Eiko è orfana di madre, il padre si disinteressa a lei e per sopravvivere non le resta che intraprendere il mestiere di geisha, già esercitato in passato dalla madre. Miyoharu l’aiuterà in una iniziazione che metterà crudamente a nudo una condizione umana dolorosa: quella della donna in una società di uomini tesi solo al guadagno e allo sfruttamento del suo corpo.
Cresciuto sotto l’influenza costante del cinema di Shûji Terayama, Yoshihiko Matsui ha fatto ben poco rispetto alle sue potenzialità, praticamente quattro pellicole girate nell’arco di oltre trent’anni. La più celebre di queste è “Noisy Requiem”, un incredibile (oltre che estenuante) viaggio di due ore e mezza nei bassifondi di Osaka, città portuale tra le più importanti del Giappone. Matsui ci racconta la quotidianità degli ultimi emarginati di una società allo sbando, un requiem assordante che scivola via nel più fragoroso e accecante dei silenzi. Fin dalle prime immagini, si capisce che c’è qualcosa di malsano che agita questi personaggi: nella scena iniziale, un uomo estrae un martello dai pantaloni e comincia a colpire i piccioni a cui stava dando da mangiare. Ma non finisce qui, perché il regista giapponese segue con tutte le attenzioni del caso la giornata di altri individui alla deriva, tra nani, mutilati, vagabondi e un serial killer innamorato di un manichino (a cui cerca di dar vita donando gli organi che estrae da alcune donne che ammazza!). Il campionario di perversioni a cui assistiamo è davvero enorme e si manifesta attraverso la spasmodica ricerca di amore, di sesso o di un semplice contatto umano. Solitudine e disperazione all’ennesima potenza.
Il protagonista è l’uomo di fiducia di una cosca mafiosa. Dopo anni di fedeltà alla “famiglia”, però, sembra che lo vogliano defenestrare. Lui se ne accorge quando lo tagliano fuori da un grosso affare. Difatti, poco dopo, gli mandano il killer.
Al suo secondo teleromanzo ispirato a Stevenson, Majano fa decisamente meglio (i progressi tecnici gli consentono guizzi impossibili al tempo della sua Isola del tesoro del 1958). La storia famosa è quella del giovane Shelton che si trova a prendere partito nella guerra delle Due Rose fra York e Lancaster. Ottimi i due «vilain» di Arnoldo Foà e di Adalberto Merli (allora pressoché sconosciuto), che raffigura un malefico duca di Gloucester, il futuro Riccardo III.
Heidi (アルプスの少女ハイジArupusu no shōjo Haiji?, lett. “Heidi, la ragazza delle Alpi”), basato sull’omonimo romanzo per ragazzi scritto nel 1880 dall’autrice svizzeraJohanna Spyri, è una serie animata co-prodotta nel 1974 dallo studio di animazione giapponese Zuiyo Eizo (da cui più tardi nacque la Nippon Animation) e dalla tedesca Taurus Film, diretta da Isao Takahata e disegnata da Hayao Miyazaki.La serie di Heidi è considerata precorritrice del filone del World Masterpiece Theater, che inizierà nel successivo anno 1975, poiché ne presenta già le tre caratteristiche fondamentali: essere tratta da un libro occidentale, raccontare la vita quotidiana, e essere prodotta dalla Nippon Animation.
Sulle Alpi svizzere negli anni trenta del XIX secolo, Heidi è rimasta orfana in tenera età e sua zia Dete si è presa cura di lei fino all’età di 5 anni fino a quando trova lavoro a Francoforte non potendosi più occupare della bambina: è quindi costretta ad affidarla all’unico suo parente ancora in vita, il nonno da tutti conosciuto come “il vecchio dell’Alpe”, uomo burbero e misantropo che vive in una casetta di montagna isolato da tutti, nei pressi del paese collinare di Dorfli, presso Maienfeld. Dalla presenza nelle strade del paese della bandiera del distretto svizzero del Rheintal, nello stato cantonale di San Gallo, si presume che il paese del nonno di Heidi si trovi proprio in quel cantone della Confederazione Elvetica.Il vecchio, soldato pensionato, prende in casa la bambina di malavoglia, ma la simpatia e l’innocenza di Heidi hanno subito la meglio della sua ruvida scorza di montanaro.
