Category: Sportivo


Regia di Walter Hill. Un film Da vedere 1975 con Charles BronsonJames CoburnJill IrelandMargaret Blye. Titolo originale: Hard Times. Genere Drammatico – USA1975durata 97 minuti. – MYmonetro 3,09 su 1 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Negli anni Venti e Trenta andava di moda in America una sorta di pugilato sulla strada. Questa è la storia di Shaney, un anziano pugile che vive grazie ai suoi pugni. Ha un impresario disonesto che gliene combina di tutti i colori. Alla fine Shaney si dimostra un vero uomo, generoso e forte, al di là della forza fisica. 

L'eroe della strada (1948) on IMDb

Beautiful Boxer (Thai: บิวตี้ฟูล บ๊อกเซอร์) è film thailandese del 2003 diretto da Ekachai Uekrongtham, che narra la vicenda sportiva ed esistenziale di un ragazzo effeminato (poi transessuale) e del rapporto tra la sua condizione intima e la famiglia, la società in generale ed il mondo sportivo ove svolge il suo lavoro come un appassionato pugile professionista.

Basato su una storia vera, la vita di Nong Thoom, un famoso boxeur transessuale thailandese (per l’esattezza un Kathoey), poi anche attrice e modella. Il film mostra tutte le tappe più importanti della vita di Nong, a partire dal momento in cui ancora ragazzino scopre che gli piace indossare abiti femminili e truccarsi. Nel contempo inizia la sua carriera di pugile.

Beautiful Boxer (2003) on IMDb

Regia di Leon Gast. Un film Da vedere 1996 con James BrownSpike LeeMuhammad AlìGeorge ForemanMiriam MakebaNorman Mailer. Titolo originale: When We Were Kings. Genere Documentario, – USA1996durata 88 minuti. distribuito da Cineteca di Bologna. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 4 recensioni.

Ricostruzione dell’incontro di boxe, valevole per il titolo mondiale dei pesi massimi, tra i pugili neri Mohammed Alì, già Cassius Clay, e George Foreman a Kinshasa (Zaire) il 30 ottobre 1974. Al materiale filmato da Gast nel 1974 a Kinshasa s’aggiungono le interviste allo scrittore Norman Mailer, ai giornalisti Georges Plimpton e Thomas Hauser e al regista Spike Lee che vent’anni dopo commentano l’avvenimento. Più che sul Mohammed Alì della realtà, è un film sul mito, sulla leggenda, sul significato simbolico, sociale e politico di Alì e della sua vittoria sul nero Foreman che paradossalmente nel 1974 incarnò l’odiato zio Sam, quell’America dei padroni bianchi che avevano ridotto i neri a loro immagine e somiglianza. All’origine della sua energia coinvolgente c’è il montaggio (firmato da 4 persone tra cui lo stesso Gast e dal regista Taylor Hackford), a sua volta basato sulla musica e sul canto di B.B. King, James Brown, Spinners, Jazz Crusaders, Miriam Makeba. Premio Oscar per il documentario di lungometraggio.

When We Were Kings (1996) on IMDb
GRAND PRIX - Film (1966)

Un film di John Frankenheimer. Con Adolfo Celi, Geneviève Page, James Garner, Françoise Hardy, Yves Montand. Drammatico, durata 175′ min. – USA 1966. MYMONETRO Grand Prix * * * - - valutazione media: 3,38 su 8 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

La solita banda di Formula 1 (i piloti e le loro donne, i tecnici, i dirigenti delle squadre) attraverso 6 gran premi: Montecarlo, Clermont Ferrand, Belgio, Olanda, Inghilterra fino a Monza. Ciascuno è filmato in modo diverso. 1° film sulle corse d’auto (fotografia in 70 mm SuperPanavision di Lionel Lindon) girato senza trasporto e con il ricorso allo split-screen (montaggio nel quadro frazionato in caselle, cercando la contemporaneità o il contrasto). Frankenheimer è un appassionato delle quattro ruote, e si vede, ma il copione di Robert Alan Arthur è una prolissa passerella di stereotipi senza sugo e di situazioni già viste. Il personaggio di Bedford è ispirato a Stirling Moss. 3 Oscar: montaggio, suono, effetti visivi. L’alta qualità tecnica accentua quella bassa del resto. 2 film in uno e stanno male insieme.

