Durante la guerra 1914-18 il tenente Thomas Edward Lawrence (1888-1935), agente del servizio segreto britannico, trasforma in guerriglia la rivolta degli arabi contro i turchi, guida i beduini alla conquista di Damasco e poi si ritira nell’anonimato. In questo sontuoso megafilm epico su uno dei più affascinanti avventurieri del primo Novecento il vero protagonista è il deserto. Solida sceneggiatura di Robert Bolt, splendida fotografia, musica sovrabbondante, 7 premi Oscar (miglior film, regia, fotografia, colonna sonora, scenografia, montaggio e suono). All’epoca O’Toole fu una rivelazione.
Un romanziere partecipa a una seduta spiritica per documentarsi, in vista di un libro che intende scrivere, e si trova tra i piedi lo spettro della prima moglie che, sempre innamorata, fa i dispetti alla donna che ha preso il suo posto e progetta, inoltre, di farsi raggiungere nell’aldilà dal disgraziato consorte.
Avventura veneziana assai Kitsch di una zitella americana (Hepburn in gran forma) con l’amante latino già sposato (chi se non Brazzi?). Regia accurata e convenzionale di Lean per un film turistico-sentimentale che spiacque ai critici, ma ebbe un grande successo nei paesi di lingua inglese, aprendo al regista la via alle successive coproduzioni internazionali. Bella fotografia di J. Hildyard. Tratto dalla commedia The Time of the Cuckoo (1952) di A. Laurents. Musiche di Alessandro Cicognini, il compositore preferito di V. De Sica. Titolo in GB: Summer Madness.
Da un romanzo (1924) di E.M. Forster. Una giovane inglese va per la prima volta in India, accompagnata dalla madre del suo fidanzato. Accusa un medico indiano di averla aggredita. Al processo ritratta: e riparte. Grandi mezzi per un film di alto professionismo che non è soltanto illustrativo. Raffinato, un po’ frigido, romantico ma lucido. La 1ª parte _ col confronto tra due culture _ è la migliore. Ottimi attori. I personaggi inglesi sono i più riusciti. Oscar per P. Ashcroft (attrice non protagonista) e le musiche di M. Jarre.
Dal romanzo (1861) di Charles Dickens: l’orfanello Pip riesce a studiare, diventare un gentiluomo, arricchirsi, frequentare la buona società, ignorando che il suo benefattore è un assassino galeotto. Per giunta, ne sposa la figlia Estella di cui s’è innamorato. Con Le avventure di Oliver Twist (1948), è uno dei due ammirevoli film dickensiani di Lean, “uno dei grandi film della storia del cinema britannico” (E. Martini). “Fa per Dickens quello che Enrico V (di Olivier) fece per Shakespeare” (J. Agee). 2 Oscar per la fotografia (Guy Green) e la scenografia (John Brian). Compare anche la Simmons bambina. Filmato in precedenza con Il forzato (1934), fu rifatto con Tutto mi porta a te (1974) e con Paradiso perduto (1998).
Un film di David Lean. Con Robert Newton, Alec Guinness Titolo originale Oliver Twist. Avventura, Ratings: Kids+13, b/n durata 116 (105) min. – Gran Bretagna 1948. MYMONETRO Le avventure di Oliver Twist valutazione media: 4,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Dal romanzo (1838) di Charles Dickens: le dolorose disavventure di un orfanello di 8 anni nella Londra del primo Ottocento. Qualcosa di più di un film britannico di qualità e di origine letteraria: Lean porta la maniera allo stile con uno straordinario bianconero (fotografia: Guy Green) di forte suggestione e una squadra affiatata di attori.Famosa l’interpretazione di Guinness come l’ebreo Fagin dal lungo naso, ma ancor più inquietante R. Newton come Bill Sikes. La storia dickensiana ebbe altre 5 versioni cinematografiche (1922, 1933, 1968, 1982, 2005).
