore cinematografico Roger, si instaura un rapporto che assomiglia a quello tra una madre e il proprio figlio, destinato a intensificarsi durante la degenza in ospedale di Ah Tao. Una lunga carriera come quella di Ann Hui, dedita sin dagli inizi alla denuncia di storture della società e alla raffigurazione di spaccati di quotidianità raramente visti su grande schermo, non poteva che trovare coronamento in un film come A Simple Life, che già nel titolo pare assurgere a summa della poetica della regista. La storia di Ah Tao è quella esemplare della vita di una persona semplice, una donna costretta dagli eventi a trascorrere sin dall’infanzia una vita al servizio degli altri, ma che a questa condizione ha saputo infondere dignità e passione; una donna, a prescindere dallo status, speciale e unica, proprio come il fiocco di neve del vetusto stereotipo. Riecheggia qualcosa di Ozu nella dinamica servo-famiglia, ma la cifra stilistica è inconfondibilmente quella di Ann Hui, che accarezza con la macchina da presa i corpi dei suoi personaggi, ma soprattutto le espressioni, anche le meno percettibili, carpendo sguardi e ammiccamenti furtivi tra due personaggi che spesso non necessitano di parole per comunicare il reciproco affetto. Quello che arriva al pubblico in una sorta di empatia che supera lo schermo e cresce man mano che Roger e Ah Tao capiscono di rappresentare la famiglia nella sua totalità l’uno per l’altro. Proprio quell’Andy Lau che la Hui lanciò nel lontano 1982 di Boat People torna, ormai superstar, nei panni del protagonista di A Simple Life, privandosi di ogni glamour e dimostrando per la prima volta di accettare la sua mezza età e l’inesorabile verdetto del tempo che passa. A fianco di Lau, diversi i cameo di celebrità del cinema di Hong Kong, tra cui un sorprendente Tsui Hark, che – con Andy Lau e Sammo Hung – riforma, in una breve parentesi di cinema nel cinema, la trimurti a cui dobbiamo Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma. Una lezione di compostezza e raffinata gestione dei sentimenti da un’instancabile osservatrice della vita umana.
Un film di John Woo. Con Chow Yun-Fat, Anthony Wong Titolo originale Lashou Shentan. Poliziesco, durata 125 min. – Hong Kong 1992. MYMONETRO Hard Boiled valutazione media: 3,17su 5 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Durante un’azione di polizia in una sala da tè, perde la vita un agente amico di Tequila (Chow Yun-fat). La sete di vendetta di quest’ultimo lo porterà involontariamente a ostacolare i piani dell’agente Alan (Tony Leung), infiltrato nell’organizzazione del sadico trafficante d’armi Johnny (Anthony Wong). The Killer rappresenta il lirismo dello heroic bloodshed, A Better Tomorrow la componente più melò ed essoterica,A Bullet in the Head il lato più politico e nel contempo personale; ma se si cerca la summa del cinema d’azione duro e puro secondo John Woo occorre rivolgersi a Hard Boiled. Nonostante le ingenuità di sceneggiatura e gli eccessi, è evidente sin dalla prima di una lunga serie di coreografie action, la sparatoria nella sala da tè, che Hard Boiled rappresenti una sfida lanciata da Woo a se stesso, per verificare fin dove è possibile alzare l’asticella dell’action movie, aggiornando la lezione di Siegel e Peckinpah alle esigenze, in termini di sangue ed energia cinetica, di fine millennio. La balistica dei proiettili e le evoluzioni aeree dei contendenti sono esaltate da coreografie impensabili (la morgue o una sala da tè usati come corpi cinematografici funzionali allo shoot-out, immobili in un contesto in cui uomini e macchina