Grand Prix (1966) on IMDb

L’Uomo Tigre (タイガー・マスク Taigā Masuku?, Tiger Mask) è un manga scritto da Ikki Kajiwara e illustrato da Naoki Tsuji. Venne pubblicato in Giappone dal 1968 al 1971 dalla casa editrice Kōdansha.[1] Dal manga sono state poi tratte tre serie televisive anime[1], prodotte da Toei Animation e destinate a un pubblico adulto: la prima del 1969, la seconda del 1981 e la terza del 2016. Entrambe le versioni dell’opera, manga e anime, hanno riscosso un grande successo.

Naoto Date è un orfano cresciuto dopo la fine della seconda guerra mondiale. Un giorno, facendo visita a uno zoo insieme ai compagni di orfanotrofio, alla vista della gabbia con i grandi felini capisce di voler diventare forte come una tigre per combattere le ingiustizie nei confronti degli orfani come lui.

Allora scappa, lasciando i compagni attoniti, e incontra l’emissario della Tana delle Tigri, un’associazione a scopo di lucro che addestra lottatori di wrestling, provenienti da ogni parte del mondo. Si reca così sulle Alpi, dove ha sede la Tana delle Tigri, e lì trascorre i successivi dieci anni, sottoponendosi ad allenamenti durissimi.

 L'uomo tigre
(1969) on IMDb

Regia di Martin Scorsese. Un film Da vedere 1980 con Robert De NiroJoe PesciCathy MoriartyColey WallaceFrank AdonisJames V. ChristyCast completo Titolo originale: Raging Bull. Genere Biografico, – USA1980durata 129 minuti. Uscita cinema sabato 1 settembre 2018 distribuito da Cineteca di Bologna. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: V.M. 14 – MYmonetro 4,53 su 4 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Sceneggiato da Paul Schrader e Mardik Martin che si sono ispirati alla sua autobiografia, è la storia del campione mondiale dei pesi medi Jake La Motta, detto “il toro del Bronx” per le furenti capacità di picchiatore, ma soprattutto di incassatore. Conquistò il titolo nel 1949 contro Marcel Cerdan e lo cedette a Ray Sugar Robinson il 14 febbraio 1951. Costato quattordici milioni di dollari e due anni di lavoro, è un violento film sulla violenza, in cui la boxe è un supporto per il ritratto di un uomo eccezionale sul ring, ma esemplare, nella sua normalità, in privato come prodotto avvelenato di una cultura, di un ambiente, di una società. Di questo mondo, fondato sulla violenza, Scorsese suggerisce la dimensione sociale di sfruttamento, mostrandone il funzionamento con acuta finezza. Il miglior film di ambiente pugilistico della storia del cinema. Preparatosi alla parte con un puntiglioso allenamento e aumentando di una trentina di chili, De Niro è sensazionale per la paranoica furia e l’umorismo sardonico con cui s’è calato nel personaggio. Oscar a lui come miglior attore e a Thelma Schoonmaker per il montaggio. La splendida fotografia in bianconero di Michael Chapman, di potenza spettrale, è di una ricchezza cromatica che il colore avrebbe difficilmente raggiunto.