Un film di David Lean. Con Trevor Howard, Celia Johnson, Joyce Carey, Stanley Holloway, Cyril Raymond, Everley Gregg, Marjorie Mars, Margaret Barton Titolo originale Brief Encounter. Drammatico,Ratings: Kids+16, b/n durata 86 min. – Gran Bretagna 1945. MYMONETRO Breve incontro valutazione media: 4,14 su 11 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Due persone sposate, un medico e una casalinga, s’incontrano più volte al bar della stazione di Brighton e simpatizzano. S’innamorano e “consumerebbero” se le circostanze e il senso del dovere non li persuadessero a troncare il rapporto. Il film romantico per eccellenza degli anni Quaranta, ma non zuccheroso, non fumettistico, anzi realistico e spesso sgradevole nella descrizione dei personaggi e della loro timida passione. Robert Krasker si rivelò il fotografo più prestigioso del cinema britannico; la musica di Rachmaninov avvinse tutte le casalinghe dalle velleità extraconiugali. Esemplare la prova di Celia Johnson e di Trevor Howard, due innamorati “non giovani e non belli” come erano descritti nell’originale teatrale (un atto unico di Noel Coward). Ma grande specialmente il regista.
Durante la prima guerra mondiale Yurij Andrèevic Živago (Sharif), medico e poeta sposato con la cugina Tonja (Chaplin), si innamora al fronte della crocerossina Lara Antipov (Christie). Nel 1917, scoppiata la rivoluzione bolscevica, si rifugia con moglie e figlio in un villaggio degli Urali dove incontra di nuovo Lara e ne diventa l’amante. La guerra civile li separa per due anni. Mentre Tonja con due figli è riparata all’estero, Živago si ricongiunge con Lara, ma le vicende politiche li dividono ancora. Muore a Mosca, povero e solo. Prodotto da Carlo Ponti e dallo stesso regista, girato in Spagna, Finlandia e Canada, è tratto dall’omonimo romanzo che a Boris Leonidovič Pasternak, scrittore russo di origine ebraica, valse una notorietà internazionale e il Nobel per la letteratura nel 1958. Pubblicato per la 1ª volta in Italia nel 1957 dall’editore Feltrinelli (31 edizioni entro il dicembre 1958), suscitò una dura reazione da parte della critica di regime, fu diffuso clandestinamente nell’URSS, gli costò l’espulsione dall’Unione degli scrittori e la forzata rinuncia al Nobel. Adattato e sfrondato dall’inglese Robert Bolt, il film di D. Lean, grande accademico della regia, è gonfio, inamidato e inerte, con la neve in Panavision al posto della sabbia di Lawrence d’Arabia. Da guardare con ammirazione, specialmente nei campi lunghi e lunghissimi e nelle scene di massa, ma non da ascoltare quando la cinepresa si avvicina ai personaggi. L’avere privilegiato in modo quasi svergognato la dimensione sentimentale, a scapito degli altri aspetti del romanzo, è il suo irrimediabile limite, ma spiega perché ha fatto piangere milioni di spettatori, compresi i soci dell’Academy. Famose e sciroppose le musiche del francese Maurice Jarre (più che un Leitmotiv, il “tema di Lara” è un tormentone), premiate con 1 Oscar insieme con sceneggiatura, fotografia (Frederick A. Young), scenografia e arredamento (Dario Simoni, John Box e Terry Marsh) e costumi (Phyllis Dalton)
Irlanda 1916: sposata senza amore a un insegnante, una ragazza ha una relazione con un ufficiale britannico. Turgido melodramma pastorale con conflitti intimistici dilatati su un’abnorme durata (durata originale: 206 minuti). Si direbbe che il regista non sia entrato in sintonia con la sceneggiatura dell’emerito Robert Bolt, pur ricca di scatti, furori e sbalzi d’umori, cedendo alle tentazioni del pompierismo. Ne è sortito un Breve incontro gonfiato con gli estrogeni. Mitchum fuori parte, per giunta. 2 Oscar per la fotografia (F.A. Young) e Mills nella parte di un muto storpio.
Le due figlie minori di Hobson chiedono la dote per sposarsi, ma il padre, avarissimo, la nega. Maggie, più grande, che ha sposato un ex dipendente di Hobson divenuto suo pericoloso concorrente, con un inganno gli estorce una grossa somma che consegna poi alle sorelle. Quando il vecchio taccagno si ammala, soltanto Maggie gli resta vicino.
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