Michio (Eiji Funakoshi) è uno scultore cieco ossessionato dalla figura femminile. Nei panni di un massaggiatore e aiutato dalla madre (Noriko Sengoku), trova il modo di rapire Aki una bellissima modella (interpretata da Mako Midori) e la porta in un magazzino fuori città, nonché suo laboratorio da scultore.Lo scopo di questo sequestro, all’inizio, non ha alcuna rilevanza sessuale: Michio ha solo bisogno del magnifico corpo di Aki per sperimentare una nuova frontiera dell’arte: quella del tatto.All’inizio rifiuta di prestarsi alle richieste del suo rapitore ma poi cambia tattica fingendosi accondiscendente con l’obiettivo di svegliare in lui le vere pulsioni erotiche e sentimentali, sperando di fargli abbassare la guardia per riuscire a fuggire.Dopo la morte, quasi accidentale, della madre di Michio, i sentimenti di Aki cambiano e piano piano inizia ad innamorarsi del suo “ingenuo” rapitore. Ma questa metamorfosi interiore va ben oltre alla pura e semplice “Sindrome di Stoccolma”.
Alec Guinness in quegli anni interpretò spesso personaggi che avevano nome Holland: si trattava sempre di ometti dall’aspetto comune coinvolti in avventure paradossali. Qui Mr. Holland è un chimico che inventa una fibra indistruttibile e refrattaria ad ogni tipo di sporco con la quale si confeziona un vestito bianco. La scoperta mette in agitazione sia gli industriali tessili che i sindacati
Nella notte di San Silvestro Gioia Fabbricotti (Magnani), che fa la comparsa a Cinecittà dove è chiamata Tortorella, incontra casualmente il vecchio amico Umberto Pennazzuto (Totò) detto Infortunio, ridotto a far da palo al ladro Lello (Gazzara). Per un equivoco Tortorella crede che Lello voglia corteggiarla e finisce in prigione al suo posto. Tratta da due racconti ( Le risate di Gioia , Ladri in chiesa ) di Alberto Moravia, sceneggiata da Suso Cecchi D’Amico, Age & Scarpelli, è una notturna commedia buffa dai risvolti tristi che contano e pesano più della facciata, appoggiata a due malinconici personaggi di vinti dalla vita cui si aggiunge Lello, diseredato come loro, ma più lucido e ribelle. M. Monicelli dosa con sapienza, comicità e amarezza, crepuscolarismo e satira di costume, affidandosi al godibilissimo duetto di una Magnani bionda e bravissima e di un Totò in grande forma. Gazzara, americano di origine siciliana, s’inserisce agevolmente tra i due.
Maddalena Ciarrapico, operaia napoletana in un salumificio, sbarca a New York per raggiungere il fidanzato Michele, proprietario di un ristorante. Non le permettono di uscire dall’aeroporto perché ha con sé una mortadella: dopo l’epidemia di febbre suina del 1967, una legge USA proibisce l’importazione di insaccati. I doganieri risolvono il caso mangiandola. Delusa da Michele, in Italia di sinistra, qui preoccupato solo di guadagnare, si affida a un giornalista locale, autore di uno scoop sul suo caso. La delude anche lui. Rimane sola nella metropoli. Scritta da S. Cecchi D’Amico, Monicelli, R. Lardner Jr., è una commedia con pretese di critica sociologica sugli USA visti dagli italiani. Un po’ stracca, ricca di stereotipi, in funzione di una star calante.
Campagna polacca, periodo prebellico. Un gruppo di personaggi bizzarri, contadini e minatori che vivono in un piccolo villaggio, ricevono tre indizi dalla loro guida spirituale, in punto di morte, per intuire come si svolgerà la fine del mondo: una grande guerra, una piaga rossa e un fungo enorme. Una commedia surreale che affronta in maniera ironica e metaforica i grandi avvenimenti del Novecento: la grande guerra, il comunismo, la guerra fredda e lo scoppio della bomba atomica.
Adam è sopravvissuto ad un incidente stradale in cui sono morti la sua compagna, Basia, e il suo migliore amico, Kamil. Da quel momento Adam, poeta e promettente professore universitario di letteratura, abbandona l’insegnamento e trova lavoro e rifugio in un centro commerciale. Ciò che gli dà tregua dal dolore che lo tormenta è la lettura della Divina Commedia e il dormire. Nel sonno può visitare un mondo parallelo in cui incontrare persone care e fantasmi frutto della sua immaginazione. Alla sua sofferenza privata si aggiunge quella della Polonia, sconvolta da catastrofi naturali e politiche nel corso del 2010. Adam, come Dante con Beatrice, continua ad avere dinanzi a sé una meta: ritrovare l’amata Basia. Dopo Il giardino delle delizie (2004), ispirato all’omonimo quadro di Bosch, e I colori della passione (2011), viaggio all’interno del dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio “La salita al calvario”, Lech Majewski conclude la sua trilogia sull’arte affrontando “La Divina Commedia”. Scevro da qualsiasi intento illustrativo l’artista polacco rilegge il testo dantesco come percorso di ricerca interiore che parte dalla ‘selva oscura’ del dolore e del dubbio nei confronti di un Dio che non può essere al contempo onnipotente e misericordioso per giungere a un lavacro purificatore finale.