Raging Bull (1980) on IMDb

Mimì e la nazionale di pallavolo (アタックNo.1 Atakku Nanbā Wan?) è uno spokonanime giapponese, prodotto nel 1969 dalla Tokyo Movie Shinsha, con la regia di Eiji Okabe e Fumio Kurokawa. La serie si compone di 104 episodi, tratta dal manga in 12 volumi[2] di Chikako Urano pubblicato in Italia da J-Pop nel 2011 e da cui è stato tratto un seguito Shin Attack no. 1 del 1976[3]. L’autrice è considerata una delle fondatrici del genere shōjo, e questo è stato uno dei primi manga sportivi divenuto popolare tra le ragazze, diventando poi il primo anime dedicato ad uno sport di genere shōjo, cioè destinato espressamente ad un pubblico femminile.

I fatti narrati avvengono all’inizio degli anni settanta[N 1]. Kozue Ayuhara (Mimì Ayuhara nell’adattamento italiano) è una studentessa del ginnasio appassionata di pallavolo, sport che l’ha aiutata a guarire dalla tubercolosi, quando era bambina. A causa dell’aggravamento improvviso delle sue condizioni di salute, si trasferisce da Tokyo in una cittadina di mare dall’aria salubre, per cercare di ristabilirsi completamente.

In un primo momento, vive con lo zio e la moglie, sino a che suo padre viene trasferito per motivi di lavoro. Superata l’ostilità iniziale da parte di alcune compagne, il suo notevole talento impressiona l’allenatore. Mimì scoprirà presto che la strada verso il successo è irta di ostacoli, incompatibilità personali ed altri dilemmi. Mimì dovrà percorrere un difficoltoso cammino ed allenamenti durissimi, ma riuscirà comunque a farcela, per merito soprattutto della sua positiva ambizione, anche quando a volte le complicazioni causate dalle varie situazioni sembrano davvero essere senza speranza. Spesso affonda addirittura nell’autocommiserazione, ma nonostante tutto non si arrende mai.

 Mimì e la nazionale di pallavolo
(1969) on IMDb

Regia di Stephen Hopkins. Un film con Stephan JamesJason SudeikisJeremy IronsCarice van HoutenEli GoreeCast completo Titolo originale: Race. Genere Biografico, – GermaniaCanadaFrancia2016durata 134 minuti. Uscita cinema giovedì 31 marzo 2016 distribuito da Eagle Pictures. – MYmonetro 2,87 su 5 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

James Cleveland “Jesse” Owens parte per l’università, lasciando una figlia piccola, una ragazza ancora da sposare e una famiglia d’origine in precarie condizioni economiche. Sembra già una conquista, ma qualche mese dopo, grazie al coach dell’Ohio University, Larry Snyder, Jesse ottiene la convocazione per le Olimpiadi di Berlino. È il 1936 e la politica di epurazione razziale di Hitler divide il Comitato Olimpico Americano: partecipare o boicottare? La comunità afroamericana si pone lo stesso problema. Jesse sa una cosa: se andrà, non potrà permettersi di non vincere.
Il regista Stephen Hopkins non è nuovo alla biografia: quella di Peter Sellers aveva fatto infuriare chi la trovava esageratamente critica tanto quanto chi la giudicava non abbastanza mostruosa. Con Race, titolo dal doppio significato, sembra evitare il rischio in partenza, rinunciando alle sfumature e optando risolutamente per un ritratto eroico di Owens, dall’inizio alla fine, nello sport e nella vita.
D’altronde – sembra dire Hopkins – i conflitti esterni al personaggio sono tali e tanti che lo mantengono comunque e perennemente sotto pressione. E così è: la scelta di raccontare i giochi olimpici più controversi della storia porta con sé una quantità di materiale narrativo ingente, e il regista lo gestisce aspirando ad un modello di racconto classico, che in qualche momento gli riesce bene e in altri meno. La volontà di mantenersi politicamente corretto (per esempio conducendo il film sul binario parallelo del riscatto del coach bianco insieme al campione nero) riduce, però, il tasso di tensione, così come l’impressione che il battere ogni record non costi a Owens fatica alcuna, e l’immagine del suo reiterato primato, nello stadio bianco che doveva magnificare agli occhi del mondo il Terzo Reich, resta la sola a tentare di ristabilire un equilibrio.
La regia, più che altro, vive di rendita della forza della Storia, limitandosi a non fare danni quando si tratta di mettere in campo le interpretazioni di Goebbels e di Leni Reifensthal, qui sdoganata come artista super partes, ben voluta e finanziata dal Fuhrer ma interessata ad un altro fine assoluto, la riuscita del suo film. Del suo uso potenzialmente strumentale dell’atleta di Cleveland, così come della censura che gli Stati Uniti del Sud operarono sulla notizia dei miracoli berlinesi di Jesse Owens, il film non fa menzione. Race corre alla meta ma, dal punto di vista filmico, è una vittoria poco sudata: senza le sfumature, la foto-ricordo è piatta.

