Due butteri maremmani (in fuga dopo una maledetta rapina) vagabondano per la Toscana (siamo negli anni del Risorgimento) facendo strani incontri. Notevole esordio del giovane Lucchetti che realizza un “conte philosophique” alla Voltaire (cioè un discorso serio sotto vesti di favola) ambientato in un’Italia mai esplorata dal cinema.
Italiani brava gente. È il succo del film di Luchetti, scritto con Petraglia-Rulli. Fa perno su Claudio, muratore della periferia romana. Il suo mondo è la famiglia con l’adorata moglie, due figlioletti, la sorella, le domeniche sul litorale vicino a Roma dove vive il fratello. Quelli che lavorano sotto di lui vengono da paesi lontani, clandestini pronti a tutto per un salario. Uno di loro, rumeno, ubriaco, cade dall’impalcatura e muore. Il capo cantiere lo seppellisce all’insaputa di tutti, ma non di Claudio che sta zitto. La moglie muore partorendo il terzo figlio. Claudio non sa accettare la perdita se non riscattandola col denaro, bene supremo. Si mette in proprio ma è impreparato, gli vanno male il ricatto al suo ex capo, lo sfruttamento di clandestini, l’uso di materiali scadenti. Nel film ci sono solo personaggi che non sospettano l’esistenza di un codice morale o giuridico. Luchetti & Co. descrivono bene la loro buona coscienza. Poi risolvono la storia con un finale consolatorio (o cinico?). Tutto si accomoda, si può ricominciare. Conta solo la solidarietà della famiglia e degli amici. Tutti recitano bene, dall’irriconoscibile Zingaretti con capelli lunghi e sedia a rotelle agli stranieri. Anche Bova, in una parte insolita. E più di tutti l’eclettico Germano, premiato a Cannes ex aequo con Javier Bardem. Luce naturale nella fotografia di Claudio Collepiccolo. Guidato dal regista, il montaggio di Mirco Garrone lascia respirare storia e personaggi.
La sbrigliata quattordicenne Megghy convince zia Stefania ad accompagnarla in vacanza sull’isola greca di Ios (o Nio, Cicladi) dove ha deciso di perdere a tutti i costi la verginità. Sull’isola la squinzia punta sul maturo Andrea, ignorando che è il recente ex di Stefania. 5 anni dopo I piccoli maestri , Luchetti torna al grande schermo con una commedia degli equivoci dove lo scavo psicologico dei personaggi e una certa malinconia di fondo dovrebbero sopperire all’impianto minimalista della storia. L’operazione gli riesce soltanto nel personaggio della zia, affidato a S. Montorsi, sua compagna nella vita e cosceneggiatrice con Ivan Cotroneo e il regista stesso. Sul resto è meglio tacere.
Esperta di enigmistica, divoratrice di notizie, curiosa della vita, la cameriera Gloria (M. Buy) incontra Eolo (P. Hendel), antennista un po’ gaglioffo che fa durare le donne come gli spazzolini da denti, e se ne innamora disposta a tutto, anche a morire per lui. Finale a sorpresa. M. Buy è la forza, ma anche il limite di una commedia incline alla carineria. Nel suo irrealismo favolistico, è un film d’evasione che perde più di un colpo nella seconda parte. Alla luminosa fotografia di Tonino Nardi s’accompagna una vivace colonna musicale.