Per vendicare il marito, impiccato da ricco allevatore, assolda ex pistolero che sequestra la figlia del ras per ottenere in cambio solenni funerali. Carneficina finale. Anomalo “spaghetti-western” in salsa francese tra i cui sceneggiatori figura anche Dario Argento. La vicenda è aggrovigliata, ma messa in scena con una certa eleganza.
All’inizio del XX secolo, il vedovo Henry vive con il figlio adolescente Wyatt in una piccola fattoria coltivando la terra e allevando animali. La sua tranquillità è interrotta dal ritrovamento di un uomo gravemente ferito in una zona poco lontano dalla proprietà. Henry porta in casa l’uomo – che si chiama Curry ed è uno sceriffo in fuga – e lo cura dopo averlo legato al letto e dopo aver nascosto la borsa piena di denaro ritrovata al suo fianco. Quando gli uomini che danno la caccia a Curry, guidati dal feroce Ketchum, anch’egli un sedicente sceriffo, si presentano a casa di Henry, l’umile contadino si rifiuta di consegnare il suo ospite e si appresta a combattere l’ultima battaglia per difendere sé stesso e il figlio.
Gran bel western! se vi piace il genere non perdetevelo.
Rinchiuso con i suoi Apaches Chiricahua nella riserva di Turkey Creek, a causa di numerosi soprusi, nel 1885 Geronimo (Studi) si ribella e riprende le armi. La guerra indiana ricomincia ai confini col Messico.
2° western di Hill, cineasta urbano, dopo I cavalieri dalle lunghe ombre. Circoscritto al biennio 1885-86, è la storia di una sconfitta che celebra il vinto e vitupera il vincitore. Non a caso si chiude con le dimissioni dall’esercito del narratore (Damon). Ma l’aspetto più interessante del film sul piano narrativo _ la sua dimensione critica e didattica _ finisce col coincidere con il suo limite. Scritto da John Milius e Larry Gross.
Due vite parallele finché non s’incrociano. Lui è un medico del West a cui un gruppo di desperados uccide la moglie. Lei è una francesina che emigra con il marito (destinato anche lui a prematura fine) verso le terre selvagge del Nuovo Mondo. Un giorno s’incontrano…
Non ho trovato nè versione in italiano nè sottotitoli sincronizzati.
Durante la guerra di Secessione il generale Grant incarica un colonnello nordista di condurre due reggimenti di cavalleria a distruggere le linee ferrate che portano rifornimenti ai sudisti. L’ufficiale ce la farà ma dovrà vedersela con una patriottica sudista (di cui finirà per innamorarsi) e con un ufficiale medico che prima disprezzerà (la prima moglie del colonnello è morta per un errore dei dottori) e che poi imparerà a rispettare. Il film è senza dubbio inferiore alla trilogia che Ford dedicò alla cavalleria americana negli anni Quaranta-Cinquanta, ma contiene scene memorabili, quali l’assalto della fanteria sudista per le vie della città e, soprattutto, l’attacco dei giovanissimi allievi di una scuola militare di fronte al quale il colonnello preferisce fuggire.
Su soggetto di Ugo Pirro e sceneggiatura di Fernando Di Leo e Dean Craig (Piero Regnoli), prodotto da Dino De Laurentiis, è uno “spaghetti-western” sugli indiani d’America. Navajo Joe decide di vendicare la sua tribù massacrata dai cacciatori di scalpi (un dollaro l’uno) . Mora con i capelli lunghi, la fiorentina mancina Machiavelli fa Estella, anche lei Navajo, ma non sapeva ancora andare bene a cavallo. Imparò presto. Frase di lancio: “Un western spietato e violento in prima visione”. Meno violento del precedente Django, altro successo di Corbucci.
Blek Macigno, noto anche come il grande Blek, è un personaggio immaginario protagonista di una serie di strisce a fumetti realizzata negli anni cinquanta dal gruppo EsseGesse, formato dai tre sceneggiatori e disegnatoriGiovanni Sinchetto, Dario Guzzon e Pietro Sartoris, pubblicato dall’Editoriale Dardo[2][3]. Raggiunse una tiratura di 400.000 copie settimanali ed è stato più volte ristampato,imponendosi non solo in Italia ma anche sul mercato europeo[4][5] dove sono state realizzate versioni del personaggio da altri autori italiani e stranieri. Blek è un atletico trapper dai lunghi capelli biondi che indossa sempre un cappello di marmotta, un gilè di pelliccia che copre il torace e dei pantaloni rossi. Per combattere usa principalmente le mani nude ma usa anche il fucile “Kentucky” usato dai cacciatori americani dell’epoca. Conosciuto come Blek Macigno per la sua stazza e la sua forza lotta per raggiungere l’indipendenza dell’America coloniale contro il predominio inglese scontrandosi frequentemente con le giubbe rosse. Comprimari fissi delle sue avventure sono un coraggioso adolescente, Roddy Lassiter, e lo scienziato professor Cornelius Occultis. Non sono presenti personaggi femminili
Un ricco possidente, rapito da due fratelli,propone a questi di accompagnarlo con una grossa mandria attraverso un percorso preso di mira dai pellirosse. La strada è lunga e i contrasti sono tanti; i tre si contendono anche l’amore di una donna, ma ad avere la meglio sarà Ben, impersonato naturalmente da Gable.