Race (2016) on IMDb
Risultati immagini per Il Grande Campione

Un film di Mark Robson. Con Marilyn MaxwellKirk DouglasArthur Kennedy Titolo originale ChampionDrammaticoRatings: Kids+13, b/n durata 99 min. – USA 1949MYMONETROIl grande campione * * * 1/2 - valutazione media: 3,50 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari

Un uomo dal passato burrascoso sposa controvoglia l’amante, poi la lascia per dedicarsi al ring. Sotto la guida di un buon allenatore ottiene successi e ricchezza. Montatosi la testa e cambiato manager ne seduce la moglie e, dopo poco tempo, perde il contratto. Pentito, ma solo apparentemente, torna dalla moglie del vecchio allenatore.

Champion (1949) on IMDb

Rocky Joe (あしたのジョー?Ashita no Jō, “Joe del domani”) è un manga pubblicato da Kōdansha dal 1968 al 1973 (in Italia dal 2002 da Star Comics), scritto da Asao Takamori (pseudonimo di Ikki Kajiwara) e disegnato da Tetsuya Chiba. La storia è stata suddivisa complessivamente in 20 tankōbon.

Il protagonista è Joe Yabuki (letteralmente “piedi piccoli”), un giovane tormentato il quale ha trascorso gran parte della sua ancora breve vita negli orfanotrofi statali (in quanto non ha mai conosciuto i suoi genitori) fino a quando non riesce a scappare da quello di Tokyo, Joe vive così vagando da un luogo all’altro come un cane randagio. Attraversando “il ponte delle lacrime” (泪橋?Namidabashi, chiamato così perché è il ponte attraversato dai reietti della società e dagli sconfitti della vita che abbandonano la città e lo attraversano piangendo[2]) arriva nella baraccopoli nei bassifondi della città, dove incontra Danpei Tange, un vecchio pugile ed ex allenatore di boxe in pensione con un occhio solo, ormai ridotto ad una vita da barbone e perennemente ubriaco.

Ed è proprio la periferia (luogo d’esclusione sociale e psicologica) la comprimaria co-protagonista al principio della storia: una zona che nell’immediato dopoguerra, ai tempi della ricostruzione e del miracolo economico, era disagiata, povera e piena di delinquenza organizzata (la famosa yakuza, la cosiddetta mafia giapponese) e minorile.

Un film di John Huston. Con Jeff Bridges, Stacy Keach, Susan Tyrrell Titolo originale Fat City. Drammatico, durata 100′ min. – USA 1972. MYMONETRO Città amara – Fat City * * * - - valutazione media: 3,38 su 8 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Dal romanzo di Leonard Gardner: a Stockton, squallida _ e inventata _ cittadina della California, Keach, anziano pugile al tramonto, incontra il simpatico 18enne Bridges, principiante sul ring, e lo raccomanda al suo manager Colasanto che nel ragazzo intravede un talento, ma si sbaglia. È qualcosa di più e di meglio che un ottimo film sulla boxe (sulla faccia in ombra del pianeta del pugilato, quella dei proletari dei guantoni): è una diagnosi lucida e sconsolata (senza romantici vagheggiamenti sul tema del fallimento) sui risvolti desolati e amari dell’America opulenta. Profonda compassione e tenerezza per i personaggi. Asciutto e denso come un buon Hemingway. Fat City (città grassa) è locuzione gergale (boxe, jazz) per dire paradiso in terra, dunque inaccessibile.

