Tre reduci dalla prima guerra mondiale non riescono a inserirsi nella vita pacifica e sfruttano le possibilità del proibizionismo. Il primo si dà al contrabbando, il secondo diventa un boss della mala, il terzo avvocato. Scritto da Jerry Wald, Richard Macaulay e Robert Rossen da un racconto di Mark Hellinger, è l’ultimo grande film gangster dell’epoca d’oro di Hollywood. Riprese iniziate da Anatole Litvak. Molte qualità: perentorietà del racconto, immediatezza dell’azione, secca definizione dei personaggi. Inedito in Italia dove fu importato da RAI2 negli anni ’70.
Dal romanzo Aimez-vous Brahms? (1959) di Françoise Sagan, sceneggiato dal commediografo Samuel Taylor. Stanca di un amante infedele (Montand), un’arredatrice parigina quarantenne (Bergman) ha una romantica love story con un giovane e ricco americano (Perkins), ma quando l’amante ricompare, lo lascia. Prolissa commedia sentimentale in cui un bieco patetismo hollywoodiano surroga quel che doveva essere la malinconia di fondo. Sull’orlo del ridicolo i tre protagonisti tra cui il peggiore è Montand. All’attivo soltanto il bianconero di A. Thirard e alcuni caratteristi. Premiato a Cannes.
Tre reduci dalla prima guerra mondiale non riescono a inserirsi nella vita pacifica e sfruttano le possibilità del proibizionismo. Il primo si dà al contrabbando, il secondo diventa un boss della mala, il terzo avvocato. Scritto da Jerry Wald, Richard Macaulay e Robert Rossen da un racconto di Mark Hellinger, è l’ultimo grande film gangster dell’epoca d’oro di Hollywood. Riprese iniziate da Anatole Litvak. Molte qualità: perentorietà del racconto, immediatezza dell’azione, secca definizione dei personaggi. Inedito in Italia dove fu importato da RAI2 negli anni ’70.
Autore di un libro sulle reazioni psichiche dei criminali si trasforma in ladro e si unisce a una banda. Il capo vuole costringerlo a derubare i suoi amici più ricchi. Sceneggiato da John Wexley e John Huston sulla base di una pièce (1936) di B. Lyndon, è un dramma criminale che H. Bogart, per la sua fosca prestazione, disprezzava: è invece un film avvincente e ben costruito. E.G. Robinson non regge il confronto con Cedric Hardwicke che interpretò lo stesso ruolo a teatro.
Un film di Anatole Litvak. Con Barbara Stanwyck, Burt Lancaster Titolo originale Sorry, Wrong Number. Giallo, Ratings: Kids+13, b/n durata 89 min. – USA 1948. MYMONETRO Il terrore corre sul filo valutazione media: 3,67 su 9 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Leona Cotterell, figlia di un industriale farmaceutico, soffre di una malattia psicosomatica che la costringe a letto. Sola nella sua grande casa, cerca di telefonare al marito Henry Stevenson, l’uomo che per capriccio ha strappato a un’amica, trasformandolo da umile commesso in vicepresidente dell’industria Cotterell. Ma, per un errore del centralino, ascolta invece una conversazione tra due individui che progettano un delitto per quella sera alle undici e un quarto. Ignorata dalla polizia, senza nessuno a cui rivolgersi in città, Leona tenta di ricostruire i movimenti del marito attraverso una serie di chiamate. Scopre che l’ex fidanzata di Henry, ora sposata a un poliziotto, ha cercato di avvertirlo che sono in corso indagini su di lui, su un certo Evans e su una misteriosa vecchia casa sulla spiaggia. Mentre Leona capisce di essere la vittima designata del delitto, una telefonata del signor Evans chiarisce ogni dubbio: tentando di fare soldi per liberarsi del giogo econimico della moglie, Henry si è messo nei guai con un’organizzazione criminale. Per uscirne, ha stipulato un patto che prevede la morte di Leona. Ma nel frattempo sono arrivate le undici e un quarto… Incastro di flashback uniti dall’ossessiva presenza del telefono, il film copre quasi puntualmente l’arco di novanta minuti in cui si svolge la trama. Nella sceneggiatura, l’autrice Lucille Fletcher sfrutta appieno la possibilità di abbinare immagini al proprio testo radiofonico: prendono vita non solo le sequenze retrospettive, ma anche gli ambienti che fanno da sfondo al disperato scambio di chiamate. La storia, venata di amara ironia, racconta di come una serie di messaggi vengano trascurati o fraintesi. L’impossibilità di comunicare resta il motore di un meccanismo che produce angoscia. Anche se fin dalle prime inquadrature la protagonista appare insopportabile (Barbara Stanwick è perfetta in parti di questo genere), alla fine lo spettatore non può fare a meno di identificarsi con lei, trascinato da un crescendo di suspense abilmente orchestrato.
Una povera ragazza russa che ha perso la memoria viene fatta passare per Anastasia, figlia dello zar Nicola II e unica superstite della strage dei Romanov nel luglio 1918 a Ekaterinburg. E se lo fosse davvero? È un film commerciale e convenzionale ma confezionato con un’efficacia ammirevole, con una fusione perfetta di tutti gli ingredienti necessari a dare plausibilità e colore a una vicenda piuttosto improbabile. Premio Oscar per Bergman al suo rientro a Hollywood dopo il periodo rosselliniano. Sceneggiato da Arthur Laurents da una pièce di Marcelle Maurette e Guy Bolton.
Varsavia, durante la seconda guerra mondiale. Un integerrimo maggiore della polizia militare tedesca scopre che il colpevole dell’assassinio di una prostituta è Tanz, un generale nazista.
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