Un film di Leo McCarey. Con Victor Moore, Beulah Bondi Titolo originale Make Way for Tomorrow. Drammatico, b/n durata 92 min. – USA 1937. MYMONETRO Cupo tramonto valutazione media: 3,46 su 7 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Un uomo e una donna sono stati sposati tutta una vita felicemente. La povertà li costringe ad accettare la carità dei loro figli. Lui va nel West da una figlia, lei a New York da un figlio. La cosa non funziona (nonostante la buona volontà dei vecchi) e viene decisa un’ultima destinazione. Prima di separarsi di nuovo (lei andrà in un ospizio e lui presso un altro figlio) i due sposi si salutano in un luogo che li vide felici in gioventù.
Sceneggiatore di Los Angeles infelice si aggira tra splendidi paesaggi degli USA e festini hollywoodiani – già stravisti – in case meravigliose (alla faccia della miseria), dove regnano le solite droghe, il solito alcol a fiumi, il solito sesso commerciale, le solite feste in piscina che finiscono con tutti in acqua vestiti. Estetizzante, compiaciuto, narcisistico e greve per eccesso di simbolismi con l’aggravante di: voce (che cambia) fuori campo – roca e sospirante -raccontando una fiaba/metafora o con commenti sui massimi sistemi; divisione in capitoletti con relativi titoli (dalle carte dei Tarocchi); dialoghi vacui o insostenibili; altre scene di congressi carnali mortiferi; corsette e rincorse in spiaggia in cui nessuno bada ai costosi vestiti e alle costose scarpe bagnati dall’acqua del mare. Ci sono anche un fratello e un padre (che litigano continuamente), qualche ex ancora amata e sofferente, scene oniriche. Non se ne può più di tutto ciò e non se ne può più di una vicenda in cui tutti devono per forza essere “strani” e nessuno si diverte. E non se ne può più nemmeno del tenebroso Bale.
Kit (Sheen), giovane spazzino, e Holly (Spacek), majorette quindicenne, vagabondano per l’America diretti in Canada, lasciandosi dietro una scia di sangue. La polizia li bracca. La storia è simile a tante altre, ma si avverte una sincerità insolita, una tenerezza singolare verso i 2 protagonisti sballati e deliranti. T. Malick, appartenente a una famiglia texana di industriali petroliferi, è alla sua opera prima ma che ricchezza interiore, che respiro potente.
Un Serie TV di Silvio Maestranzi. Con Sergio Fantoni, Paola Pitagora, Lilla Brignone Formato Serie TV, Giallo, , numero episodi: 3. – Italia 1976. Accusato di aver sottratto danaro dalla banca presso la quale lavora, un uomo (che effettivamente ha rubato per procurarsi la somma necessaria a curare la moglie gravemente malata) si uccide al termine di un drammatico interrogatorio condotto con l’ausilio della macchina della verità inventata dal dottor Thomas Norton. Il tragico gesto riaccende nell’opinione pubblica il dibattito sulla liceità dei metodi impiegati dalla polizia e getta nel dubbio lo scienziato che si sente indirettamente responsabile dell’accaduto. Ma a turbare ulteriormente il lavoro di Norton è l’inspiegabile omicidio della signora Sills, sua vicina di casa, che qualcuno ha sorpreso proprio nel suo laboratorio mentre egli era assente. Il delitto è avvenuto dopo che Norton ha scoperto casualmente che una pianta ornamentale donatagli dalla donna reagisce agli stimoli della macchina della verità fino a far registrare inequivocabili indizi di una sensibile attivita emotiva… Sarà proprio questa misteriosa “traccia verde” a smascherare l’assassino e a svelare le sue vere intenzioni. La traccia verde è un “giallo” piuttosto farraginoso e appesantito da troppi personaggi, che tentenna tra mystery e fantascienza nel tentativo di incuriosire e riuscir gradito al maggior numero di telespettatori. Lo spunto ricorda vagamente il romanzo di Gilda Musa “Giungla domestica” anche se l’argomento si ispira in maniera esplicita agli studi di Cleve Backster, che fu tra i primi sostenitori della realtà oggettiva, scientificamente sperimentabile, della percezione extra-sensoriale del mondo vegetale.