Fat City (1972) on IMDb
Locandina Fuga per la vittoria

Un film di John Huston. Con Sylvester Stallone, Michael Caine, Pelé, Bobby Moore, Osvaldo Ardiles. Titolo originale Victory. Guerra, Ratings: Kids+13, durata 116 min. – USA 1981. MYMONETRO Fuga per la vittoria * * * - - valutazione media: 3,48 su 24 recensioni di critica, pubblico e dizionari.


Seconda guerra mondiale. In un campo di prigionia tedesco, un gruppo di detenuti allenati da John Colby, famoso giocatore della nazionale inglese, viene sfidato da un ufficiale delle truppe naziste, il Maggiore Karl Von Steiner, a giocare una partita di calcio fra prigionieri alleati e soldati tedeschi. L’idea di una sfida sportiva fra fronti in guerra piace molto ai gerarchi nazisti, che decidono di far giocare la partita in un importante stadio della Parigi occupata e di renderla un grande evento di propaganda. Quando gli uomini interni al campo che lavorano segretamente con le forze della Resistenza francese vengono a sapere dell’evento, iniziano a pianificare, con l’aiuto della rude spia canadese Robert Hatch, un grande piano di fuga.
Anche se lo corteggia molto di frequente, il cinema non ama molto lo sport. Entrambi condividono infatti le potenzialità di un linguaggio semplice, diretto, che gioca su passioni genuine e sull’enfasi del movimento, ma è ovvio che il lavoro sedentario dell’illusione del cinema si adatta con non poche difficoltà alla competizione fisica e al sudore delle pratiche sportive. A fine carriera, John Huston rivolge invece la sua attenzione e l’esperienza di cineasta classico alla retorica sportiva per dare ulteriore ardore all’epica della grande Storia. Cercando di unire assieme la forza di una grande fuga alla John Sturges con la passione sportiva di Momenti di gloria e la carica ironica di Quella sporca ultima meta, Huston drammatizza un episodio realmente accaduto sul fronte orientale durante la Seconda guerra mondiale per raccontare la più grande vittoria della storia del Novecento: la sconfitta del nazi-fascismo. 

E lo spirito della vittoria è, fin dal titolo stesso, l’obiettivo della glorificazione del film di Huston, che mette in scena lo sport forse meno amato dal pubblico americano, il calcio, e una squadra internazionale piuttosto eterogenea per rendere il concetto più universale possibile. Sylvester Stallone, Michael Caine, Max Von Sydow e un insieme di stelle del calcio degli anni Sessanta e Settanta, fra cui Pelé, vengono così chiamati a ricoprire una specifica zona del campo. Caine e Von Sydow danno vita a un elegante confronto fra icone del cinema europeo, mentre Stallone con la giusta autoironia diventa un rozzo eroe della Resistenza. Sono soprattutto loro tre ad articolare il primo tempo, quello che serve a Huston per costruire un contesto storico e un’efficace atmosfera mista di cameratismo e di tensione. Una volta sviluppato l’intreccio e intessuto i vari nodi narrativi, lascia ai veri giocatori il compito di creare una tensione drammaturgica attraverso la potenza solenne dello sport. Grazie anche all’apporto delle coreografie elaborate dallo stesso Pelé e a un uso metodico del ralenti, è la plasticità delle giocate dei protagonisti a farsi vero emblema della Vittoria. Una vittoria che irrompe in campo cantando La Marsigliese, senza paura di apparire troppo ingenua o troppo romantica, perché sa che il senso della gloria è sia rivoluzionario che retorico, un po’ competizione sportiva e un po’ mito.