da presa sono acrobati in perenne movimento), che portano alle estreme conseguenze l’invincibilità di eroi e malvagi e la sostanziale inesauribilità dei proiettili. Se i villain sono autentiche caricature, con Philip Kwok nei panni del killer spietato e infallibile e l’eclettico Anthony Wong in quelli del boss psicopatico Johnny, è il lavoro sugli eroi a esaltare la concezione del mondo e dei rapporti umani secondo John Woo. Tequila è uno dei personaggi più emblematici di Chow Yun-fat, nel contempo umile sergente che preferisce l’arte (il clarinetto) e il disimpegno (nelle relazioni) alla carriera, ma che è immediatamente disposto a sacrificare la vita per assicurare i criminali alla giustizia o per vendicare un amico; impagabili i siparietti con un barista ex-poliziotto interpretato da Woo stesso e che – ovviamente – incarna alla perfezione gli ideali del regista. Ma ancor più suggestivo di Tequila è il personaggio di Tony Leung Chiu-wai, il cui approccio minimalista contrasta con la recitazione sopra le righe di Chow e Wong; è dal contrasto stridente tra gli stili recitativi che viene evidenziata la peculiarità di una psiche complessa (o comunque più complessa della media Woo) come quella di Alan, scissa tra personalità multiple e contrastanti: oggi killer implacabile delle triadi e domani poliziotto pronto a tutto pur di mettere fine al racket di Johnny. Un anticipo del tema sull’identità su cui Alan Mak costruirà la trilogia intera di Infernal Affairs. Metafore come il richiamo a Shakespeare – quintessenza del dubbio – sono semplici e dirette, ma è il linguaggio che Woo meglio conosce per esporre la propria etica. Quando ricorre alle parole, naturalmente; per il resto c’è pur sempre il piombo.
Regia di Wang Bing, Titolo originale: Feng Ai, Hong Kong, Francia, Giappone, , Genere: Documentario, durata 220′
50 uomini vivono per 12 mesi all’interno di un manicomio isolato, passando le loro giornate in un unico piano e avendo pochi contatti con l’equipe medica. Ognuno degli internati si trova lì non per problemi di salute mentale ma per aver ucciso qualcuno o commesso qualche reato contro i funzionari pubblici.
People’s Hero is a 1987 Hong Kong thriller film written and directed by Derek Yee and starring Ti Lung. The film was nominated for three Hong Kong Film Awards, where Tony Leung Chiu-wai and Elaine Jin won the Best Supporting Actor and Best Supporting Actress awards respectively, while Ronald Wong was nominated in the former category as well.
Two dangerously incompetent youths Sai and Boney attempt to rob a bank at closing time.Unknown to them experienced criminal Sunny Koo (Ti Lung) also has plans of his own as he attempts one last heist before he flees to the Philippines.
Gu-nam fa il tassista a Yanji ed è un Joseonjok, ossia un sino-coreano che parla entrambe le lingue, sostanzialmente visto come uno straniero dai primi e come uno schiavo dai secondi. Gu-nam deve infatti ripagare un debito enorme, contratto in seguito all’acquisto di un visto da parte della moglie, tornata in Corea. Approfittando della sua disperazione, il sordido Myun Jung-hak gli propone un modo per riappropriarsi della sua libertà: tornare in Corea per uccidere un uomo. Per Gu-nam si presenta l’occasione duplice di affrancarsi e di ritrovare la moglie.
Attingendo all’ultima pellicola di Bruce Lee, rimasta inaccessibile per 28 anni, John Little crea una straordinaria panoramica sulla sua vita, in parte documentario (contenente scene inedite girate dallo stesso Lee) e in parte esperienza cinematografica (grazie alle scene tratte dall’inedito).