Nella foresta pluviale del Perù viene alla luce un antico manoscritto noto come la Profezia di Celestino. Queste pergamene, che contengono nove importanti chiavi della conoscenza, profetizzano un nuovo risveglio che ridefinirà la vita degli uomini e porterà sulla terra una cultura fondata sulla spiritualità. Basata sul bestseller di James Redfield, quest’avventura spirituale è portata sul grande schermo grazie a un cast dinamico e internazionale.
Nel gennaio del 1995 un terremoto di 7.2 gradi della scala Richter colpì i dintorni dell’isola di Awajima. Yukari, volontaria della protezione civile, arriva nella città di Kobe per aiutare gli sfollati. La dottoressa Nomura, una psicologa, le offre ospitalità nel suo studio per la notte. Qui Yukari vede i disegni del test di Baum fatti da Chihiro, un’adolescente affetta da problemi di personalità multipla. Yukari si sente in dovere di aiutarla indagando sulla dottoressa Takano, che assieme al dottor Manabe stava conducendo esperimenti sulla separazione della mente dal corpo.
Mefistofele tenta il vecchio mago Faust prima con la possibilità per un giorno di compiere miracoli, poi con i piaceri della giovinezza. Faust seduce Margherita che, quando il suo bambino muore, è condannata al rogo per infanticidio. Maledetta la giovinezza e ritrasformato in vecchio, Faust sale sul rogo. Nell’epilogo in cielo l’arcangelo Gabriele annuncia che l’amore ha reso nullo il patto e ha salvato l’anima di Faust. Prodotto dall’UFA con grandi mezzi, le scenografie di Robert Herlth e Walter Röhrig e i testi di Gerhart Hauptmann (che poi Murnau non utilizzò), il film è – anche grazie alla fotografia di Carl Hoffman, l’operatore di I Nibelunghi – un grande risultato plastico anche se il suo coté medievale non è da prendere molto sul serio. L’interprete di Valentino è il futuro regista William Dieterle. “La segreta autenticità del Faust va cercata a livello figurativo, là dove Murnau rilancia – e trascende – le tensioni retoriche di Lang” (F. Savio). VEDI FAUST – Scheda monografica
Nella traccia audio ci sono diverse colonne sonore da abbinare al video.
Johnny torna dalla guerra insieme a due commilitoni e amici per la pelle. Arrivano a Los Angeles e predono alloggio in un albergo. Poi Johnny, senza grande entusiasmo, va a cercare la moglie in un residence. La vede mentre bacia un altro. I due litigano, lei gli rivela che il loro figlioletto era morto non di malattia ma a causa della sua ubriachezza, Johnny ha l’impulso di ucciderla, ma non lo fa e se ne va. La donna viene trovata morta. Johnny è il primo sospettato, fugge. Incontra una biondina misteriosa, moglie, guarda caso, dell’amante di sua moglie. Il tutto è complicato dal grande amico di Johnny, che ha delle crisi di amnesia. Alla fine Johnny arriva alla verità. È stato il detective del residence a uccidere. Anche il marito della biondina è morto. Forse c’è un futuro fra lei e Johnny. Uno dei classici del famoso genere noir. Film di ottima atmosfera grazie anche all’intervento di Raymond Chandler, il grande giallista padre del detective Marlowe. Ma soprattutto grazie alla bravura di Alan Ladd, un attore le cui attitudini non sono mai state riconosciute. La sceneggiatura di Chandler dava alla storia svolte imprevedibili e al dialogo un colore particolare. Funzionale era anche la presenza di Veronica Lake, triste e misteriosa come il suo partner. Da ricordare infine la prova di William Bendix, presente in molti noir dell’epoca, un grande caratterista. La dalia azzurra, girato senza grande profusione di mezzi, vive di pura storia e di interpretazioni, un piccolo capolavoro costruito con grande intelligenza e piccolo budget.
La vita di Molière, prima avvocato, poi capocomico, autore di commedie immortali, i molti amori e infine la morte durante una replica de Il malato immaginario.
Ho aggiunto io i subita ma è stato piuttosto complicato perchè erano fuori sincro. Fatemi sapere se tutto ok. I subita sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
Le richieste di reupload di film,serie tv, fumetti devono essere fatte SOLO ED ESCLUSIVAMENTE via email (ipersphera@gmail.com), le richieste fatte nei commenti verrano cestinate.