La storia è quella di due fuorilegge reduci da un colpo (dove hanno indossato, a bella posta, divise da ufficiali nordisti). Durante la fuga s’imbattono in una carovana, i cui componenti li scambiano per autentici militari e affidano loro il comando. Uno dei fuorilegge s’immedesima nel ruolo e porta in salvo un convoglio a Forte Alamo. L’altro invece non si ravvede: il suo compare buono dovrà ammazzarlo.
L’aborigeno Sam vive nella fattoria del “bianco” Fred, in relativa armonia, insieme alla moglie Lizzie. Ma intorno a loro, nell’Outback australiano qui narrato come il corrispettivo del Far West, gli aborigeni sono gli indiani: privati della propria terra, dei propri diritti e della propria libertà, e ridotti ad una schiavitù identica a quella (di esportazione) che opprimeva gli africani importati negli Stati Uniti. Quando nella zona si trasferisce Harry, un reduce di guerra gonfio di rancore e di aggressività repressa, il fragile equilibrio fra i proprietari terrieri anglosassoni e i loro servi aborigeni salta
Junior Bonner si guadagna la vita come faceva il vecchio e gagliardo padre, ex campione di rodeo. Il fratello, invece, vuole coinvolgerlo nei suoi affari e nella vita “borghese”. Dopo l’orgia di violenza di Cane di paglia , Peckinpah torna alle sue origini di regista profondamente americano, tradizionalista e rurale. Bravo e credibile McQueen. Qualche momento di lirica malinconia in questa quieta storia su coloro che “devono tener fermi i cavalli”.
Non è, come si è scritto, una variazione dello “spaghetti-western” italiota: tolti pochi risvolti stilistici, va in tutt’altra direzione, con una storia situata nel 1858, poco prima della Guerra di Secessione. Come raramente accade nel genere western, il protagonista è nero. Sicuramente il più politicamente impegnato tra i film di Tarantino nella denuncia del razzismo bianco che in Django si sovrappone al desiderio di vendetta personale in difesa della moglie Broomhilda. Non a caso nella più caustica sequenza si sbeffeggia in allegria un classico del muto USA Nascita di una nazione (1915) di Griffith, con Don Johnson capo di una banda schiavista del Ku Klux Klan alle prese con scomodi cappucci che, soprattutto cavalcando, impediscono di vedere bene. Scomponibile in 2 parti, con l’azione che si sposta dal Texas al Mississippi e in cui si usa il fucile Remington più che le Colt. Nella prima il dentista tedesco Dr. King Schultz diventato cacciatore di taglie, cioè di cadaveri, rende libero lo schiavo Django e lo trasforma in compagno/complice di avventure e punizioni. Lo interpreta il colto, elegante Waltz in una interpretazione premiata dall’Oscar (un’altra statuetta è andata a Tarantino per la sceneggiatura). Più parlata e più rivolta all’analisi psicologica dei personaggi la seconda parte, dove Foxx si oppone a un bravo DiCaprio, il più crudele degli schiavisti perché il più intelligente.
Storia romanzata di Belle Star, la banditessa che imperversò nell’Oklahoma nella seconda metà del secolo scorso. Dopo la guerra di Secessione, la vediamo respingere le attenzioni di un innamorato nordista e unirsi alla banda di Sam Starr, un guerrigliero sudista che continua la lotta. Belle e Sam si sposano e per molti anni danno filo da torcere all’esercito, finché l’uomo non viene catturato e Belle non rimane uccisa in un agguato per mano di due sicari.
Lo sceriffo lotta contro Dick capo di alcuni prepotenti proprietari. Un vicesceriffo, ubriaco perennemente a causa di alcuni dissidi amorosi, e un menomato lo aiutano nella sua quotidiana battaglia. Il fratello di Dick viene arrestato per omicidio. Per ripicca Dick rapisce il vice e chiede lo scambio. Ciò avviene, ma lo sceriffo astutamente sgomina la banda. Il vice, liberatosi dai banditi e dall’alcol, diventa eroe e uomo nuovo. Il film è un capolavoro del suo genere, un western classico centrato sull’eroe buono e coraggioso. La presenza di John Wayne, simbolo di questo cinema, rende questa bellissima opera di Howard Hawks ancora più significativa.
