In seguito alla presa di potere di Kato del clan Sanno, avvenuta eliminando il boss yakuza precedente ma mascherando il reale colpevole, il cane sciolto Otomo è rimasto ai margini, fingendosi morto per sfuggire alle ritorsioni dei Sanno. Ma le voci sulla reale versione dei fatti e il ritorno in azione di Kimura, alleato di Otomo, preparano la strada a una violenta vendetta. Considerare Outrage Beyond come oggetto a sé stante, valutarlo in maniera decontestualizzata, sarebbe mancare di rispetto a quell’artista unico che è Kitano Takeshi. Entità ormai inscindibile dal proprio cinema, ultimo esempio di artista in simbiosi di carne, sangue e celluloide con le sue opere, grazie alla trilogia iniziata con Takeshis‘ e terminata con Achille e la tartaruga Kitano ha reso arte la sua crisi di ispirazione, offrendosi in maniera disarmante, quasi con un seppuku virtuale, al pubblico. Dopo un simile processo autodistruttivo non restavano che il ritiro o il rientro nei ranghi sicuri dello yakuza eiga, quel sottogenere rigidamente codificato che il popolo kitaniano da lui si attende
L’inventore di un nuovo prodotto viene invitato nella villa di un facoltoso possibile acquirente che ospita due coppie di amici. Il prodotto però non è in vendita a nessun prezzo e dato che tutti i presenti vorrebbero impossessarsene, si scatena una lunga serie di omicidi.
Jimmy Doyle “Popeye” è un poliziotto della squadra narcotici di New York dai metodi brutali e assai poco ortodossi. Messosi in cattiva luce con i suoi superiori, a causa di alcuni fallimenti professionali, Doyle è convinto di avere finalmente ricevuto la soffiata giusta, quella capace di imprimere una svolta a un’intera carriera. Un infiltrato è venuto a sapere di una grossa partita di eroina in arrivo dalla Francia. Pur senza mandato, il detective si lancia sulla pista indicatagli, che lo conduce alla mafia italoamericana locale. Con il collega Lo Russo, suo partner professionale fisso, avvierà un’indagine tutta pedinamenti e intercettazioni.Diventato un classico del nuovo poliziesco americano anni Settanta, Il braccio violento della legge ha rivoluzionato le regole allora in voga nel noir investigativo a stelle e strisce, influenzando molto cinema d’azione successivo.
È meticolosamente controllato il film di Jim Jarmush sui limiti del controllo. Un killer americano segue una serie di indizi improbabili per effettuare una misteriosa missione criminale. The Limits ha una struttura ridondante ben chiara: una serie di incontri bizzarri, delle anomalie (de Bankolé che prende due espressi in tazze separate in ogni bar), delle ricorrenze apparentemente marginali che poi convergono gradualmente (i fiammiferi, l’elicottero) e delle strizzate d’occhio (al killer di Ghost Dog, al treno o all’ossessione per il tabacco di Dead Man). Tra le apparizioni esplicitamente grottesche ci sono gli autoironici Tilda Swilton, John Hurt e Bill Murray. In una costruzione lenta e ripetitiva a restare nella mente sono soprattutto il montaggio di Jay Rabinowitz e la fotografia di una Spagna assolata di Cristopher Doyle. Ma lo spettatore che si lascia semplicemente trasportare dalle sensazioni é tutt’altro che superficiale: Jarmush ci fa viaggiare sui margini del controllo per riportarci al punto iniziale, le sensazioni appunto.
La vita di un uomo cambia radicalmente dopo il suicidio della fidanzata. Lo shock per la morte dell’amata gli fa desiderare ossessivamente di possedere un’arma, della stessa tipologia con cui la donna si è tolta la vita. Vagando per la città, l’uomo viene aggredito e picchiato brutalmente da una violenta banda di punk. Spinto dal desiderio di vendetta, si ritrova con una pistola tra le mani.