Victory (1981) on IMDb
Anima e corpo - LongTake - La passione per il cinema ha una nuova regia

Un film di Robert Rossen. Con Lilli Palmer, John Garfield, Hazel Brooks, Anne Revere, William Conrad Titolo originale Body and Soul. Commedia, b/n durata 104′ min. – USA 1947. MYMONETRO Anima e corpo * * * 1/2 - valutazione media: 3,50 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Per arrivare al titolo mondiale pugile bianco ebreo deve pagare pedaggio al racket, ma si ribella. Con Stasera ho vinto anch’io di R. Wise, uno dei più duri e realistici film sul mondo della boxe americana, con qualche eccesso melodrammatico nella sceneggiatura di A. Polonsky. Ottimo Garfield, anche produttore del film e candidato all’Oscar, splendido bianconero di J. Wong Howe, efficace colonna sonora di R. Parrish. Finale di compromesso. Oscar per il montaggio.

Body and Soul (1947) on IMDb

Regia di Sean Durkin. Un film con Zac EfronJeremy Allen WhiteHarris DickinsonMaura TierneyStanley SimonsCast completo Titolo originale: The Iron Claw. Genere BiograficoDrammaticoSportivo, – USA2023durata 132 minuti. Uscita cinema giovedì 1 febbraio 2024 distribuito da Eagle Pictures. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 2,62 su 21 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Nel 1979 Fritz Von Erich, un wrestler massiccio e tenace, sogna il titolo di campione del mondo e per costruirsi un’immagine di successo noleggia con fatica un’auto di lusso. Non gli sarà bastato, ma anni dopo avrà comunque fatto abbastanza soldi da comprarsi un piccolo ranch e mettere su una nutrita famiglia. Ora la sua missione nella vita è far sì che siano i figli a conquistare l’agognata cintura, ma il primo è morto a soli cinque anni, Kevin è imponente e abile sul ring però incespica al microfono, Kerry si è dato all’atletica e solo David sembra avere tutti i numeri necessari. Il più giovane Mike invece è meno muscoloso e pure meno interessato al wrestling, nonostante le pesanti pressioni del padre. Quando gli Stati Uniti decidono di non partecipare alle Olimipiadi di Mosca, Kerry torna a casa e il padre indirizza anche lui verso il ring, aumentando ulteriormente la competizione tra fratelli.

The Iron Claw (2023) on IMDb
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Un film di Bennett Miller. Con Brad Pitt, Jonah Hill, Robin Wright, Philip Seymour Hoffman, Chris Pratt. Titolo originale Moneyball. Drammatico, durata 126 min. – USA 2011. – Warner Bros Italia uscita venerdì 27 gennaio 2012. MYMONETRO L’arte di vincere * * * 1/2 - valutazione media: 3,75 su 44 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Gli Oakland Athletics sono una buona squadra di baseball che però non può competere con i budget stratosferici di squadre come ad esempio i New York Yankees. Quando al termine di una buona stagione il general manager Billy Beane si vede portar via i suoi tre migliori giocatori,la loro sostituzione diventa impossibile, soprattutto con i pochissimi soldi a disposizione. A questo punto però Beane incontra Peter Brand, giovane laureato in economia che gli dimostra come si possa costruire una squadra vincente basandosi sulle statistiche invece che sui nomi altisonanti. Beane abbraccia la filosofia del ragazzo e rifonda la squadra con nomi sconosciuti o apparenti scarti, lasciando basiti tutti i collaboratori degli Oakland Athletics, compreso l’allenatore Art Howe. All’inizio le cose non sembrano funzionare, ma pian piano il “sistema” messo in piedi da Beane Brand comincia a dare frutti insperati…

 L'arte di vincere
(2011) on IMDb

Rocky è un film del 1976 diretto da John G. Avildsen scritto e interpretato da Sylvester Stallone.