Alla conquista del West (How the West Was Won) è una serie televisivastatunitensewestern andata in onda sulla ABC tra il 1976 e il 1979. In Italia è andata in onda, per la prima volta, su Rai Due a partire dal 13 ottobre 1979.[1] Ispirata dal film del 1962 La conquista del West, la serie vede tra gli interpreti la presenza di James Arness, Fionnula Flanagan e Bruce Boxleitner. Dopo un episodio pilota trasmesso il 19 gennaio 1976, furono prodotte tre stagioni per un totale di 25 episodi. Alla vigilia della guerra di Secessione, la famiglia Macahan vive del lavoro nei campi presso la propria fattoria in Virginia: Timothy Macahan, sua moglie Kate e i quattro figli Luke, Lara, Josh e Jessie. Il ritorno a casa dopo diversi anni del fratello di Timothy, Zebulon “Zeb” Macahan, cacciatore, scout dell’esercito e avventuriero del West, fa rinascere in quest’ultimo il desiderio di mettersi in viaggio e andare a fare il pioniere in Oregon, sogno giovanile accantonato con il matrimonio. Il fascino e la suggestione dell’avventura, unitamente all’incombere della guerra, spingono tutta la famiglia a decidere di partire per l’Ovest, potendo contare sulla guida e l’esperienza di Zeb.
Quando i Macahan hanno già raggiunto i territori del Nebraska vengono a sapere da una pattuglia dell’esercito che il conflitto è scoppiato con gravi scontri a Bull Run, la contea da cui provenivano, e Timothy, preoccupato per i vecchi genitori che non avevano voluto lasciare la loro terra, decide di tornare indietro. Sua moglie Kate e gli altri decidono di fermarsi lungo il fiume Platte, per aspettarne il ritorno, ma dopo un lungo periodo senza notizie, anche Luke decide di partire alla ricerca del padre: finirà arruolato dai nordisti con la forza e portato a combattere nella battaglia di Shiloh, ove, ferito in un accampamento, rivedrà il padre morente. Disgustato dalla guerra, Luke diserta, ruba un cavallo, scampa ad un linciaggio di sudisti sparando ad uno sceriffo e fugge verso il resto della famiglia, iniziando così la sua interminabile serie di guai con la legge.
Sequestrato con i passeggeri di una diligenza da tre banditi, allevatore li mette uno contro l’altro, e li fa fuori. Tratto da un racconto di Elmore Leonard e sceneggiato da Burt Kennedy, è uno dei 12 western di B. Boetticher. Comincia in chiave di commedia e finisce in tragedia. Stringato, diretto con energia pari alla finezza, quasi un Hawks.
Nei primissimi minuti della versione dvdrip ci sono delle scritte messe da chi ha rippato il dvd che non si possono togliere. Le scene non doppiate sono quelle della versione integrale, non credo abbiamo sottotitoli
22/8/24 aggiunta versione 1080p gentilmente inviata da un utente.
Un piccolo gruppo di Apaches, guidati dal feroce e indomito Ulzana, fugge da una riserva dell’Arizona e semina cadaveri. Scortato dall’anziano e saggio scout McIntosh e da una guida indiana, un drappello di cavalleggeri, comandati da un giovane tenente, li insegue per giorni. In un periodo di vacche magre per il western, è un toro fiero quello di Aldrich che si ricollega a L’ultimo Apache (1954) in toni più disperati e cruenti, non senza rimandi allusivi al Vietnam nella sceneggiatura di Alan Sharp. Ritmo lento, tra sprazzi di violenza, il senso dei larghi orizzonti tra montagne aride, deserti, sassi e polvere. “Se l’inferno e l’Arizona fossero suoi, (Ulzana) vivrebbe all’inferno e si affitterebbe l’Arizona”. Aldrich si tiene a distanza dalla materia narrativa, equiparando le crudeli “ombre rosse” (i Vietcong?) alla natura selvaggia ed enigmatica e condividendo il punto di vista di McIntosh: “Odiare gli indiani sarebbe come odiare il deserto perché non c’è acqua.” Grande Lancaster.
Epopea della tribù dei Cheyenne che, ingannati e abbandonati dai vincitori bianchi, iniziano una lunga e drammatica fuga verso il nord, cercando di sfuggire alla fame e di tornare liberi nella terra dei padri.
Un film di Tom Laughlin. Con Barbara Carrera, Tom Laughlin, Ron O’Neal Titolo originale The Master Gunfighter. Western, durata 101 min. – USA 1975. MYMONETRO Il giorno del grande massacro valutazione media: 2,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Siamo nella California semiselvaggia. Il figlio di un possidente terriero deruba un vascello americano e uccide un gruppo di indios che hanno assistito al fatto. Suo cognato, testimone volontariamente impassibile, si esilia in Messico; qualche tempo dopo però torna e impedisce una nuova rapina.
Storia di uno sceriffo messicano che, per riscuotere 100 dollari, ammazza dodici uomini. I 100 dollari sono, ovviamente, un simbolo: l’eroe ammazza per legittima difesa e gli tocca in premio persino la ragazza. Tratto da un romanzo di Elmore Leonard, girato in Spagna e diretto da un noto regista di Broadway al suo esordio nel cinema, è apprezzabile per l’uso dello spazio e dei paesaggi montagnosi (fotografia di Gabor Pogany), l’attenzione ai particolari tattici, insolite soluzioni narrative, qualità che non riscattano del tutto la convenzionalità di fondo.
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