Roma: età di Tiberio imperatore. Il giovane e nobile Marcello ritrova a un’asta di schiavi la bella Diana, innamorata di lui da quando erano bambini. Marcello acquista lo schiavo Demetrio soffiandolo a Caligola, futuro imperatore. La vendetta non si fa attendere, Marcello è inviato come tribuno in Palestina, cioè nella terra più irrequieta di tutto l’impero. È proprio il momento dei fatti di Pilato e Gesù. Questi è condannato a morire sulla croce e l’incarico della crocefissione viene affidato proprio a Marcello che, bagnatosi col sangue del Cristo, non regge al rimorso e quasi impazzisce. Torna a Roma ricevuto da Tiberio, che dopo aver ascoltato il racconto del tribuno lo rimanda sul luogo a cercare la tunica di questo strano predicatore. Intanto Diana è stata promessa a Caligola, ma ama più che mai Marcello. In Palestina il romano ritrova Demetrio che custodiva la tunica. Marcello si è ormai convertito quando torna a Roma. Nel frattempo Caligola è diventato imperatore e non ha dimenticato. Marcello viene catturato e condannato a morte. Diana sceglie di morire con lui. La Fox aveva scelto questa storia di Lloyd Douglas dagli evidenti accenti mélo per un’importantissima operazione di cinema: La tunica doveva rappresentare la prima, vera, concreta risposta del cinema a quello che stava diventando lo strapotere della televisione. Così il film venne fotografato in cinemascope e il vecchio schermo quadrato venne praticamente moltiplicato per tre. È stata una delle più importanti invenzioni del cinema, la prima di una serie che arriva ai nostri giorni e che continuerà. La Fox era specializzata nella versione di grandi romanzi più o meno popolari (di autori come Hemingway e Fitzgerald, per esempio), realizzando una contaminazione efficace e tutto sommato positiva, anche se venivano privilegiati il sentimento e l’effetto. Anche La tunica, seppur scritto da un autore meno nobile di quelli citati, rientra perfettamente in questi concetti. Il risultato, sul piano squisitamente cinematografico, fu ottimo, il film fece grandi incassi ed ebbe la nomination per l’Oscar. Dunque si può affermare che il 1953 sia l’ultimo anno dell’era non televisiva, l’ultimo anno del cinema puro, senza condizionamenti. Il critico Mario Guidorizzi, forse con un pizzico di paradosso, nel saggio introduttivo del suo Hollywood afferma proprio che il cinema finisce nel 1953. Vale la pena ricordare i cinque titoli finalisti per gli Oscar di quell’anno: Da qui all’eternità (vincitore), Giulio Cesare, Il cavaliere della valle solitaria, Vacanze romane e, appunto, La tunica. Se era la fine di un’epoca, era uno splendido canto del cigno.
Un film di Henry Koster. Con Richard Todd, Bette Davis Titolo originale The Virgin Queen. Avventura, durata 92′ min. – USA 1955. MYMONETRO Il favorito della grande regina valutazione media: 2,75 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Ritratto in piedi di Sir Walter Raleigh (1552-1618) che viaggiò molto in mare per conto della sua regina Elisabetta, occupò la Virginia, introdusse in Europa l’uso del tabacco e la coltivazione della patata. 1° cinemascope e 2ª Elisabetta regina per la Davis, ma il vero protagonista è Sir Walter Raleigh (Todd). Convenzionale, competente, storicamente semplificato, ma ben recitato da tutti. A testa rasata, la Davis è grande.
Dal romanzo Erasmus di John Haase. Professore che odia la scienza e il progresso scopre che il minore dei suoi figli, adoratore della Bardot, è un genio della matematica. Lo porta a Parigi. Tiepida e gradevole commedia per famiglie, ben recitata da una compagnia affiatata di attori. La cosa più divertente è l’infatuazione del ragazzino per la Bardot. Potabile e innocuo.
Un film di Henry Koster. Con Clifton Webb, Joanne Dru, Hugh Marlowe Titolo originale Mr. Belvedere Rings the Bell. Commedia, Ratings: Kids+13, b/n durata 87′ min. – USA 1951. MYMONETRO Mr. Belvedere suona la campana valutazione media: 2,50 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Mr. Belvedere si fa ricoverare in un ospizio di vecchi per dimostrare la sua teoria che si può avere una vita di soddisfazioni a prescindere dall’età. 3° episodio della serie di Mr. Belvedere: gradevole, garbato con dialoghi spiritosi. Tratto dalla commedia The Silver Whistle di Robert E. McEnroe.
Vescovo protestante è in difficoltà perché deve badare, insieme, alla bella moglie e a una vedova danarosa che potrebbe finanziare la nuova chiesa. Gli viene in aiuto un aitante angelo custode. Commedia fantastica, frivola con garbo, molto datata, ma ancor oggi riscattata dalla recitazione di una compagnia di attori tra cui spicca il caratterista Wooley. Il regista W.A. Seiter fu licenziato da Samuel Goldwyn a metà delle riprese; Koster si guadagnò una nomination all’Oscar della regia. Da un romanzo di Robert Nathan, sceneggiato da Robert E. Sherwood e Leonardo Bercovici.
Harvey è un grosso coniglio bianco che (forse) esiste solo nella fantasia di Elwood, un simpatico giovanotto sulla quarantina. La sorella di Elwood si preoccupa molto per queste fantasticherie e fa ricoverare il fratello in una clinica per malattie mentali. Il direttore dell’ospedale, vecchio e saggio, si fa convincere dal protagonista sulla importanza di Harvey, ma uno dei medici giovani vuole a tutti i costi tentare una cura d’urto. I possibili risultati della cura, esposti dal giovane medico, non piacciono alla sorella di Elwood che decide di tenersi il fratellino così com’è.
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