Si tratta della pellicola che ha reso Stallone, fino ad allora poco conosciuto, uno dei volti più amati di Hollywood[1] vincendo per di più tre premi Oscar tra cui quello per il miglior film e miglior regia; sempre grazie a Rocky Stallone diviene il terzo uomo nella storia del cinema dopo Charlie Chaplin e Orson Welles a ricevere la nomination all’Oscar sia come sceneggiatore che come attore per lo stesso film.

Realizzato in appena ventotto giorni con un budget di 1,1 milioni di dollari[2][3], ne incassò al botteghino 225[4] dando vita ad una fortunatissima serie composta da cinque sequel (Rocky IIRocky IIIRocky IVRocky V e Rocky Balboa) e due spin-off (Creed – Nato per combattere e Creed II).

 Rocky
(1976) on IMDb

Un film di Oliver Stone. Con Al Pacino, Cameron Diaz, Dennis Quaid, James Woods, Jamie Foxx. Titolo originale Any Given Sunday. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 150 min. – USA 2000. MYMONETRO Ogni maledetta domenica * * * 1/2 - valutazione media: 3,86 su 42 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Tony D’amato (Pacino) allenatore di football americano, viene ritenuto ormai al tramonto. La nuova “boss” della dirigenza (Diaz) vorrebbe mandarlo via, ma non è facile, perchè Toni è molto amato dalla squadra. Entriamo così in quel mondo: la violenza nel campo, le ambizioni e le crisi dei giocatori, gli intrighi di tutti. Alla fine vince Pacino – anche perché la squadra continua a vincere – e non trascura di prendersi la sua vendetta finale. Il solito ultimo, e penultimo, Stone: non può che affidarsi alla forma e al linguaggio, coi quali riesce ancora, parzialmente, a nascondere la scarsa ispirazione. Il film è comunque aggressivo e spettacolare e tutti quei divi, aiutano.

Any Given Sunday (1999) on IMDb
Momenti di gloria” di Hugh Hudson (1981) | zootropita

Un film di Hugh Hudson. Con Nigel Havers, Ben Cross, Ian Holm, Ian Charleson, Dennis Christopher. Titolo originale Chariots of Fire. Sportivo, durata 124 min. – Gran Bretagna 1981. MYMONETRO Momenti di gloria * * * 1/2 - valutazione media: 3,75 su 21 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Parigi, Olimpiadi del 1924. Due atleti vincono le più importanti gare di corsa. Sono ambedue inglesi ma profondamente diversi. Eric Liddell appartiene alla Chiesa cristiana scozzese ed è convinto che correre sia uno dei modi a lui concessi per rendere onore a Dio (vent’anni più tardi morirà come missionario in Cina). Harold Abrahams è invece ebreo e trova nello sport (e nella vittoria) un modo per sconfiggere i pregiudizi sociali sul suo conto. Il film percorre le tappe del progressivo avvicinamento di entrambi al successo, ne ricostruisce le motivazioni interiori e i profondi dubbi esistenziali. Hudson ci fornisce un quadro d’insieme della società dell’epoca riuscendo a evitare a ogni inquadratura il ritratto di maniera che fa tanto “cinema sull’Inghilterra del buon tempo andato”. I tempi non erano poi così buoni, ci dice ilregista, e prevenzioni e razzismi erano all’ordine del giorno. Anche se, forse, prevaleva una maggior dose di autoanalisi individuale in assenza di anabolizzanti e affini. Il regista (Oscar 1981 come miglior film, sceneggiatura originale, colonna sonora, costumi) riesce a sfuggire a tutti i cliché del cinema “sportivo” proponendoci una ricerca interiore che si muove sulle gambe degli atleti (da antologia, nella sua linearità, la sequenza dei titoli di testa), ma non si lascia prendere da ritmi inadeguati. Abrahams e Liddell sono due persone complete, la sceneggiatura non tende a farli diventare simboli di nulla. La tesi, come sempre accade quando il cinema si rifiuta di diventare un pamphlet con note a piè di pagina, emerge dall’articolazione narrativa e dalla capacità di Ben Cross e Ian Charleson di rendere credibili anche le titubanze apparentemente più assurde per uno spettatore moderno. Vangelis viene in aiuto con una colonna musicale in cui mostra di aver perfettamente compreso qual è il senso della partitura dell’intero film. Non rinuncia all’epicità stemperandola contemporaneamente in una scrittura attenta a non perdere di vista l’aspetto intimo delle vicende narrate. Anche l’uso dei ralenti, spesso a doppio taglio nei film che si occupano di argomenti sportivi, si rivela attento a non scadere nel virtuosismo fine a se stesso ma è finalizzato alla restituzione di una dimensione emotiva che le frazioni di secondo della tecnologia moderna relegano in una collocazione secondaria rispetto all’esaltazione dell’uomo-macchina. Liddell e Abrahams sono, e restano nonostante tutto, uomini.