Billy Lo, esperto di arti marziali, è un’affermata action-star di Hong Kong all’apice della carriera. Quando il giovane attore rifiuterà l’offerta di una potente organizzazione che vorrebbe ‘curare i suoi interessi’, la sua vita diventerà un inferno: dopo inutili minacce e intimidazioni, sarà vittima di un grave attentato. Inscenerà così la propria morte per potersi poi vendicare, ed in un sanguinoso finale scalerà la ‘torre’ dell’organizzazione affrontando nemici sempre più pericolosi. A cinque anni da I Tre dell’Operazione Drago, nonchè dalla morte di Bruce Lee, la Golden Harvest decide di montare un’impalcatura improbabile sopra venti minuti scarsi di materiale inedito girato da Lee anni prima. Peccato che per arrivare a vedere gli epici combattimenti contro Danny Inosanto e Kareem Abdul-Jabbar, ideale trasposizione filosofico-marziale della dottrina dell’adattamento tanto predicata da Bruce Lee, ci si debba sorbire più di un’ora di pena assoluta. Le scene aggiunte sono infatti improponibili sotto ogni punto di vista. I due ‘imitatori’ ingaggiati per sostituire il vero protagonista danno all’intera pellicola il tono di una mascherata, portando costantemente giganteschi occhiali scuri e tentando goffamente di riproporre le singolari movenze di Lee, con esito ridicolo. Tutti i primi piani sono saccheggiati da precedenti film e, come se non bastasse, per il funerale sono state usate alcune immagini del vero funerale di Bruce Lee, feretro compreso, in un orripilante quanto ‘calcolato’ tentativo di omaggio. Sforzandosi di ignorare simili bassezze, rimane un agglomerato di sequenze buone solo per fare metraggio. Oggi i gloriosi combattimenti del finale si possono reperire sul documentario Bruce Lee – La Leggenda (2000), quindi nessuna pietà per questo scempio.
Un film di Chen Kaige. Con Leslie Cheung, Zhang Fengyi, Gong Li Titolo originale Bawang bieji. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 170 min. – Cina, Hong Kong, Taiwan 1993. MYMONETRO Addio mia concubina valutazione media: 3,38 su 11 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Il titolo è preso da un’opera cinese dei primi del Novecento, scritta da Mei Lanfang. Il regista cinese Chen Kaige vive a New York, trapiantato da vero intellettuale. E il film, un affresco politico nascosto sotto la patina del melodramma, media la cultura cinese con lo stile registico occidentale. Non è certo una pecca, specialmente se il risultato, come in questo caso, è lusinghiero. Due bambini diventano amici mentre apprendono la durissima arte dell’attore. Infatti in Cina per calcare il palcoscenico si deve sottostare a regole durissime. Una volta scelti come attori per una famosa opera con protagonisti un re e la sua concubina le loro vite cambiano. L’attore che interpreta il personaggio femminile si immedesima a tal punto da diventare geloso e pericoloso quando l’amico si innamora di una prostituta. Tra intrecci politici e sentimentali si giunge alla tragedia. Bravi tutti gli interpreti principali, soprattutto Leslie Cheung e Gong Li, e una lode al direttore della fotografia, Gu Changwei.
Hong Kong, 1962. I coniugi Chow e i coniugi Chan si trasferiscono lo stesso giorno in due appartamenti contigui. Sono il signor Chow e la signora Chan a rientrare più di frequente a casa ed è così che nel giro di breve tempo scoprono che i rispettivi consorti sono amanti. La volontà di comprendere le ragioni del tradimento subito li porterà a frequentarsi sempre più spesso e a condividere le sensazioni provate.
Il boss Anjo viene ammazzato da un misterioso killer in maniera estremamente truculenta, ma nessuna traccia viene lasciata. Per ritrovare Anjo, convinto che sia ancora vivo, il folle e sadico Kakihara, suo vice, accetta il consiglio dell’enigmatico informatore Jijii e per questo rapisce e tortura Suzuki, capo di un banda rivale, che si dimostra però estraneo all’accaduto. Per punizione Kakihara e il suo clan vengono estradati dal sindacato della yakuza di Shinjuku. La caccia non finisce.
Sto rippando la versione 720p h264 rus/jap subeng da 7gb in una h265 jap subita/eng, entro un’oretta dovrebbe essere pronta
Uno dei migliori lavori di John Woo con citazioni da La magnifica illusione e Duello al sole. Il killer del titolo durante una sparatoria acceca per sbaglio una ragazza. Decide di rimediare all’errore proteggendola, all’insaputa di lei.
Fenyang, provincia di Shanxi, 1979-1989: una compagnia teatrale itinerante segue l’evoluzione politica della Cina, dalla rivoluzione culturale agli albori della globalizzazione, e passa dai musical didattici maoisti alla breakdance. Intanto, Mingliang corteggia Ruijuan malgrado l’opposizione del padre di lei, mentre Chang Jun e Zhong Pin vanno a vivere insieme pur non essendo sposati.
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