Tre feroci banditi in fuga dopo una rapina fallita sequestrano una Fiat 1100 su cui viaggiano un uomo e una bionda e si avviano sull’autostrada. Nel finale, l’uomo dell’auto si rivela al telefono il peggiore di tutti. Finite le riprese, il produttore fallì e il film non fu mai distribuito in Italia. In un’intervista sul bimestrale genovese FILM , Don Backy dichiarò di avere in casa solo un VHS uscito in Germania nel 1995. Quentin Tarantino lo vide in USA e tanto gli piacque da intitolare in suo onore il suo 1° film Reservoir Dogs . Il cantante aggiunse che l’erotismo perverso, Leitmotiv del film (violento nella scena della donna inseguita in un campo di granturco), è dovuto, secondo lui, alla sfera sessuale un po’ contorta di Bava: “È una storia cattiva, senza ironia – aggiunge – in sintonia con la società che stava cambiando… Alla fine non si salva nessuno”.
Sean Casey, ex poliziotto nominato Pubblico Ministero a New York nel processo contro un noto trafficante di droga accusato dell’omicidio di un ufficiale di polizia
Contagiato da un morso di una succhiatrice di sangue, giovanissimo cowboy si aggrega a una famiglia di vampiri che scorrazza in furgone in cerca di sangue giovane. Allucinante e allucinato, tetramente vampiresco, ricco di preziosismi figurativi, è il bizzarro 2° film a basso costo di una regista che farà strada. Scritto con Eric Red.
La trentenne Cassie ha buttato al vento ogni speranza: da quando ha abbandonato gli studi di medicina lavora in un piccolo bar, vive coi genitori e ogni weekend gira per locali facendosi abbordare da sconosciuti. Cassie in realtà ha un piano: fingendosi ubriaca, intende dimostrare come ogni uomo che la abborda nasconda il desiderio di violentarla o possederla con la forza. Nel suo passato c’è un trauma che ha segnato il suo destino, un evento che l’incontro con Ryan, ex compagno del college, riporta a galla. Combattuta fra l’interesse per Ryan e il desiderio di chiudere i conti con il passato, Cassie darà una direzione definitiva alla sua vita.
La storia ruota intorno al personaggio di Dexter Morgan, all’apparenza un tranquillo e metodico tecnico della polizia scientifica diMiami, in realtà un feroce e spietato serial killer, che però agisce seguendo un proprio rigoroso codice: uccidere soltanto criminali che sono sfuggiti alla giustizia.[2] La serie è basata (solo per quanto riguarda la prima stagione) sul romanzo La mano sinistra di Dio di Jeff Lindsay. Esistono anche altri libri sul personaggio, sempre dello stesso autore, che seguono però una diversa continuity rispetto alla serie. Rimasto orfano all’età di tre anni, Dexter viene adottato da Harry Morgan, sergente della polizia di Miami. Dopo aver scoperto che Dexter ha iniziato a uccidere degli animali, Harry capisce che il figlio è un sociopatico e un potenziale serial killer; cercando di evitargli un futuro in carcere o sulla sedia elettrica, gli insegna a incanalare i suoi impulsi violenti verso chi “se lo merita”, ovvero tutti quei criminali che in un modo o nell’altro sono riusciti a sfuggire alla giustizia. Secondo il codice di Harry, che Dexter segue alla lettera, le sue vittime devono essere esclusivamente assassini, stupratori, pedofili, e tutti coloro che potrebbero rivelarsi pericolosi per la società. Inoltre Harry insegna al figlio a costruirsi una facciata per apparire normale e innocuo agli occhi degli altri, e a sfuggire egli stesso alle indagini della polizia. Una volta cresciuto, l’attrazione per il sangue – che si evince dai “trofei” che preleva alle sue vittime – porta Dexter a diventare un tecnico forense nell’analisi delle tracce ematiche, lavorando così insieme alla sorellastra Debra, diventata agente di polizia come suo padre, presso la polizia di Miami. Come parte del suo progetto di mascheramento, Dexter frequenta Rita, una donna separata con due figli piccoli, Astor e Cody. Sebbene sia un sociopatico, inizialmente incapace di provare genuini sentimenti, in realtà ha, a suo modo, un rapporto di sincera amicizia con amici e colleghi, in particolare con Debra a cui è molto legato.