Chariots of Fire (1981) on IMDb

Locandina italiana The WrestlerUn film di Darren Aronofsky. Con Mickey Rourke, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Mark Margolis, Todd Barry. Drammatico, durata 109 min. – USA, Francia 2008. – Lucky Red uscita venerdì 6 marzo 2009. MYMONETRO The Wrestler * * * 1/2 - valutazione media: 3,73 su 202 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Negli anni ’80 Randy “The Ram” Robinson era un eroe del pro wrestling all’apice della carriera. L’incontro con il rivale Ayatollah, sconfitto il 6 aprile 1989, sarebbe rimasto per sempre nella storia dello spettacolare sport. Tuttavia, venti anni dopo “l’ariete” porta sul corpo i segni della lotta. Appesantito e decaduto, lavora part time in un grande magazzino e pratica il wrestling nelle palestre dei licei, ogni fine settimana, per la gioia dei (pochi) fan che gli sono rimasti.
Il fallimento e la distruzione fisica sono temi che Darren Aronofsky aveva già esplorato in passato ma nel narrare la ballata del lottatore errante, trova il modo per estenderli a una sfera più ampia. Il personaggio di The Ram (interpretato da un Mickey Rourke in stato di grazia) rappresenta infatti l’essenza stessa del fallimento. 

The Wrestler (2008) on IMDb

The Karate Kid è un franchise multimediale statunitense legato alle arti marziali, creato dallo sceneggiatore Robert Mark Kamen e prodotto dalla Columbia Pictures. La serie segue il viaggio di vari adolescenti in formazione che sono costretti a difendersi da soli dopo essere stati vittime di bulli, di solito della loro stessa età. Sono aiutati da un mentore che insegna loro le arti marziali in modo che possano affrontare i loro rivali o dimostrare il loro valore in un torneo.

La serie di film originali è iniziata come una tetralogia cinematografica, a partire dall’uscita di Per vincere domani – The Karate Kid (The Karate Kid, 1984), dopo il cui successo sono stati prodotti tre sequel: Karate Kid II – La storia continua… (The Karate Kid, Part II, 1986, diretto da John G. Avildsen), Karate Kid III – La sfida finale (The Karate Kid, Part III, 1989, diretto da John G. Avildsen) e Karate Kid 4 (The Next Karate Kid, 1994, diretto da Christopher Cain).

Nel 2010 è uscito un remake, diretto da Harald Zwart, con una trama simile ma con un diverso gruppo di personaggi. Nonostante nel paese di produzione abbia mantenuto il titolo originale, The Karate Kid, il remake si è concentrato sul kung fu, poiché il film era ambientato in Cina; in Italia il film è uscito con il titolo The Karate Kid – La leggenda continua.

The Karate Kid (1984) on IMDb