Un film di Jonathan Levine. Con Joseph Gordon-Levitt, Seth Rogen, Anna Kendrick, Bryce Dallas Howard, Anjelica Huston. Titolo originale 50/50. Commedia drammatica, durata 100 min. – USA 2011. – Eagle Pictures uscita venerdì 2 marzo 2012. MYMONETRO 50 e 50 valutazione media: 3,27 su 22 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
La vita del ventisettenne Adam scorre tranquilla, forse fin troppo. A complicare le cose arriva la peggiore delle notizie: è malato di cancro. Da quel momento il ragazzo entra in uno stato di passiva accettazione della malattia da cui nessuno sembra scuoterlo: non la sua ragazza che lo tradisce, non il suo migliore amico mattacchione, non la sua inesperta e volenterosa terapista, che tenta con lui un approccio umano. Adam continua a nascondere prima di tutto a se stesso paura, rabbia, frustrazione e tutti i sentimenti che la malattia porta con sé. Passando attraverso la chemioterapia e tutte le altre fasi della cura il ragazzo comprenderà alla fine ciò che vuole più di tutto e quali sono le persone che davvero tengono a lui.
È sempre una cosa molto difficile tirare fuori una buona commedia da un soggetto drammatico come la malattia, quindi già per il tentativo 50/50 di Jonathan Levine andrebbe applaudito. Il merito principale della sceneggiatura è quello di partire a razzo, di costruire situazioni comuni e insieme molto divertenti riguardo la scoperta del male, l’accettazione dello stato, il tentativo di non farsi abbattere in particolar modo dall’incertezza. Sotto questo punto di vista la prima parte del film è monopolizzata dalla comicità fresca e diretta di Seth Rogen, vero e proprio funambolo capace quasi da solo di alleggerire scene e situazioni dolorose. Joseph Gordon-Levitt, Anna Kendrick, Bryce Dallas Howard e tutti gli altri attori sono in parte e assolutamente convincenti, ma è senza dubbio Rogen la marcia in più di 50/50.
Dopo la prima metà in cui il film esplora con allegria e vivacità la condizione e la storia del protagonista, Jonathan Levine non riesce a nascondere però un evidente problema contenuto nella sceneggiatura stessa: la storia si ferma su una serie di scene magari anche divertenti ma che non fanno evolvere la trama vera e propria né l’arco narrativo di Adam. 50/50 però si riprende come era prevedibile nella parte finale, quando si arriva per forza di cose al confronto decisivo con la malattia. L’ultimo quarto d’ora del film è seriamente emozionante, colpisce al cuore in maniera forse anche prevedibile ma non per questo meno sincera.
Alla fine quindi, seppur a tratti molto divertente, 50/50 non è un film leggero o superficiale: grazie a un lucidità di fondo su cosa si vuole raccontare e come si intende farlo, il film pone allo spettatore una serie di interrogativi e questioni che solitamente il semplice cinema d’evasione non presenta: quando ci troviamo di fronte a un bivio, cosa conta realmente? Come dobbiamo cercare di vivere una vita che non è eterna né tanto meno garantita? Di fronte a tali quesiti Jonathan Levine e tutti coloro che hanno partecipato al progetto provano a dare risposte non preconfezionate, al contrario personali e sentite. Se anche non del tutto compiuto, oltre che per il tentativo 50/50 è un film che merita di essere apprezzato anche per questo.