Killer Joe è il poliziotto con l’hobby dell’omicidio a pagamento, assoldato da una famiglia di redneck del Texas per uccidere l’ex moglie ed ex-mamma, da tempo scappata con un altro uomo. Hanno scoperto che la sua morte frutterà 50.000 dollari di assicurazione, soldi con i quali verrà pagato il killer e la famiglia si tirerà fuori da diversi guai. Ma non è mai così semplice uccidere ed incassare e Joe non è il tipo che ammette ritardi o intoppi nel suo lavoro. Dopo aver firmato almeno una pietra miliare per ogni decennio di attività, William Friedkin arriva alle porte del secondo decennio del nuovo millennio con un film in pieno stile pulp, che lui (e non solo) sembra considerare l’aggiornamento del noir (la doppia indennità della trama fa subito pensare a La fiamma del peccato).Prendendo le mosse dall’omonima opera teatrale di Tracy Letts (riscritta per lo schermo da lui stesso), Killer Joe si assesta dalle parti dello stile tarantiniano, per quanto riguarda l’appeal, l’umorismo e la spiazzante stravaganza dei personaggi, e a quello dei fratelli Coen sul versante dei risvolti di trama e di una più generale visione nichilista del mondo. Sotto una superficie aliena però batte forte il cuore del regista di Vivere e morire a Los Angeles, che calza i panni di un genere nuovo (per lui) non come un travestimento ma come un buon abito. Lo si vede nel rigore dello stile (estraneo ai registi precedentemente citati), nella sapida asciuttezza dei momenti più determinanti, nella ferma chiarezza d’intenti di un film che corre come un treno verso i suoi cinque minuti finali e soprattutto nel modo in cui, ancora una volta, Friedkin lavora con i suoi attori. Matthew McCounaghey in un ruolo tra il comico e il terrificante, bello, rassicurante e pronto a diventare disturbante in un attimo, è il capolavoro del regista. Con l’abilità che gli è riconosciuta nel caratterizzare scene e personaggi attraverso i movimenti e l’uso di tutto il loro corpo, spesso con inquadrature a figura intera, spesso con lunghi piani sequenza, Friedkin riesce a trasformare uno degli attori finora meno malleabili. La sorpresa dei protagonisti nel trovarsi preda di quello che doveva essere un loro dipendente è la stessa che lo spettatore prova nel vedere il lento mutamento di un attore che ha la commedia romantica marchiata sui pettorali. Da quel corpo pulito da bravo ragazzo Friedkin parte e attorno a lui fa ruotare Emile Hirsch, Thomas Haden Church, Juno Temple e Gina Gershon, i quali, di volta in volta, sembrano guadagnarsi il ruolo da protagonisti. Eppure alla fine sarà McCounaghey a incarnare il senso ultimo di un viaggio nell’America violenta e spietata, una piccola parte di un mondo dominato dal caos.
Un giovane, dotato, spregiudicato avvocato della Florida (K. Reeves) accetta un’allettante proposta di uno studio legale di New York, guidato da John Milton (A. Pacino) e si rende conto di aver venduto l’anima al diavolo. Letteralmente. Da un romanzo di Andrew Neiderman _ con la fotografia del polacco Andrzej Bartkowiak, le scene di Bruno Rubeo, gli effetti visivi di Richard Greenberg e i demoni disegnati da Rick Baker _ è uscito un filmone difficile da catalogare: horror giudiziario? farsa orrorifica? parabola faustiana? Nel suo toccare antichi e nuovi temi religiosi (con frequenti citazioni dell’Apocalisse giovannea) la materia del film è ambiziosa e rischiosa: il sublime confina col ridicolo, e spesso ci sprofonda. Non bastano gli effetti speciali per fare un buon film fantastico. Vien voglia di leggere il romanzo: i dialoghi sono forse la componente più interessante del film, e Pacino _ doppiato da Giancarlo Giannini _ li dice con un potente istrionismo ben temperato.
Sopravvissuta alla prigionia di un lager nazista, Karin si sostituisce ad un’amica rimasta uccisa e raggiunge l’America dove vive il figlio della defunta. Tutti credono che sia lei la madre del bambino che, nel frattempo, ha ereditato un patrimonio. I soldi fanno gola a molti
Una regista televisiva s’improvvisa detective quando la polizia si rivela impotente nel proteggerla da un ignoto persecutore. Alto tasso di rischio. 1° film per la TV di J. Carpenter. Pur costretto dalla committenza a mettere la sordina al proprio estro visionario, Carpenter è riuscito a fare un dramma claustrofobico di infallibile suspense e di sapiente uso dello spazio, ispirato a Finestra sul cortile (1954) di Hitchcock e citazioni di M. Powell e S. Leone. Edizione italiana tagliata di alcuni minuti. Passa anche come Procedura ossessiva.
Dani ignora l’ennesima chiamata di aiuto della sorella bipolare, rassicurata in questo dal fidanzato Christian. Christian vorrebbe rompere con Dani, ma non sa come dirglielo. Quando purtroppo le peggiori paure sulla chiamata si rivelano fondate, è troppo tardi per intervenire. Christian decide quindi di invitare Dani a partecipare al viaggio organizzato dall’amico Pelle in un curioso villaggio svedese, per effettuare studi antropologici e insieme svagarsi nel festival che celebra il solstizio d’estate.
Maniaco assassino decapita per vendetta a Minneapolis una mezza dozzina di persone, portandosi via le teste in ricordo. Risolvono il caso un giovanotto intrepido e un ragazzetto miope e impiccione. Nonostante la terribilità truculenta dei misfatti, è anche una storia di amore e di guarigione, qua e là innervata di fili argentei d’ironia e di mordace umorismo. Bravina come anoressica Asia, figlia del regista. C’è anche, mimetizzato e inquietante, Frederic Forrest.
La vita di 12 scienziati in una base militare in Alaska è in pericolo. Le radiazioni hanno dissepolto un essere mostruoso che assume sembianze animali e umane. Ad uno ad uno muoiono tutti e anche gli ultimi due superstiti sperano, terrorizzati, che i soccorsi arrivino prima della “cosa”. Remake di La cosa da un altro mondo (’51) con musiche di Morricone.
Un giovane, che ha ucciso per legittima difesa, viene perseguitato dal testimone che ha fotografato l’omicidio. La sua cameriera viene ammazzata e la moglie se ne va. L’investigatore assunto dall’uomo viene assassinato, e anche una ragazza che gli è rimasta vicina subisce la stessa sorte. Alla fine, a un pelo dalla morte, il giovanotto scopre chi è l’assassino.
Un giovane di nome Simon fa il professore e sembra una di quelle persone che non hanno niente da nascondere. Bravo nell’insegnamento, è generoso anche con la madre che non sta molto bene. Nasconde però un segreto: ha una fissazione per le chat online, dove ricerca giovani ragazze inclini alla depressione e al suicidio per soddisfare il suo desiderio di sangue.
Kagenuma ha poteri particolari: riesce a entrare negli incubi delle persone per capirne la causa e svelarla ai diretti interessati. Quando iniziano suicidi sospetti, avvenuti durante il sonno, la detective Keiko si rivolge proprio a Kagenuma per trovare un colpevole. Linearità costruttiva semplice nella caratterizzazione dei personaggi principali: le vittime, imprigionate nei loro incubi, vedono materializzarsi il loro impulso e finiscono per agire inconsapevolmente nella realtà, guidati da una voce, attraverso il mezzo invasivo per eccellenza dei nostri tempi: il cellulare. Poesia dell’immagine, teatralità, cromatismo estremo: gli stilemi di Tsukamoto e del suo cinema.
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